Esteri

Sul ponte di Bergoglio sventola bandiera bianca

Superficialità e contraddizioni nelle parole del Papa. Per fortuna il dogma dell’infallibilità non riguarda esternazioni di politica internazionale e di storia

Ucraina Papa Francesco © Daboost e demarfa tramite Canva.com

In un film del 1980, “Arrivano i bersaglieri”, ambientato a Roma nei giorni della fine del potere temporale, Luigi Magni fece dire al protagonista – magistralmente interpretato da Ugo Tognazzi – che contestava a Pio IX la sua volontà di arrendersi, sostanzialmente senza combattere: “da quando vi siete proclamato infallibile non ne imbroccate più una”, facendo riferimento al dogma sull’infallibilità pontificia del luglio 1870. Una commedia, certo, una finzione cinematografica. Ma – non raramente – la realtà supera la finzione.

Il coraggio di arrendersi

Difficile commentare con parole più sintetiche, ma definitive, le recenti esternazioni del Pontefice attuale. Con una irritualità linguistica, assoluta per Oltretevere, Jorge Bergoglio, in una intervista alla Radiotelevisione svizzera, ad una domanda sulla situazione ucraina ha detto:

Credo che sia più forte quello che vede la situazione, pensa al popolo e ha il coraggio della bandiera bianca e negoziare. E oggi si può negoziare con l’aiuto delle potenze internazionali. Ci sono. Quella parola negoziare è una parola coraggiosa. Quando tu vedi che sei sconfitto, che la cosa non va, avere il coraggio di negoziare.

Concludendo: “Guardiamo la storia, le guerre che noi abbiamo vissuto, tutte finiscono con l’accordo”. Parole che sono parse come benzina sul fuoco del dibattito sulla situazione internazionale. L’imbarazzo della curia si manifesta con le parole del cardinale Pietro Parolin che, interpretando le parole del Pontefice, sosteneva che il Papa non chiedeva una resa, ma che si auspicava si potessero creare “le condizioni per una soluzione diplomatica alla ricerca di una pace giusta e duratura”.

La superficialità del Papa

In Veneto, credo, si dica: Xe pèso el tacòn del buso. Nel suo onesto e curiale tentativo di placare le polemiche intorno alle esternazioni papali, il segretario della Santa Sede mostra con lacerante crudezza le contraddizioni delle parole del vecchio Papa. Ormai da molto tempo il mondo è abituato a sentire il pontefice romano prendere la parola contro le guerre, senza che si invitasse un contendente a posare le armi.

Chi non ricorda l’accorato invito di Benedetto XV il 1° agosto 1917 a cessare “l’inutile strage”? Non venne chiesto che uno dei contendenti si arrendesse all’altro. Parimenti i silenzi di Pio XI sui crimini nazisti furono funzionali a salvare la vita di migliaia di ebrei. Papa Bergoglio e la sua curia hanno spesso abituato il mondo ad uscite, quanto meno, originali (la modifica del Pater, l’accostare Dio alla figura materna, persino l’esposizione dell’effige di pachamama in Vaticano, ecc.). Queste azzardate prese di posizione, spesso, riguardavano questioni attinenti alla “Fede” ed al magistero petrino che potevano, semmai, urtare una certa percentuale di fedeli e far sorridere gli agnostici ed i non osservanti.

Qui – però – siamo di fronte ad esternazioni contraddittorie che penetrano nel profondo di una tragedia in atto. A colpire l’osservatore è la superficialità delle parole utilizzate. Si provino ad analizzare i lemmi utilizzati dal Papa. Egli invoca l’uso della “bandiera bianca”, ma da parte di chi non viene specificato. Facile pensare che si rivolgesse all’Ucraina, perché è quella che – tra i due contendenti – ha parte del territorio occupato e che vede una non piccola quantità di morti civili.

Bandiera bianca

Ma cosa significa “bandiera bianca”? Lasciando perdere lontane evidenze storiche che porterebbero alla Cina della dinastia Han, il drappo di colore “bianco” è usata a livello universale per far capire che ci si vuole arrendere o si è estranei a un conflitto. Si usa per segnalare al nemico la richiesta di una tregua o trattative e allo stesso tempo generalmente chi la mostra indica di essere disarmato, o comunque di non essere nelle condizioni di difendersi o sostenere l’offensiva del nemico.

