Esteri

Se le élites occidentali scelgono sempre più statalismo e oppressione

Liz Truss come Berlusconi nel 2011: l’attacco di media e finanza e la potentissima narrazione che vorrebbe far credere inevitabile lo statalismo

Liz Truss e Rishi Sunak in un dibattito tv per la leadership Tory

Liz Truss è stata primo ministro e leader del Partito Conservatore britannico per circa un mese e mezzo, e nella gara tra lei e la lattuga sulla cui decomposizione avevano scommesso gli utenti sui social, Liz ha perso. La fretta è cattiva consigliera, direbbe qualcuno, e quanto accaduto al governo Truss sembrerebbe confermare questo celebre detto.

La voglia di cambiare radicalmente il paradigma fiscale britannico e di farlo subito, tornando alle radici thatcheriane dei Tory, ha dopotutto apparentemente messo ai margini la corrente più liberista del partito e sancito la marginalità della stessa Truss.

Divisioni nel partito

Ma la verità è diversa dalla narrazione. Quanto accaduto a Liz Truss somiglia più a ciò che accadde a Silvio Berlusconi nel 2011 che ad un suicidio politico dettato dalla fretta di cambiare radicalmente il Regno Unito.

La vittoria di Truss contro Rishi Sunak aveva certamente sancito un vincitore delle primarie ma non aveva affatto placato le divisioni nel partito, nettissime dalle dimissioni di Boris Johnson. Questa divisione non consentiva al governo appena nato di avere un mandato pieno da parte del partito di maggioranza e metteva il primo ministro in una situazione di debolezza e fragilità.

L’attacco di media e finanza

A questa fragilità interna si aggiunse l’anti-democratico e anti-economico attacco dei media e della finanza internazionale, desiderosi di veder fallire definitivamente l’idea di un revanscismo della destra thatcheriana/reaganiana.

Quello che ne è scaturito è stato non solo la caduta di Truss e della sua corrente ma anche la cementificazione della già potentissima narrazione che vorrebbe far credere che lo statalismo non sia una scelta politica ma una inevitabilità storica.

Messa al bivio tra libertà e oppressione, la classe dirigente occidentale sta sempre più scegliendo quest’ultima, e la sfiducia nella democrazia in costante aumento tra i cittadini occidentali dovrebbe darci tutte le risposte necessarie riguardo alle conseguenze di questa scellerata scelta. Che credibilità ha nella sfida valoriale contro i regimi autoritari un mondo libero sempre più schiavo?