Esteri

Sacrificio degli innocenti pianificato da Hamas, ma da noi si accusa Israele

Più vittime civili per vincere la guerra mediatica e l’Occidente politicamente corretto sta al gioco. Hamas più isolata “in casa” che nelle piazze occidentali

Khaled Mashal Al-Arabiya

Vale la pena tornare a commentare le parole pronunciate da Kaled Mashal, importante leader di Hamas, nell’intervista rilasciata all’emittente araba Al Arabiya. Tutti si sono comprensibilmente soffermati sul fatto che la conduttrice abbia visibilmente incalzato e messo alle strette il suo interlocutore, accusandolo a più riprese di essere responsabile di un atto scellerato – quello del 7 ottobre scorso – che avrebbe molto allontanato l’opinione pubblica dalle “ragioni” di Hamas. La giornalista si riferiva quasi sicuramente all’opinione pubblica araba.

Le piazze occidentali

Queste interviste non nascono mai a caso. Non siamo cioè in presenza di una giornalista ambiziosa e “disobbediente” che ha deciso di essere coraggiosa, magari contravvenendo ad ordini arrivati dall’alto. “Nemo profeta in patria”, recita il vecchio adagio. Hamas sembra molto più isolata “in casa” di quanto non lo sia in Occidente.

Dove piazze compiacenti manifestano contro Israele dichiarandosi vicine alla causa palestinese e quasi mai spendendo una parola di condanna che è una per Hamas. Se va bene, se ne ignora l’esistenza. Talvolta si liquida la condanna con parole di circostanza pronunciate a mezza bocca e alla velocità della luce. Spesso si contestualizza, comprende e quasi giustifica quell’operato nel nome di una complessità da capire, sviscerare e analizzare. Quella che viene strappata, alla fine, è la bandiera di Israele dal pennone davanti la sede della FAO a Roma.

Il sacrificio dei palestinesi

No, vale la pena commentare quell’intervista per soffermarsi su un passaggio chiave. Mashal parla di lotta di liberazione. “Cara sorella”, dice il terrorista rivolgendosi alla conduttrice, “le nazioni non si liberano facilmente. I russi hanno sacrificato 30 milioni di persone nella Seconda Guerra Mondiale per liberarsi dall’attacco di Hitler. I vietnamiti hanno sacrificato 3,5 milioni di persone fino a che non hanno sconfitto gli americani. L’Afghanistan ha sacrificato milioni di martiri per sconfiggere prima l’Unione Sovietica e poi gli Stati Uniti. Il popolo algerino ha sacrificato sei milioni di martiri in oltre 130 anni. Il popolo palestinese è esattamente come ogni altra nazione. Nessuna si libera senza sacrifici”.

Mi fermo e vi chiedo: avete compreso? Avete compreso bene? Non siamo in presenza di un terrorista pronto a sacrificare sé stesso per la sua causa. No. Siamo in presenza di un terrorista pronto a sacrificare qualcun altro per la sua causa. E questo qualcun altro è la sua gente. Non i suoi compari terroristi.

Gli esperti stimano infatti che ci siano fra i 17 e 20 mila criminali effettivamente arruolati nelle file di Hamas. Quello che Mashal ci dice, comodamente collegato dal Qatar, è che devono essere sacrificati i palestinesi di Gaza per la sua guerra. Il sacrificio umano (non del nemico ma del suo popolo) è cioè un prerequisito essenziale e necessario per la liberazione. Gaza è un carcere a cielo aperto? Sì, lo è. E come ogni buon carcere ha i suoi secondini. I suoi carcerieri. Questi sono i signori della guerra di Hamas.

Ed ora veniamo al punto. Il 7 ottobre quella organizzazione terroristica non ha invaso regioni. Non ha compiuto una rivendicazione territoriale. Ma ha ucciso nella maniera più efferata e crudele possibile quanti più ebrei possibile. Lo ha fatto in maniera esemplare perché tutto il mondo potesse vedere e perché, soprattutto, Israele fosse costretta a vedere. Lo ha fatto riprendendo quelle azioni con bodycam indossate dai tagliagole.

La guerra mediatica

Anche volendo, quindi, Israele non si sarebbe potuta sottrarre dall’ingresso a Gaza. Oltretutto Israele sopravvive grazie alla deterrenza. Cosa che Hamas sa e sapeva perfettamente. Ma teorizzando, quest’ultima, il sacrificio del proprio popolo pur di arrivare alla distruzione di Israele (notate bene non stiamo parlando di costituzione di un nuovo Stato palestinese ma di distruzione di Israele, non è un dettaglio) il piano è perfettamente riuscito.

Quando i terroristi lanciano un missile dalla terrazza di un palazzo sanno che Israele risponderà distruggendo quel palazzo con tutti quelli che ci stanno dentro. L’odio verso Israele aumenterà e Hamas farà proseliti. Le immagini dei civili e bimbi uccisi nella controffensiva israeliana servono ovviamente a mettere ulteriormente sotto pressione Tel Aviv. È lei la cattiva, non loro.

Larghi strati di opinione pubblica occidentale, straordinariamente compiacenti con Hamas, si accontenterebbero di molto meno pur di manifestare contro Israele. Così è proprio come invitarli a nozze. L’escalation a livello mondiale è servita ed inevitabile. Non avendo Israele nessun’altra possibilità che intervenire, pena la sua fine.

Seguiranno con ogni probabilità attacchi terroristici di lupi solitari in Occidente che faranno morti e feriti. Probabilmente anche fra coloro che oggi manifestano giulivamente in favore loro. Mica hanno scritto in fronte del resto che supportano Hamas. E se anche fosse, perché mai un terrorista dovrebbe avere remore a sacrificare un simpatizzante occidentale visto che teorizza addirittura il sacrificio del suo popolo?

La differenza fra Israele e Gaza sta tutta qui: da una parte i bunker sono costruiti per ospitare i civili lasciando i soldati sul terreno. Dall’altra, per ospitare i terroristi lasciando i bimbi a morire per le strade sotto i colpi della controffensiva israeliana. E noi non potremo fare nulla. Né per fermare questa escalation né per convincere i benpensanti occidentali.

Hamas ha pianificato tutto nei minimi particolari. E, al momento, il suo piano diabolico è perfettamente riuscito. Proprio come nei film. La guerra della comunicazione la stanno vincendo loro, i musulmani terroristi.

E veder cantare immigrati di seconda generazione “Allah U Akbar” nelle nostre piazze, come a Monfalcone, non è il simbolo di una protesta. Ma il canto di gioia di chi sta conquistando il territorio che li ha ospitati, mentre i benpensanti si consegnano al boia aspettando di essere da loro uccisi. Pardon, sacrificati. E noi con loro.