Decine di migliaia di persone hanno già perso la vita nella guerra della Russia in Ucraina. È passato un anno da quando i carri armati russi sono entrati nel Paese confinante per un’aggressione su vasta scala di cui diversi leader mondiali avevano un fondato sospetto prima che avvenisse.
“Oggi, un anno dopo aver avvertito da questo palco dell’imminente invasione russa dell’Ucraina, possiamo dire che Kiev resiste ancora, la Russia è indebolita e l’Alleanza transatlantica è più forte di prima”. Ha, infatti, detto la vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, nel suo intervento, sabato, alla conferenza per la sicurezza di Monaco.
I lutti degli ucraini
L’anniversario di questa settimana (il 24 febbraio) porta con sé un senso di profondo lutto per gli ucraini. Molti di loro stanno piangendo e piangeranno i loro parenti e tutti ricorderanno la devastazione che ha distrutto il loro Paese, mentre oggi riflettono su ciò che li aspetta negli anni a venire, che ci si augura siano di pace e ricostruzione.
Come scritto, migliaia di civili ucraini di tutte le età e decine di migliaia di soldati di entrambe le parti hanno perso la vita, nonostante calcoli esatti sono difficili da confermare e la maggior parte delle stime potrebbe purtroppo essere ampiamente sottovalutata. Milioni di altri civili sono stati costretti a fuggire dalle loro case in cerca di sicurezza.
Secondo un rapporto delle Nazioni Unite del 13 febbraio, più di 7 mila civili hanno perso la vita da quando la Russia ha lanciato la sua aggressione, ma è probabile che il bilancio sia considerevolmente più alto poiché i continui combattimenti ostacolano gli sforzi di chi vuole dar conto della tragedia in atto.
Guardando al futuro, qualche analista avanza timori di un conflitto più ampio che potrebbe coinvolgere testate nucleari, mentre le relazioni tra la Russia e gli alleati dell’Ucraina in Occidente diventano forse più complesse rispetto a marzo scorso. Mosca non concorda assolutamente su quanto dichiarato a Monaco.
Un anno fa
La guerra ha avuto inizio quando il presidente russo Vladimir Putin ha ordinato l’invasione su vasta scala dell’Ucraina nelle prime ore del 24 febbraio dello scorso anno. In un discorso di quella mattina, aveva descritto l’offensiva come una “operazione militare speciale”, affermando che l’obiettivo era “smilitarizzare e denazificare l’Ucraina”.
Da quel giorno il governo e i media russi hanno sostenuto che il governo ucraino aveva sottoposto i civili di lingua russa nella regione orientale del Donbass al “genocidio” dal 2014.
L’aggressione del 2014
Quello è l’anno in cui la Russia ha annesso la penisola di Crimea e i separatisti sostenuti da Mosca hanno cercato di staccarsi dal controllo di Kiev conquistando il territorio e creando due Stati orientali autoproclamati nel Donbass – la cosiddetta Repubblica popolare di Donetsk e Luhansk (DPR e LPR).
La maggior parte del mondo libero riconosce ancora Crimea, DPR e LPR come territori ucraini, ma negli anni dal 2014 al 2022 circa 14.000 persone sono scomparse in un conflitto mai sopito tra le forze governative ucraine e i ribelli sostenuti dalla Russia.
La “de-nazificazione”
Quanti sono stati i caduti da entrambe le parti è difficile da definire, ma pochi sono d’accordo con l’uso della parola “genocidio” utilizzata da Putin. Quando i russi parlavano di “de-nazificazione” (ancora oggi riecheggia nella retorica del conflitto) si riferivano al Battaglione Azov, una brigata ucraina radicata nell’ideologia di estrema destra, composta da volontari che avevano combattuto contro i separatisti nell’est.
Il gruppo è ora stato rinominato come Reggimento Azov (dopo la sua resa in seguito alla decimazione/sconfitta nella battaglia dell’acciaieria di Azovstal) e da allora alcuni dei suoi combattenti hanno rifiutato l’etichetta di estrema destra.
