Relazioni pericolose: Elon Musk con Mosca e Tim Walz con Pechino

Il pericolo infiltrazione riguarda entrambe le parti: Russia e Cina si stanno comprando l’America, un pezzo alla volta, approfittando della sua profonda crisi d’identità

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Elon Musk ha dimostrato immediato entusiasmo per la causa ucraina e ha donato a Kiev la rete Starlink per permettere le comunicazioni anche in una zona disastrata dai conflitti. Ha comunque voluto che le televisioni russe continuassero a trasmettere e andare online liberamente, dimostrando in questo una grande coerenza, eroica in tempi di guerra.

L’utilizzo di Starlink

Ma già alla fine del 2022 era innegabile un suo cambiamento, addirittura riposizionamento nel conflitto ucraino. Prima c’è stata la brutta vicenda dello spegnimento dei satelliti di Starlink per gli ucraini. Musk si è sgolato per spiegare che si è trattato, di fatto, di uno spegnimento temporaneo. Ma intanto ha impedito agli ucraini di attaccare una base navale russa in Crimea. Un segnale che qualcosa non andava nella cooperazione fra l’uomo che ha vinto la corsa allo spazio e la causa del primo Paese europeo invaso dal Dopoguerra ad oggi.

Nello stesso periodo, Musk ha pubblicato un suo “piano di pace” (a che titolo un imprenditore pubblica un piano di pace fra nazioni?) che ricalca, grosso modo, le stesse richieste di Putin, se non altro perché legittima l’occupazione della Crimea, rimette in discussione la sovranità ucraina nel Donbass occupato e pretende che l’Ucraina, dopo la guerra, non possa più entrare nella Nato. Infine, dalla primavera scorsa, Starlink hanno iniziato a usarlo i russi. E non lo impiegano solo per comunicare, ma anche per guidare i droni a lungo raggio, come avevano fatto gli ucraini fino a quel momento. Su quest’ultimo punto le spiegazioni di Musk sono state vaghe e incoerenti.

In contatto con Putin

Secondo un’inchiesta del Wall Street Journal, quotidiano conservatore (non certo un media liberal assetato del sangue di Trump e dei trumpiani), non si tratterebbe solo di giravolte spontanee di un miliardario estroso, ma di collusione fra Musk e Putin. Secondo fonti coperte da anonimato, i due si sarebbero sentiti al telefono più volte. E ognuna di queste mosse, come lo spegnimento di Starlink, il piano di pace e l’uso di Starlink da parte dei russi, sono seguiti a telefonate del presidente russo.

Sospendiamo ogni giudizio su questa ipotesi, le fonti possono anche mentire, i migliori quotidiani di area conservatrice possono anche sbagliare. La “prova del nove” dell’inchiesta del Wall Street Journal la vedremo presto in Asia orientale: pare che Putin abbia chiesto a Musk di non coprire Taiwan con la rete Starlink. Per ora Taiwan non è coperta dal servizio, ma Starlink ha annunciato che prossimamente lo fornirà. Se dovesse cambiare programmi avremmo un’ulteriore dimostrazione che le fonti del quotidiano economico dicevano il vero.

Sta di fatto che, pur sospendendo il giudizio su quel che dicono i media, specialmente in periodo elettorale, l’atteggiamento, le idee e le azioni di Elon Musk sono drasticamente cambiate dall’autunno del 2022, cioè da quando l’Ucraina ha dimostrato concretamente di poter vincere la guerra. Può essere solo una irrazionale paura della guerra nucleare (un pericolo citato più volte da Musk, alla base del suo nuovo pacifismo), o può darsi veramente che ci siano interessi e collusioni con la Russia, ma il risultato non cambia. Musk è passato dalla difesa della libertà di un Paese aggredito al ruolo di portavoce (di fatto) del regime aggressore.

