Spagna, Irlanda e Norvegia premiano il terrorismo di Hamas

Riconoscendo uno Stato palestinese conferiscono legittimità politica alla strategia stragista contro i civili israeliani. E tutti e tre hanno un passato di antisemitismo

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I governi di Spagna, Irlanda e Norvegia hanno annunciato la loro intenzione di riconoscere formalmente lo Stato di Palestina, una mossa che porta con sé un significativo peso simbolico e politico.

Spagna

La Spagna aveva già approvato una risoluzione per riconoscere la Palestina nel 2014, ma i successivi governi, sia sotto Mariano Rajoy che Pedro Sánchez, avevano sostenuto che tale riconoscimento dovesse avvenire solo insieme agli altri Stati membri dell’Unione europea.

L’attuale governo socialista di Sánchez, ferocemente critico delle azioni militari israeliane a Gaza, ha ora deciso di procedere in modo unilaterale e ha dichiarato che il riconoscimento a Ramallah sarà formalizzato il 28 maggio.

Norvegia

Similmente, il primo ministro norvegese Jonas Gahr Støre, del Partito Laburista, ha annunciato il riconoscimento della statualità palestinese da parte della Norvegia, affermando che “una soluzione duratura” all’instabilità in Medio Oriente può essere “raggiunta solo attraverso una soluzione a due stati“. Støre ha parlato di “diritto fondamentale dei palestinesi all’autodeterminazione” e la necessità per israeliani e palestinesi di “vivere in pace nei rispettivi stati”.

Irlanda

Il primo ministro irlandese Simon Harris, del partito di centrodestra Fine Gael, ha annunciato il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte dell’Irlanda, descrivendo le condizioni disperate a Gaza come una “catastrofe umanitaria”.

Questa mossa da parte delle tre nazioni ha suscitato critiche aspre. Concedendo il riconoscimento allo stato di Palestina in seguito all’attacco terroristico di Hamas contro Israele, Dublino, Madrid e Oslo sembrano premiare il terrorismo, conferendo legittimità diplomatica alla strategia stragista e alla violenza palestinese contro i civili israeliani. Riconoscere la Palestina in queste circostanze indebolisce gli sforzi per combattere il terrorismo e rafforza tattiche violente.

Ma questa decisione si intreccia anche con il contesto più ampio dell’antisemitismo in Europa: Norvegia, Spagna e Irlanda hanno tutte storie segnate dall’antisemitismo.

Il capitolo oscuro della Norvegia

La costituzione norvegese del 1814 inizialmente vietava la residenza agli ebrei. Durante la Seconda Guerra Mondiale, la Norvegia collaborò con la Germania nazista, che occupò il Paese dal 1940 al 1945. Il collaborazionista Vidkun Quisling, fondatore del partito fascista Nasjonal Samling, divenne il simbolo della collaborazione con i nazisti.

Il governo Quisling partecipò attivamente alla persecuzione degli ebrei norvegesi, facilitando il loro arresto e deportazione nei campi di concentramento, dove la maggior parte perì nell’Olocausto.

Antisemitismo in Spagna

La storia dell’antisemitismo in Spagna è lunga e complessa. Il Decreto di Alhambra del 1492 ordinò l’espulsione degli ebrei dai regni di Castiglia e Aragona. Questo evento ridusse significativamente la popolazione ebraica in Spagna per secoli.

Si stima che 200.000 famiglie fuggirono in Nord Africa, nell’Impero Ottomano, in Italia, nei Paesi Bassi e in altre parti d’Europa, cambiando il destino degli ebrei sefarditi per secoli. Durante la Guerra Civile Spagnola e sotto il regime di Francisco Franco, l’antisemitismo era diffuso, con campagne di propaganda che ritraevano gli ebrei come nemici della Spagna.

Antisemitismo in Irlanda

Gli ebrei furono largamente assenti dall’Irlanda dal tardo Medioevo fino al XVII secolo. Con la restaurazione della monarchia in Inghilterra, gli ebrei furono autorizzati a stabilirsi in Irlanda, ma affrontarono restrizioni legali e sociali. Storicamente, l’antisemitismo in Irlanda era radicato nei pregiudizi religiosi.

L’Irlanda ha frequentemente criticato le politiche del governo israeliano, battendosi in sede Onu per la fine dell'”occupazione” e l’istituzione di uno Stato palestinese basato sui confini del 1967 con capitale Gerusalemme Est. La solidarietà irlandese con la causa palestinese ha portato alla creazione di alcuni dei più grandi movimenti di solidarietà palestinese in Europa, come Ireland Palestine Solidarity Campaign (IPSC) e Palestine Campaign Ireland (PCI), che intraprendono campagne di boicottaggio contro i prodotti israeliani e richieste di sanzioni contro Israele.

Recentemente, un’assistente di volo della compagnia aerea irlandese low-cost Ryanair ha causato sconcerto su un volo per Tel Aviv, annunciando ai passeggeri che stavano atterrando in Palestina. Durante un volo da Bologna a Tel Aviv, la donna ha ripetutamente detto tramite il sistema di diffusione in inglese e in italiano che la destinazione finale era la “Palestina sotto occupazione sionista”. In una dichiarazione ufficiale, la compagnia aerea Ryanair ha definito l’incidente un “errore innocente”.

L’ipocrisia spagnola

Questi precedenti storici, insieme agli incidenti contemporanei, aggiungono un livello di preoccupazione al riconoscimento della Palestina. Il forte sentimento antisionista in questi Paesi ha spesso sconfinato nell’antisemitismo, complicando le motivazioni dietro le loro attuali posizioni.

Inoltre, la decisione mette in luce un’apparente ipocrisia, in particolare per la Spagna. La severa posizione della Spagna sui movimenti indipendentisti di Catalogna e Paesi Baschi contrasta nettamente con il suo sostegno all’autodeterminazione palestinese. Mentre nega l’autodeterminazione ai catalani e ai baschi, la Spagna sostiene l’autodeterminazione palestinese, rivelando un doppio standard nelle sue politiche.

La risposta di Israele

In risposta all’annuncio, il ministro degli esteri israeliano Israel Katz ha ordinato il richiamo degli ambasciatori, dichiarando che “Israele non ignorerà coloro che mettono in discussione la sua sovranità e mettono in pericolo la sua sicurezza”. Katz ha avvertito che queste “decisioni sconsiderate” avranno “conseguenze”.

Solidarietà o azzardo politico?

Mentre le tre nazioni compiono la loro mossa riconoscendo la Palestina, resta la domanda: si tratta di solidarietà o di un azzardo politico? La storia e la complessità delle relazioni internazionali rendono questa mossa un elemento di ulteriore instabilità internazionale, con implicazioni che vanno ben oltre i confini del Medio Oriente.

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