È un simbolo citato esplicitamente nel diritto internazionale umanitario: il modo in cui dev’essere utilizzata è formalizzato nell’articolo 32 delle Convenzioni dell’Aia del 1899 e del 1907, che assieme alle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 e ai successivi Protocolli aggiuntivi sono la base del diritto internazionale umanitario. In termini più semplici significa “resa”, di fronte ad un nemico palesemente più forte.

Nel medesimo periodo in cui parla della bandiera bianca il Pontefice parla di negoziato. Per quanto la “bandiera bianca” non escluda ma preveda il negoziato, esso è limitato – in ambito strategico e non operativo – ai termini di resa. Il negoziato – etimologicamente – prevede uno scambio di utilità; un do ut des. In fondo il negoziato tra stati – cioè tra superiorem non recognoscens – è come negozio giuridico in ambito internazionale dove un attore regola i propri interessi nei rapporti con altri attori. Cioè le parti devono avere spazi e interessi da mediare.

In una resa l’unica richiesta lasciata allo sconfitto è quella della vita. Era la vita che gli ateniesi offrivano ai Melii, secondo Tucidide. Sappiamo come andò a finire. Forse Bergoglio parlando di bandiera bianca pensava al suo antico predecessore Leone I che negoziò con Attila il suo ritiro dall’Italia, salvando Roma dal secondo sacco. Peccato che Attila sia stato convinto da una offerta di oro e preziosi, forse superiore a quella che poteva ottenere con il saccheggio e dalla constatazione che Roma – come hanno dimostrato emergenze archeologiche – fosse tormentata da una epidemia di malaria che poteva essere esiziale per la vita stessa delle orde unne.

Gli obiettivi di Putin

Ciò premesso, anche recentemente, Vladimir Putin si è dichiarato disponibile a negoziati, ma con la precondizione che Mosca deve raggiungere i suoi obiettivi in Ucraina. Medvedev solo una settimana fa, proponendo una nuova carta della regione, ha sostenuto che il territorio ucraino (non solo le regioni già occupate come Crimea e Donbass) fa parte della “Grande Russia”, di cui farebbe parte anche la Trasnistria, l’enclave separatista della Moldavia.

Dove sono gli spazi negoziali auspicati dal Papa e dal cardinale Parolin? Santa Romana Chiesa è da sempre avvezza ai misteri ed il mondo resta in attesa di una più puntuale fonte di speranza sulla crisi russo-ucraina da parte di Oltretevere. Di certo non saranno le parole di Bergoglio a scaldare i cuori della nomenklatura moscovita. È bene ricordare che Stalin a Jalta di fronte a chi gli faceva presente le esigenze di Pio XII sull’assetto europeo disse: “ma quante divisioni ha il Papa?”. Ottant’anni dopo la storia si ripete.

La pace la dettano i vincitori

Ma la vera perla del discorso del Pontefice è la frase: “Guardiamo la storia, le guerre che noi abbiamo vissuto, tutte finiscono con l’accordo”. Ma quali libri di storia venivano proposti agli studenti argentini? A queste parole una ridda di commenti entusiasti, mai suffragati da dati oggettivi. Che le guerre terminino con delle firme è pacifico, ma sempre ineguali nei pesi. Chi non ricorda lo stizzito gesto di Clemenceau che nel 1919, vietando ai plenipotenziari tedeschi di discutere i termini del trattato di pace, intimò loro, in modo brusco, di firmare il testo, così come lo avevano predisposto i vincitori?

Diciamolo chiaro: da quando esistono le guerre democratiche i vincitori dettano le regole ai vinti. Semmai sono i vincitori stessi a mitigarsi, nel caso non siano nella possibilità di schiacciare il nemico in modo definitivo. Mai come nel ventesimo secolo si è assistito alla sostanziale debellatio (dissoluzione politica) di stati sconfitti.

La storia della diplomazia russa dà qualche speranza ad una pace equa? Un solo esempio: i territori polacchi spartiti con Hitler, anche dopo la guerra rimasero sotto controllo di Mosca; così come è parte della Russia Kaliningrad, che ricordiamo – con il nome di Koenigsberg – come la patria di Kant, non propriamente un russo. Per fortuna di Santa Romana Chiesa il dogma dell’infallibilità pontificia non riguarda esternazioni in ambito di politica internazionale e di storia.

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