Soldi e lusinghe, ecco come Pechino prova a colonizzare l’Africa

A differenza dell’Occidente, la Cina non chiede in cambio rispetto delle istituzioni democratiche, buon governo, lotta alla corruzione e tutela dei diritti umani

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La scorsa settimana, dal 4 al 6 settembre si è svolta a Pechino la nona edizione del Forum sulla cooperazione Cina-Africa (Focac), il vertice triennale che a partire dal 2000 costituisce il principale strumento di cooperazione tra la Cina e gli Stati africani (tutti tranne Eswatini che non ha aderito perché ha rapporti diplomatici con Taiwan).

Le lusinghe di Xi

Quest’anno il vertice aveva come tema “Unire le forze per promuovere la modernizzazione e costruire una comunità con un futuro condiviso”. Nel suo discorso di benvenuto il presidente cinese Xi Jinping ha sottolineato con enfasi il rapporto “profondo e proficuo” che lega la Cina al continente africano.

Noi esseri umani abbiamo sognato una comunità con un futuro comune e la modernizzazione è ciò che serve per trasformare il nostro sogno in realtà. Cina e Africa sono state e rimangono pioniere nella costruzione di questa comunità e continueremo a essere in prima linea nel perseguire la modernizzazione. Sono convinto che, finché i 2,8 miliardi di cinesi e africani saranno uniti per questo obiettivo comune, insieme realizzeremo nuove e ancora più grandi imprese sulla strada della modernizzazione, guideremo la spinta alla modernizzazione del Sud del mondo e daremo contributi ancora maggiori a una comunità che realizzi un futuro condiviso per l’umanità.

Concludendo il suo saluto ha proposto un brindisi alla prosperità della Cina, dei Paesi africani e dei loro abitanti e all’eterna amicizia tra il popolo cinese e quello africano.

In concreto, Xi Jinping intende assicurarsi in Africa, con qualsiasi mezzo, l’accesso a minerali essenziali come rame, cobalto e litio, e a realizzare interventi funzionali al rilancio dell’economia cinese in difficoltà e sa come fare per riuscirci. Al Forum ha voluto che ai capi di stato e di governo africani fosse riservata una accoglienza sontuosa.

“Ha fatto leva sulla loro vanità”, è l’interessante analisi di Macharia Munene, un docente di relazioni internazionali kenyano che, riferendosi al benvenuto da “tappeto rosso”, dice “lo scenario è stato accuratamente studiato affinché i leader africani pensassero che si trattava di un incontro tra pari”. L’obiettivo della Cina – osserva il professor Munene – è dimostrare ai leader africani che “siamo sulla stessa barca, tutti vittime dell’imperialismo occidentale”.

I soldi di Pechino

Visibilmente lusingati per l’accoglienza ricevuta, tuttavia i capi di stato e di governo africani erano a Pechino per avere prove tangibili, sonanti, di “eterna amicizia” e ne sono stati rassicurati solo in parte.

Due questioni stavano come sempre a cuore a tutti i convenuti: la cancellazione o almeno la rinegoziazione degli ingenti debiti contratti con la Cina e i finanziamenti per il triennio a venire, quanti e a quali condizioni. Erano arrivati fiduciosi perché nel 2023, dopo la contrazione dei finanziamenti e dei prestiti degli anni precedenti, il governo cinese ha approvato prestiti all’Africa per 4,6 miliardi di dollari, il primo aumento annuale dal 2016, e investimenti per un valore di 21,7 miliardi di dollari, un incremento del 114 per cento rispetto al 2022.

Pechino nel corso degli anni è diventato il primo fornitore bilaterale di prestiti all’Africa: dal 2000 al 2023 ne ha concessi 1.306 a 49 governi e a diversi organismi regionali, per un totale di 182 miliardi di dollari. Ma, a differenza di altri Paesi, la Cina tende a dilazionare le scadenze di restituzione del debito più che a ristrutturarlo o cancellarlo. Al Forum lo ha confermato e quindi sotto questo aspetto le aspettative dei leader africani sono andate deluse.

Nuovi debiti

Piuttosto Xi Jinping ha promesso per i prossimi tre anni 50,7 miliardi di dollari in nuove linee di credito e in investimenti destinati a intensificare la cooperazione soprattutto nei settori industriali, dell’agricoltura, delle infrastrutture, con un impegno prioritario nei progetti green e nelle energie rinnovabili.

Saranno tanti altri miliardi da restituire, dunque, e altre realizzazioni che forse saranno davvero utili, ma che avranno costi di gestione e manutenzione che devono essere previsti e per sostenere i quali occorre stanziare dei fondi, auspicabilmente senza ricorre ad altri prestiti perché, considerando anche quelli contratti con altri stati, con l’Ue e con i principali istituti bancari internazionali – Fondo monetario internazionale, Banca Mondiale, Banca africana di sviluppo… – l’ammontare dell’indebitamento della maggior parte dei paesi africani ha raggiunto livelli insostenibili, tanto che di recente alcuni hanno dichiarato default e altri lo hanno evitato solo grazie ad altri, sempre più onerosi prestiti.

La promessa di nuovi prestiti e investimenti è stata accompagnata dalla ormai consueta assicurazione, alla quale gli africani sono molto sensibili, che la Cina non intende porre condizioni per erogarli. Vuol dire che, a differenza dell’Occidente, continuerà a non chiedere in cambio rispetto delle istituzioni democratiche, buon governo, lotta alla corruzione, tutela dei diritti umani.

Un incontro bilaterale, molto atteso per la sua speciale rilevanza, è stato quello tra Xi Jinping e Cyril Ramaphosa, il presidente del Sudafrica, Paese che negli ultimi due anni si è più volte schierato con la Cina e con la Russia, ad esempio in sede di Assemblea generale delle Nazioni Unite. Al termine del colloquio i due leader hanno diffuso un comunicato congiunto nel quale si annuncia l’inizio di “un partenariato strategico a tutto tondo”, l’impegno a stipulare “scambi commerciali equilibrati” e il comune rifiuto della “strumentalizzazione politica dei diritti umani”. Su questo fronte però la Cina deve fare i conti con la concorrenza di altri Paesi altrettanto disposti a ignorare persino le peggiori ingiustizie pur di averne un tornaconto.

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