Qatargate: la punta di un iceberg per l’enorme nave Ue?

Il rischio per le istituzioni europee è di schiantarsi miseramente. L’Ue un pasciuto bestione che per lo più ci ha complicato la vita

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La vicenda, a tutt’oggi ancora in pieno sviluppo, della probabile collusione tra i potentati qatarioti e alcuni (vedremo quanti) europarlamentari, prima fra tutti la vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili, come quelle di altri eminenti personaggi e politici accreditati, a vario titolo, presso le istituzioni europee è ritenuta, giustamente, scandalosa.

Cosa di preciso volessero da loro gli emiri del Qatar non è ancora emerso in tutta chiarezza, benché sembrino accertate le intenzioni di chiudere un occhio sulle migliaia di caduti sul lavoro tra le manovalanze locali durante la costruzione degli stadi per ospitare il campionato mondiale di calcio.

Sembra, inoltre, che vi sia un qualche coinvolgimento di alcune importanti ong, compresa quella diretta dalla nostra ex senatrice Emma Bonino. Le inchieste faranno (forse) piena luce, per quanto non sia agevole, in un ambiente confuso e tutt’altro che trasparente come quello della cooperazione sociale e delle associazioni non governative.

L’unica circostanza che è stata ufficialmente comunicata dagli inquirenti belgi è la valanga di denaro in contanti che è stata rinvenuta nelle abitazioni o nelle valigie dei principali indagati. Vedremo come si svilupperà l’inchiesta e quali conseguenze ne deriveranno.

Rischio collisione

Di sicuro, questa potrebbe essere la punta di un iceberg che rischia di far schiantare miseramente l’enorme nave delle massime istituzioni continentali. In sostanza, stiamo assistendo, per quanto ormai abituati a certi scandali, ad un colpo potenzialmente mortale per quella realtà, l’Unione europea, che è ormai la nostra vera padrona, in tutto e per tutto.

Un pasciuto bestione

Benché l’Europa, intesa come zona geografica, sia più piccola dei soli Paesi africani affacciati sul Mediterraneo o della sola penisola arabica, e basti esaminare un planisfero per rendersene conto visivamente, ciò che ancora non si riesce a comprendere è la totale inconsistenza di una vera unione (come quella composta dagli Stati Uniti d’America) regolata da una comune legislazione che realmente rappresenti la volontà degli abitanti degli Stati che la compongono.

Ricordate i peana degli eurolirici (cit. Capezzone) con cui ci venne proposto, una ventina d’anni orsono, la costruzione di un grande ed unico Paese tra il Mediterraneo ed il Mare del Nord? Siamo sinceri: molti di noi l’hanno ritenuta (quasi) possibile.

Con una buona dose di ottimismo, ben più di qualche analista politico è caduto nel trappolone ed ha perorato la causa della nascente formidabile unione che, comunque ed obtorto collo, abbiamo visto nascere e, soprattutto, abbiamo cresciuto attraverso il nostro voto.

Che questo pasciuto bestione che chiamiamo semplicemente “Europa” sarebbe riuscito, in pochi anni, a renderci la vita assai più complicata di quanto non lo fosse prima del trattato di Maastricht del 1993 avremmo anche potuto immaginarlo, dati credibilità e trasformismo politico dei suoi principali artefici, ma, si sa… molte cose si fanno senza stare troppo a pensare alle conseguenze future.

Per fortuna c’è la Nato

Qualcosa di buono, in questi vent’anni, è pure stato fatto, non possiamo negarlo, ma la domanda è questa: siamo sicuri che non lo si sarebbe fatto anche senza il guinzaglio della Ue? In pura teoria, si sarebbe dovuto costituire l’esercito europeo, tanto per citare una delle baggianate irrealizzabili che ci sono state indicate come contropartita per la cessione di buona parte della nostra sovranità nazionale.

Lo si è realizzato o, perlomeno, la realizzazione pratica dell’esercito transazionale Ue è a buon punto? Assolutamente no. La Nato avevamo, per nostra fortuna, nel 1993, e la Nato abbiamo oggi. Se scoppiasse una guerra domani, solo alla Nato potremmo chiederci di difenderci. Punto.

Consideriamo pure che, dai primi anni Novanta, il pericolo costituito dallo schieramento militare dell’ex Unione Sovietica è (non di molto) diminuito, a causa dello sgretolamento e della ulteriore frammentazione di quel blocco ed essendo rimasta la sola Russia di Putin a rappresentarlo e gestirlo.

Ma ciò non è accaduto di certo perché l’Unione europea di Maastricht abbia avuto un peso reale o sia stata una forza deterrente per Mosca, che, come possiamo constatare oggi, non ha affatto riposto certi suoi disegni espansionistici.

Anche su questo, l’Europa, nel migliore dei casi, è stata a guardare e se ha balbettato qualcosa, ha soltanto creato imbarazzo oltreoceano e diviso ancor più profondamente Italia e Francia proprio su questi temi.

Dilettanti e mezze figure

Allo stesso modo, queste istituzioni europee, tanto veloci a conferire importanti incarichi a mezze cartucce che verranno poi prese con le mani nel sacco, peraltro da assoluti dilettanti, hanno ancor più diviso gli italiani dagli inglesi.

Potranno anche non avere “di default” il massimo della considerazione nei nostri confronti, ammettiamolo, ma quando Londra manifesta coi fatti un leale fronte comune con gli Stati Uniti è un bello schiaffone per noi praticanti delle danze con cambio dei ruoli frequenti.

Siamo riusciti, rigorosamente stando un po’ di qua e un po’ di là, a stare sulle balle a inglesi, francesi, spagnoli, svizzeri, tedeschi ecc… Ma (tolti gli svizzeri) almeno quelli a cui diamo tanto fastidio (per quanto non sempre a ragione), dall’Unione europea ne hanno avuto più benefici che danni e tutti sappiamo che comandano loro a Bruxelles e Strasburgo.

Noi ci andiamo per fare numero, oppure per levarci di torno politici che i loro stessi partiti considerano di serie B, oppure vecchi tromboni sfiatati che nessuno, da noi, ascolterebbe nemmeno in Parlamento.

Statene certi: da qui a pochi mesi inizieranno le (costosissime) celebrazioni dell’Unione europea. Sentiremo altre camionate di balle da parte di chi ne ha avuto e ne avrà ancora un beneficio monetizzabile.

In quei giorni, sintonizzerò la mia radio su piccole emittenti centroamericane, godendomi il ritmo lento e malinconico del “son” cubano e non correndo il rischio di farmi altro nervoso. Guardando il mio piede destro seguirne il ritmo senza età, invidierò chi è più povero di noi.

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