Le accuse alla Nato
Il 24 febbraio, il presidente russo ha anche giustificato l’invasione accusando l’Alleanza Atlantica di voler espandersi ulteriormente verso est e ottenere un “punto d’appoggio militare” in Ucraina, che, come noto, faceva parte dell’Unione Sovietica prima del suo crollo nel 1991.
Logicamente Kiev e il mondo libero occidentale hanno respinto tutte le motivazioni della Russia: è palese che l’aggressione non è stata “provocata” ma mira solamente a impadronirsi di territori e soggiogare l’Ucraina.
Il sostegno dell’Occidente a Kiev
La Nato, alleanza puramente difensiva, sta facendo la sua parte in supporto degli ucraini. Stati Uniti, Paesi dell’Unione europea, Giappone, Gran Bretagna e Australia, tra gli altri, hanno tutti sostenuto Kiev con miliardi di dollari ed euro di aiuti militari e umanitari. Molti membri Nato sono stati in prima linea negli sforzi per armare Kiev con armi in grado di respingere le forze russe. La stragrande maggioranza ha anche applicato sanzioni economiche.
Da rilevare che la Turchia anche prima del tragico terremoto che ha colpito il suo territorio al confine con la Siria non ha mai applicato sanzioni o ceduto gratuitamente armi a Kiev. Il suo presidente ha continuato scorrettamente a cercare di trarre vantaggio economico e diplomatico dallo sviluppo del conflitto.
Il principale sostenitore della Russia è il suo vicino e stretto alleato, la Bielorussia, tanto è vero che le forze armate russe hanno utilizzato il territorio bielorusso come trampolino di lancio per l’invasione.
La prudenza degli alleati di Mosca
Ma gli altri alleati ex sovietici dell’Asia centrale hanno mantenuto una linea politica e diplomatica prudente. Nel corso dell’anno, la maggior parte di essi ha chiesto di attivare colloqui per trovare una soluzione di pace e ha mantenuto rapporti diplomatici con la Russia, ma gli analisti dell’area affermano che un senso di preoccupazione è palpabile poiché una guerra iniziata dalla Russia, dove era stato stabilito il potere sovietico, è un pericoloso e indecifrabile precedente.
Allo stesso tempo, molti importanti Paesi, come Cina e India, hanno evitato, come la Turchia (che però è Paese membro della Nato), di sostenere completamente una delle parti.
L’impatto del conflitto
È importante considerare che al di fuori dell’Ucraina la guerra ha creato una situazione di miseria per milioni di persone che soffrono di gravi crisi alimentari ed energetiche. L’Ucraina e la Russia sono tradizionalmente esportatori globali di cibo e il conflitto ha pesantemente interrotto le catene di approvvigionamento.
La Russia è un importantissimo esportatore di energia – in particolare petrolio e gas – e ha tagliato le forniture all’Occidente in risposta alle sanzioni, alimentando l’inflazione in Europa.
Il grano russo e ucraino, nonostante l’interessamento e impegno diplomatico farsa del presidente turco, non sta raggiugendo le sue storiche zone di consumo come prospettato e in molte aree sottosviluppate del terzo mondo è crisi alimentare.
Il blitz russo
Tornando al conflitto, dall’inizio dell’invasione, la Russia ha inviato circa 200.000 soldati in Ucraina da nord, est e sud. I russi hanno conquistato vaste aree di territorio e si sono spinti verso la periferia di Kiev ma non sono riusciti a conquistare la capitale.
Entro la fine di marzo, i contrattacchi ucraini avevano respinto con successo le unità russe nel nord e nel sud, riconquistando alcune aree. Costrette alla ritirata, le truppe di Mosca si sono raggruppate nell’est dell’Ucraina e Mosca ha riformulato l’obiettivo del Cremlino come “la liberazione del Donbass”.
Sono seguiti mesi di combattimenti lungo i fronti meridionale e orientale. Mosca si è mossa alla fine di settembre per annettere unilateralmente quattro territori parzialmente occupati – Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhia – una mossa ampiamente denunciata come priva di significato reale.