La difesa della libertà d’espressione

Con questo non si intende rinnegare tutto quanto Musk ha fatto sinora per la libertà di espressione. Ci piace anche quando dà spazio su X agli storici nazistoidi intervistati da Tucker Carlson, perché la libertà di esprimersi riguarda soprattutto la possibilità di dire liberamente quello che non ci piace sentire.

Ma il cambio di atteggiamento di Musk nei confronti di un regime oppressivo al suo esterno e aggressivo contro le nostre democrazie, è un insulto ai suoi stessi ideali di libertà. E al di là dell’immoralità di questo cambiamento, se dovesse vincere Trump e Musk avesse un ruolo importante nella sua amministrazione, un atteggiamento del genere sarebbe anche un pericolo per la sicurezza nazionale.

Tim Walz il comunista

Per par condicio, possiamo parlare anche del caso Tim Walz? Bene, parliamone. Il governatore del Minnesota, nonché candidato vicepresidente democratico, è solito ospitare alti gerarchi cinesi nel suo Stato. Il suo rapporto con la Repubblica Popolare Cinese è a dir poco ambiguo. Hai voglia a dire che è un “difensore dei diritti umani” e che condanna la Cina per la repressione del dissenso.

Alla fine degli anni ’80 Tim Walz era in Cina come insegnante. La sua memoria fa stranamente cilecca: ha affermato di essere stato “in Cina e a Hong Kong” proprio quando i carri armati schiacciavano la rivolta studentesca a Tienanmen. Ha detto anche che per quella esperienza “ha imparato molto” del mondo cinese comunista. Ma non è vero: Walz è partito per la Cina due mesi dopo Tienanmen. E nell’ultimo dibattito televisivo, contro il candidato vicepresidente lo ha dovuto pure ammettere, dicendo che la sua memoria a volte gli tira brutti scherzi (non ci bastava Joe Biden per questo?).

Ma sarebbe meglio ricordare cosa Walz non dice di quella stessa esperienza. Nel 1991 diceva delle autorità cinesi che lo avevano ospitato “nessuno mi ha mai trattato così bene”. Agli studenti cinesi e al pubblico americano insegnava pure le meravigliose sorti progressive del comunismo cinese, dove “… tutti sono uguali e tutti condividono”. Lo ha detto Walz durante una lezione sul sistema comunista cinese nel novembre 1991. “Il medico e l’operaio edile guadagnano lo stesso. Il governo cinese e il luogo in cui lavorano forniscono l’alloggio e 14 kg o circa 30 libbre di riso al mese. Ricevono cibo e alloggio”.

Ha anche difeso come “necessaria” la brutale “politica del figlio unico”, con cui sono stati commessi aborti forzati, infanticidi e sterilizzazioni forzate nell’ordine delle decine di milioni dal 1980 al 2016, fino a una parziale concessione di poter procreare più di un figlio. Ecco per Walz, questo crimine era necessario perché la Cina ha una popolazione “troppo grande”. Nascondendo le pene infernali inflitte alle madri cinesi che osavano disobbedire, Walz si limitava a dire che l’unica penale per chi metteva al mondo più di un figlio fosse “una tassa in più”.

I regali di Pechino

“Mi hanno fatto più regali di quanti ne potessi portare a casa. È stata un’esperienza eccellente”, aveva dichiarato alla stampa un esultante Tim Walz al ritorno dalla sua prima esperienza in Cina. In Cina, Walz ha raccontato di aver ricevuto uno stipendio doppio rispetto a quello degli insegnanti cinesi, di aver ricevuto un appartamento arredato con una tv a colori e di aver avuto l’unica residenza con aria condizionata del campus. Ha detto che gli venivano organizzate feste per il suo compleanno e per Natale. Successivamente, negli anni ’90, Walz ha iniziato a guidare viaggi in Cina per gli studenti americani delle scuole superiori, con il sostegno del governo cinese. I viaggi erano “organizzati da un amico di Walz nel dipartimento degli affari esteri cinese”, riportava all’epoca lo Star-Herald. Il governo cinese ha anche fornito parte dei finanziamenti per il programma.

