Giovedì 11 gennaio è iniziato all’Aja il processo contro Israele per le accuse di genocidio mosse dal Sudafrica. Una presa di posizione arrivata dopo che il governo di Pretoria aveva votato a favore della chiusura dell’ambasciata israeliana nel Paese, oltre a cercare di scoraggiare gli ebrei sudafricani dal partire come volontari per arruolarsi nell’esercito israeliano.
Ma dietro la facciata della lotta a difesa degli “oppressi”, la denuncia da parte del governo guidato dall’ANC (African National Congress) nasconde ben altri interessi, soprattutto di natura interna.
Paese in crisi
Come ha spiegato l’opinionista sudafricano Howard Feldman in un editoriale apparso sul quotidiano israeliano The Jerusalem Post, l’ANC l’ha fatto anche perché quest’anno si terranno in Sudafrica le elezioni nazionali, che si terranno in condizioni tutt’altro che favorevoli per il partito che fu di Nelson Mandela, da tempo in calo di consensi dopo decenni di malgoverno.
Perché se si guarda alla situazione socioeconomica nel Paese, i dati parlano chiaro: nel 2023 la disoccupazione era al 42 per cento, e saliva al 61 nella fascia giovanile. Nel biennio 2022/2023, il tasso di omicidi nel Paese era il più alto degli ultimi vent’anni, con 45 omicidi ogni 100.000 abitanti (per fare un confronto, in Italia nel 2022 si sono verificati 0,5 omicidi ogni 100.000 abitanti). E a Città del Capo, il dato del 2023 saliva a 64 omicidi ogni 100.000 abitanti, mettendola al 10° posto nella classifica della città con i più alti tassi di omicidi al mondo, e al primo posto in assoluto nel continente africano.
ANC in crisi
A causa di questa situazione, alle elezioni municipali del 2021 l’ANC è sceso sotto il 50 per cento dei voti per la prima volta dalla fine dell’apartheid. Negli ultimi anni è stato insidiato in particolare dall’emergente partito di estrema sinistra EFF (Economic Freedom Fighters); il fondatore, Julius Malema, è un ex membro dell’ANC, dal quale era stato espulso nel 2012 per le sue posizioni troppo estreme. Aveva infatti incitato nei suoi comizi alla violenza contro i boeri bianchi.
Nel luglio 2023, per spezzare l’egemonia dell’ANC che dura ormai da trent’anni, diversi partiti dell’opposizione hanno formato una coalizione unica, nota come Multi-Party Charter, che attualmente occupa 112 seggi su 400 del Parlamento sudafricano (l’ANC e l’EFF ne occupano rispettivamente 230 e 44).
Tutto questo fa capire come l’ANC in realtà si stia accanendo contro Israele per ragioni di politica interna: in vista delle elezioni, non riuscendo a risolvere i problemi economici e sociali, vorrebbe usare il processo all’Aja per distrarre l’opinione pubblica sudafricana, e dimostrare di riuscire a portare dei risultati almeno in politica estera.
Ideologia antioccidentale
Un’altra ragione riguarda il posizionamento ideologico dell’ANC, da sempre su posizioni terzomondiste e antioccidentali: anche sulla guerra in Ucraina, infatti, nei primi tempi ha oscillato tra un’ambigua equidistanza e la vicinanza alla Russia di Putin, con la quale è membro dei Brics.
L’astio verso Israele, poi, è talmente forte che negli anni ha persino rifiutato l’aiuto di Gerusalemme in momenti di difficoltà: nel febbraio 2016, quando il Sudafrica stava cominciando a ritrovarsi in una forte crisi delle risorse idriche, venne annullato un evento a Johannesburg per una possibile cooperazione con Israele in merito alle sue tecnologie per combattere la siccità. Due anni dopo, nel 2018, il Paese si ritrovò ad affrontare una grave crisi idrica, costringendo le autorità ad effettuare dei razionamenti dell’acqua.
Eppure, negli anni non sono mancati esponenti della politica sudafricana che si sono espressi in difesa d’Israele: ne è un esempio Mosiuoa Lekota, già ministro della difesa dal 1999 al 2008 ed ex membro dell’ANC, il quale nel settembre 2023 ha negato che in Israele vi fosse un regime di apartheid.