Dietro il putsch militare e la reazione rabbiosa della Francia la guerra per l’uranio che fa felici le centrali nucleari transalpine ma che provoca destabilizzazione politica, economica e rifiuti tossici in Niger. Intanto i governi di Mali e Burkina Faso fanno sapere che un intervento della Francia in Niger sarebbe considerato una dichiarazione di guerra
Impotenza e arroganza
Parigi – “Je suis l’empire à la fin de la décadence” scrisse Verlaine e non c’è frase oggi più calzante per il crollo progressivo dell’impero francese nel Sahel complice l’attività di Wagner e della Russia che sta facendo le scarpe ai francesi in Africa. Dopo il Mali e il Burkina Faso, il Niger, finora alleato dei Paesi occidentali, diventa quindi il terzo Paese del Sahel, minato dagli attacchi di gruppi legati allo Stato islamico e ad al-Qaeda, a subire un colpo di Stato dal 2020.
Il presidente del Niger è stato rovesciato da un colpo di stato militare il 26 luglio 2023 e il Paese era uno degli ultimi alleati di Parigi nel Sahel. Emmanuel Macron, attorniato dal Consiglio di difesa e di sicurezza nazionale sul Niger, dove 1.500 soldati della Francia sono attualmente dispiegati e lavorano finora con l’esercito nigeriano, non può che constatare l’ennesimo scacco alle forze francesi in Africa.
Impreparate, hanno provocato solo destabilizzazione e massacri pur di favorire il capitalismo francese. E la compagnia detenuta per il 54 per cento dallo Stato francese Orano che ora si vede sfilare via i guadagni astronomici derivanti dallo sfruttamento dei giacimenti di uranio in Niger. Macron tuona che “non tollererà alcun attacco alla Francia e ai suoi interessi” in Niger, e Parigi risponderà “in modo immediato e intrattabile”, ma le sue parole denotano impotenza ed arroganza.
Intanto, i governi di Mali e Burkina Faso fanno sapere che un intervento della Francia in Sahel non sarebbe benvenuto. I due governi, a loro volta derivati da colpi di Stato, “avvertono che qualsiasi intervento militare contro il Niger equivarrebbe ad una dichiarazione di guerra contro il Burkina Faso e il Mali”, all’indomani di una minaccia di uso della “forza” da parte dei dirigenti occidentali ed africani riuniti ad Abuja.
L’impero si sgretola
Cos’è successo all’impero francese del Sahel? Di fronte all’avanzata degli jihadisti, le giunte militari hanno preso il sopravvento su democrazie giudicate inefficaci e corrotte da una parte delle popolazioni saheliane. Spesso questi putsch sono stati surrettiziamente fagocitati dalla Francia per giustificare il dispiego di truppe che preparano il terreno all’aggressivo capitalismo francese in Africa. Ma le cose non sono andate sempre come volevano i servizi segreti francesi ed il capitalismo finanziario transalpino.
Il Mali e il Burkina Faso si sono rivolti in particolare alla Russia dopo aver chiesto la partenza dei soldati francesi dal loro suolo. La Francia, con il suo pesante passato coloniale, è giudicata infatti un partner inaffidabile e particolarmente odiato. Il suo esercito ha appoggiato colpi di stato e avallato massacri inauditi pur di favorire le sue compagnie energetiche.
La Russia invece è considerata quasi come una potenza liberatrice da questo punto di vista. Qui in Africa non si è macchiata infatti di massacri come invece la Francia in Ruanda o in Algeria negli anni ‘60. Il passato sanguinoso delle truppe francesi in Africa è troppo vivo nelle memorie degli africani e nessuno è più disposto a tollerare il tricolore francese da queste parti.
Niger strategico: jihadisti e uranio
Il Niger poi è l’ultimo perno del dispositivo antijihadista francese nella regione. In precedenza essenzialmente una base di transito per le operazioni in Mali, da cui la forza Barkhane si è ritirata, è l’unico Paese africano con cui la Francia mantiene ancora un partenariato detto “di lotta” contro i jihadisti.
