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Sfida cinese alla supremazia marittima Usa: ecco come Pechino sta rafforzando la sua flotta

Nel delicatissimo scacchiere dell’Oceano Pacifico, gli Usa sono già in minoranza numerica

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A dispetto del rallentamento del Pil e della crisi economica incombente, dovuta soprattutto alla politica del Covid zero e ai frequenti lockdown totali che di fatto bloccano molte delle maggiori metropoli del Paese – da Shanghai a Pechino – la Cina comunista prosegue senza sosta nel processo di rafforzamento e ammodernamento delle sue forze armate.

Vale soprattutto per la flotta che, in quanto a numeri, ha già superato quella americana (355 navi contro 300). La Repubblica Popolare è particolarmente interessata alle portaerei, che rappresentano l’ossatura della flotta Usa. Pechino possiede la Liaoning, nave piuttosto vecchia, varata dai cantieri di Mikolaiv e poi ceduta dall’Ucraina alla Repubblica Popolare nel 1998.

Provocazione al Giappone

Dopo che il presidente americano Joe Biden ha detto in modo esplicito che gli Stati Uniti difenderanno militarmente Taiwan in caso di aggressione, Pechino ha fatto uscire in mare aperto la Liaoning, accompagnata da sette navi di scorta. La vecchia portaerei si è spinta fino al Mare delle Filippine (Paese che con la Repubblica Popolare ha numerosi contenziosi territoriali), tornando poi indietro verso Okinawa, dove gli americani sono presenti in forze con 30.000 soldati.

Una chiara sfida, questa, al Giappone, che si è schierato nettamente con Washington appoggiando il proposito di Biden di difendere Taiwan manu militari. I giapponesi hanno inviato i loro caccia F-35 a sorvegliare le manovre cinesi, mentre le moderne portaerei Usa Abraham Lincoln e Ronald Reagan navigavano nel Mare delle Filippine.

Il fatto è che Pechino comprende benissimo la relativa arretratezza delle sue attuali navi da guerra, ed ha quindi varato un programma di rapido rafforzamento, già previsto da Hu Jintao, il predecessore di Xi Jinping. Secondo le stime della intelligence Usa, i cantieri navali cinesi, in effetti, possono produrre due navi ogni tre mesi. Procedendo a questi ritmi, la Cina potrebbe avere 420 navi da guerra nel 2025, distanziando ancor più gli Stati Uniti.

Super sommergibile nucleare e terza portaerei

Le stesse fonti parlano della produzione di un super sommergibile nucleare, dotato di missili balistici in grado di colpire direttamente gli Usa. Entro la fine dell’anno in corso, inoltre, è previsto il varo della terza portaerei cinese che andrebbe ad affiancare le attuali Liaoning e Shandong. L’ultima, che gli americani chiamano Tipo 003, sarebbe dotata del sistema di decollo con catapulta che viene utilizzato da tutte le portaerei statunitensi, e che permette di far decollare e atterrare i velivoli in modo più rapido ed efficace.

Il sistema a “doppio comando”

Certamente i cinesi devono risolvere parecchi problemi. I loro vascelli sono più arretrati tecnologicamente rispetto a quelli americani. Sulle loro navi, inoltre, vige ancora il vecchio sistema sovietico del “doppio comando”. L’ufficiale comandante, infatti, è sempre affiancato da un “commissario politico” che risponde agli ordini del Partito. Non certo un caso unico. Nelle università, per esempio, il rettore ha al suo fianco un analogo “commissario politico”, più attento alle esigenze del Partito comunista che a quelle della didattica.

Quando si naviga, tuttavia, magari preparandosi al combattimento, la presenza del “commissario” è ingombrante e dannosa. Tant’è vero che nella ex Unione Sovietica il doppio comando venne abolito già nel corso della Seconda Guerra Mondiale, giacché operatività bellica e burocrazia politica non vanno affatto d’accordo. In Cina l’operazione è più difficile poiché vale ancora lo slogan di Mao Zedong, il quale affermò più volte che “è il Partito che controlla il fucile, e non viceversa”.

Xi Jinping sembra intenzionato a proseguire nella modernizzazione allentando, al contempo, la formazione ideologica dei quadri di Esercito e Marina. Ma non è facile, giacché nel Partito si manifestano divergenze su questo punto cruciale.

Usa in minoranza nel Pacifico

Gli americani, dal canto loro, hanno un problema diverso. Mentre le navi da guerra di Pechino sono operative in modo pressoché esclusivo nel settore del Pacifico, le varie flotte della Marina Usa presidiano tutti i mari del mondo. Quella del Pacifico è la Settima, mentre la Quinta opera nei mari dei Paesi del Golfo fino alle coste dell’Africa Orientale. Questo significa che, nel delicatissimo scacchiere dell’Oceano Pacifico, gli Usa sono comunque in minoranza, ed è per tale motivo che chiedono spesso il supporto di alleati fidati come Regno Unito e Giappone.

Anche da queste brevi note è possibile capire quanto sia pericolosa la sfida, che è anche militare e non solo commerciale, che la Cina ha lanciato agli Stati Uniti e all’intero Occidente. Purtroppo è stata compresa con grande ritardo e, dopo l’invasione dell’Ucraina, l’asse tra Putin e Xi Jinping rende la situazione ancora più complicata.

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