Su green e migranti cominciano a cadere i governi: l’addio di Rutte

Governi sempre più in difficoltà nel contrastare l’immigrazione illegale e opposizione crescente alle politiche green: partito agricoltori primo in Olanda

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I flussi ininterrotti di emigranti illegali diretti in Europa creano problemi economici e sociali sempre più seri a molti Paesi dell’Unione europea. Nel 2022 gli ingressi in Ue, via terra e via mare, sono stati 331.400, il numero più levato dal 2016, un aumento del 66 per cento rispetto al 2021.

Flussi record

Quest’anno probabilmente saranno ancora di più. Nei primi cinque mesi del 2023 si sono già registrati 102.000 ingressi, il 12 per cento in più che nello stesso periodo del 2022. La rotta principale continua a essere quella del Mediterraneo centrale, dove si sono concentrati quasi metà degli arrivi – 50.318, il numero più alto dal 2017 – con un incremento del 160 per cento. Oltre il 90 per cento dei nuovi arrivati sono giovani maschi, circa il 9 per cento dei quali minorenni.

Come negli anni precedenti, praticamente tutti si dichiarano profughi e chiedono asilo sperando, per non essere respinti, di ottenere lo status di rifugiato, protezione sussidiaria o almeno, come prevedono alcuni Paesi tra cui l’Italia, un permesso di soggiorno per motivi umanitari (in Italia si chiama “speciale”). La maggior parte delle richieste di asilo si rivelano infondate, ma tutte, anche le più improbabili, devono essere esaminate affinché non capiti che sia negata protezione a qualcuno realmente in fuga da conflitti e persecuzione. Nel 2022, nei Paesi Ue, dalle persone entrate illegalmente (nel corso dell’anno e in precedenza) ne sono state presentate in tutto oltre 687.000.

Oneri sempre maggiori

L’arrivo ogni anno di centinaia di migliaia di emigranti illegali che chiedono asilo ha costretto i Paesi dell’Unione europea a creare dei grandi, onerosi sistemi di accoglienza che gravano sui bilanci, mettono sotto pressione i servizi di base senza tuttavia impedire che si pongano sempre più complessi, e in gran parte insolubili, problemi di ordine pubblico e sicurezza.

Tutti i governi sono in difficoltà a farvi fronte tanto più che devono al contempo fare i conti con una opinione pubblica sempre meno favorevole e ben disposta nei confronti degli immigrati illegali, da un lato, e, dall’altro, con le pressioni per una accoglienza a oltranza esercitate da chi – esponenti politici, autorità religiose, organismi nazionali e mondiali, prima fra tutti l’Onu con le sue agenzie – irresponsabilmente ha voluto legittimare l’illegalità e impone di considerare chiunque emigra illegalmente un profugo, quindi con diritto all’asilo.

Perciò adottare provvedimenti di contrasto all’immigrazione illegale è complicato e rischia di scontentare tutti: sia chi chiede la fine, subito, degli ingressi illegali, ma li vede continuare, e li ritiene insufficienti, sia chi afferma il dovere incondizionato di accogliere, e li considera ingiusti e immorali. A un governo, quello olandese, è costato le dimissioni.

Le promesse di Rutte

Su iniziativa del suo partito, il VVD, il primo ministro olandese Mark Rutte nei mesi scorsi aveva proposto dei provvedimenti intesi a ridurre l’afflusso di immigrati illegali. Nel 2022 le richieste di asilo erano state 46.000, per il 2023 si prevede che saranno più di 70.000: troppe per la capacità ricettiva del sistema di accoglienza del Paese. Nel 2022 centinaia di persone non hanno potuto accedere per mesi ai centri e ai servizi per richiedenti asilo sovraccarichi e sono rimaste prive del tutto o quasi di assistenza.

Rutte aveva promesso che una situazione del genere non si sarebbe più ripetuta, che avrebbe adottato misure strutturali per ridurre il numero degli ingressi e in particolare quello dei ricongiungimenti famigliari per i quali intendeva porre il limite di un massimo di 200 al mese mantenendo inoltre la regola di concederli solo ai titolari di un permesso di soggiorno (a qualsiasi titolo), regola che in passato i giudici hanno più volte condannato ritenendola una violazione del diritto olandese ed europeo.

Ma due dei quattro partiti che fanno parte della coalizione di governo, l’Unione cristiana e il D66, si sono opposti e hanno respinto anche una soluzione di compromesso proposta dal segretario di stato con delega alle politiche in materia di asilo, Eric van der Burg, secondo cui le restrizioni sarebbero state attivate solo in situazioni d’emergenza, al verificarsi di un afflusso eccessivo di emigranti illegali.

Le dimissioni

Rutte ha annunciato le dimissioni del suo Esecutivo l’8 luglio. È stato il primo ministro più longevo della storia olandese, dal 2010 alla guida di quattro consecutivi governi. Quest’ultimo era in carica dal gennaio del 2022. Includeva un Ministero della conservazione della natura e delle politiche dell’azoto affidato a Henk Staghouwer.

Le difficoltà per Rutte erano incominciate quasi subito a causa di un altro tema complesso e controverso. Aveva infatti dovuto fare i conti con una crescente opposizione alle politiche green che intendeva attuare. Nel giugno del 2022 aveva annunciato un piano per la drastica riduzione delle emissioni di gas inquinanti, fino al 95 per cento in certi casi, che colpisce in particolare il settore agricolo.

Il partito degli agricoltori

Allora è sceso in campo il Farmer-Citizen Movement (BBB, a sorpresa diventato poi il primo partito della Camera alta alle elezioni parlamentari svoltesi lo scorso marzo).

Le manifestazioni di protesta sono diventate rivolta a settembre, quando il ministro Staghouwer ha accettato la richiesta della Commissione europea di mettere fine all’esenzione che consentiva agli agricoltori olandesi di usare più letame per concimare i campi rispetto ad altri Stati Ue. La motivazione è che le emissioni di azoto prodotte dall’evaporazione del letame possono danneggiare l’ambiente e inquinare le acque.

Staghouwer è stato costretto a dimettersi, ma la sua sostituzione con Carola Schouten, sua vice, non ha soddisfatto gli agricoltori che non ne avevano approvato l’operato quando era stata ministro dell’agricoltura nel precedente esecutivo. Il BBB, dopo le dimissioni del primo ministro Rutte, ha dichiarato che non entrerà mai a far parte di un governo che sia guidato da lui.

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