Ricordiamo che l’uranio del Niger alimenta 56 reattori nucleari francesi. I fabbisogni sono dunque importanti e per questo la Francia può contare sull’estrazione di uranio nigeriano, nelle miniere a cielo aperto, da parte del gruppo Orano. Nell’Unione europea, il Niger resta il primo Paese per importazioni di uranio naturale. Nel 2021, ha fornito il 24,2 per cento delle forniture, davanti a Kazakistan e Russia, secondo l’Agenzia europea di approvvigionamento Euratom (ESA).
Lo sfruttamento
Lo Stato francese è sempre il primo azionista di Orano (ex Areva) ed è direttamente coinvolto nelle decisioni prese dalla multinazionale che hanno un impatto oltre che economico strettamente politico. La relazione privilegiata della Francia con lo Stato nigeriano consente ad Orano di sfruttare le miniere a un costo inferiore e di acquistare l’uranio a un prezzo irrisorio dalle proprie filiali del Paese.
Questi finanziamenti e accordi permettono all’azienda di beneficiare di notevoli sgravi fiscali, di non pagare le tasse e le varie spese che dovrebbero andare a beneficio della popolazione nigeriana. Come spiega il rapporto “Niger, a chi giova l’uranio?” pubblicato nel 2013 da Oxfam, dall’inizio dello sfruttamento delle miniere nel 1970 e fino al 2010, Orano ha estratto quasi 115.000 tonnellate di uranio dal sottosuolo nigeriano per un valore di circa 3,5 miliardi di euro. Nell’insieme di questa produzione, lo Stato nigeriano ha ricevuto soltanto 460 milioni di euro, che rappresentano appena il 15 per cento del valore dell’uranio.
La relazione evidenzia inoltre uno squilibrio molto sfavorevole per il Niger tra il valore dell’uranio prodotto localmente da Orano e le sue spese nel Paese. A ciò si aggiunge la corruzione e l’oligarchia del Niger che fa sì che siano i dirigenti ad accaparrarsi la poca ricchezza distribuita dalle società minerarie. Nella sua relazione Oxfam denuncia la mancanza di trasparenza dei conti di Orano in Niger, in particolare gli importi eccessivi delle spese “altre”, senza sapere cosa finanzino.
Mentre secondo la Banca Mondiale quasi il 50 per cento dei nigerini vive al di sotto della soglia di povertà. Questo problema di distribuzione della ricchezza è terreno fertile per i gruppi terroristici che possono accusare il governo di corruzione e collusione con le potenze occidentali esterne, di spoliazione delle ricchezze e così aprire la strada per il ritorno del colonialismo.
Infine, la Francia e Orano hanno un ruolo estremamente importante nella democrazia nigerina e preoccupanti collusioni sono state denunciate da diverse associazioni per la difesa dei diritti umani e contro il neocolonialismo in Africa.
Rifiuti radioattivi
Dal 31 marzo 2021 la miniera di Orano ad Akouta, gestita dalla filiale di Orano, Cominak (Compagnia mineraria di Akouta), è chiusa. Ma i problemi non finiscono qui. Mentre Orano stanzia 150 milioni di euro per la ristrutturazione e la chiusura pulita della miniera, alcune associazioni locali denunciano una cattiva gestione ambientale.
All’inizio del 2023, l’organizzazione indipendente critica del nucleare, la Criirad, ha allertato sulla presenza di 20.000 tonnellate di rifiuti minerari radioattivi derivanti dallo sfruttamento della miniera e attualmente stoccati all’aria aperta. Orano sottolinea la scarsa radioattività di queste scorie, derivanti dal contatto con l’uranio naturale.
Ma gli studi di Orano sulla radioattività dei rifiuti non possono essere affidabili. Da secoli la Francia sfrutta le risorse africane a danno della popolazione e lo fa in maniera indisturbata. Da decenni l’Africa è diventata la pattumiera di rifiuti radioattivi delle compagnie energetiche francesi. Tra truppe che massacrano e compagnie che sfruttano ed inquinano, la pazienza degli africani per la Francia si è oramai esaurita.