La controffensiva ucraina
Nel frattempo, le forze ucraine aiutate dalle forniture di armi occidentali erano impegnate a organizzare ampi contrattacchi. A metà novembre, gli ucraini hanno riconquistato la città meridionale di Kherson – l’unica capitale regionale che le truppe russe avevano conquistato dall’inizio della guerra.
Da allora, entrambe le parti si sono bloccate in sanguinose battaglie per il controllo del territorio nel Donbass.
Nuova offensiva russa
Da inizio febbraio i funzionari ucraini ritengono che la Russia stia iniziando una nuova offensiva in concomitanza con il primo anniversario della guerra e avendo a favore le condizioni climatiche.
Gli ucraini temono che Mosca possa schierare centinaia di migliaia di coscritti che ha mobilitato alla fine dell’anno scorso nel tentativo di portare le sorti del conflitto definitivamente a suo favore, forse anche tentando di arrivare a Kiev.
L’Ucraina si sta preparando a nuovi attacchi, incoraggiata dal potenziato supporto militare occidentale sotto forma di missili a lungo raggio e carri armati di ultima generazione (che, comunque e purtroppo, gli ucraini non conoscono, non sanno utilizzare a pieno e di cui non dispongono catena logistica e supporto tattico).
Il governo ucraino continua ad affermare che il suo obiettivo non è solo quello di respingere le offensive, ma anche di riconquistare tutto il territorio occupato dalla Russia, inclusa la Crimea.
Raddoppiare il sostegno
Il governo britannico sostiene che è il momento di raddoppiare il sostegno a Kiev e il ministro degli esteri Ben Wallace ha recentemente dichiarato che il mondo dovrebbe “aspettarsi che i russi intensifichino i loro attacchi indiscriminati alle aree popolate”, aggiungendo che Mosca nell’anniversario della guerra “si scatenerà e ucciderà più persone innocenti”.
E all’inizio di questo mese, il ministro degli esteri russo Sergey Lavrov ha sinistramente avvertito, in un’intervista ai media statali, che gli eventi occidentali nell’anniversario “non si riveleranno gli unici eventi che attireranno l’attenzione del mondo”.
Il nodo dei caccia
Kiev ha chiesto – e continua a chiedere in ogni occasione – ai suoi alleati occidentali un maggiore sostegno militare per liberare il Paese. La richiesta più recente è la fornitura di caccia multiruolo F-16, che sarebbero in grado di attaccare anche il territorio russo (cosa che la Nato non prevede al momento)
Tuttavia, i piloti ucraini dovrebbero essere addestrati sia a pilotare questi aerei per loro sconosciuti (passaggio macchina), sia a utilizzarli in uno scontro con l’avversario (piloti combat ready).
Queste due condizioni, aggiunte alle evidenti problematiche logistiche, fanno pensare ad una pura azione propagandistica o di deterrenza, se si esclude la possibilità che siano piloti occidentali (Nato) ad utilizzarli e che la stessa Alleanza fornisca, in territorio ucraino, i mezzi per il comando e controllo.
La posizione dell’Italia
E l’Italia? “Alla riunione del G7 è stato confermato l’impegno a sostegno dell’Ucraina per difendere il diritto internazionale: l’obiettivo è la pace, non la resa di Kiev”, ha affermato Il ministro degli esteri Antonio Tajani parlando a margine della Conferenza di Monaco.
“La prossima settimana ci sarà un’Assemblea straordinaria delle Nazioni Unite e io sarò lì per ribadire la posizione dell’Italia a difesa del diritto internazionale, contro l’invasione, per raggiungere una pace giusta”, ha proseguito.
I Paesi del G7 per adesso non invieranno strumenti militari a Kiev che possano colpire al fuori dal territorio ucraino (ad esempio i già citati F-16), ha spiegato Tajani. Che ha ricordato: “Abbiamo inviato i Samp-T”. “Abbiamo sempre detto che non vogliamo fare la guerra alla Russia. Abbiamo sempre fornito armi difensive all’Ucraina”, ha aggiunto il ministro, specificando che il Samp-T è, per l’appunto, un sistema di “difesa” aerea.