Il candidato “mancese”

Niente viene regalato in un regime dittatoriale. Tutto ha un fine e quella di allevare intellettuali e politici amici è un’arte a lungo affinata sia in Russia che nella Cina comunista. I contatti con le autorità educative cinesi e Walz sono continuate fino alla sua elezione al Congresso nel 2007. Ma ancora oggi, oltre ai vuoti di memoria, Walz mantiene un atteggiamento ambiguo sulla Cina che considera “non necessariamente un avversario”. E sempre dal regime di Pechino ha preso esempio per implementare la politica di rigido lockdown nel Minnesota, durante la pandemia di Covid-19 nel 2020.

Se Kamala Harris dovesse vincere le elezioni, Tim Walz sarebbe il suo vicepresidente e per i cinesi si realizzerebbe il sogno del primo vero “candidato mancese”, il loro uomo alla Casa Bianca? Non è uno scenario da fantascienza.

Sospetti fondati

Bene, leggendo questi sospetti che gravano su Elon Musk e su Tim Walz, il lettore di destra dirà sicuramente che sul primo sono solo illazioni dei media mainstream, mentre sul secondo si deve stare veramente attenti perché i sospetti sono molto fondati. Un lettore di sinistra dirà esattamente il contrario: Walz insospettabile ma vittima di illazioni dei trumpiani, Musk invece è corrotto e glielo si legge in faccia. Perché ci si divide in fazioni e si perde il senso critico, ma da osservatori esterni ed estranei (per motivi di cittadinanza) alle elezioni americane, ma interessati direttamente al loro esito, dobbiamo solo constatare che i sospetti sono fondati per entrambi: sono le loro azioni e le loro parole che lo dimostrano.

La penetrazione delle dittature

Il pericolo di infiltrazione nemica riguarda entrambe le parti: Russia e Cina si stanno comprando l’America, un pezzo alla volta. E lo stanno facendo approfittando della sua profonda crisi d’identità, ciascuno facendo leva sui suoi potenziali amici. La penetrazione delle dittature negli Usa è solo apparentemente assurda: potenze del secondo mondo che stanno influenzando la prima potenza globale. Ma proprio alla prima potenza del mondo manca l’autostima necessaria a fare politica da una posizione dominante.

Il problema dell’auto-flagellazione è sempre stato presente nella sinistra contemporanea, una parte politica che ormai rinnega ogni legittimità del modello americano, persino all’atto della sua fondazione (in quanto “nazione bianca, schiavista e suprematista”). E ciò contribuisce a spiegare l’atteggiamento di politici, come Walz, che finiscono per ammirare un sistema come quello cinese, un regime comunista brutale che, per sopravvivere al 1989, ha solo copiato (male) una parte del sistema economico capitalista, giusto per dare un po’ di respiro alle sue masse affamate.

Da almeno dieci anni a questa parte, c’è purtroppo anche un problema di auto-flagellazione nella destra americana, diverso ma simile nei risultati. Una nuova destra, ai cui richiami è molto sensibile anche Musk, che si dice pentita per gli interventi militari americani nel mondo, che rinnega la globalizzazione e che attribuisce al libero mercato l’impoverimento relativo della middle class americana, il crollo della natalità, la diffusione delle droghe e altre forme di decadenza.

Una destra che, per reazione inconscia, come un sonnambulo, finisce nelle braccia della Russia di Putin. Cioè di un regime in cui tutti i succitati problemi occidentali sono portati alle estreme conseguenze da un fallimentare sistema neo-comunista che si è dato appena una mano di vernice tradizionalista cristiana, giusto per prolungare la sua legittimità morale in patria e all’estero.

Questa è la situazione alla vigilia del voto nel 2024. Chiunque vinca (non importa se Harris o Trump) dovrà, prima di tutto, ridare fiducia agli Usa, prima di porre fine alle nefaste influenze del nuovo blocco orientale. Gli Usa possono emergere vincitori anche da questa seconda guerra fredda, basta che ci credano, che se ne convincano.

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