Le uniche cose certe della strage al mercatino di Natale di Magdeburgo sono (1) le vittime; (2) il luogo, un mercatino di Natale; (3) il fallimento delle autorità tedesche che hanno prima scelto di tenersi un soggetto pluri-segnalato come pericoloso e poi non vigilato sulle sue attività. Un fallimento “coperto” dalla solita disinformazione dei media mainstream sul profilo e sulle presunte “idee” dell’attentatore.
Il protocollo
Un copione che si ripete da anni in diversi Paesi europei – non in Italia, per la verità, dove al momento non abbiamo ancora assistito ad attentati simili. Ma in Paesi come Germania, Francia, Belgio, Olanda, Irlanda e nel Regno Unito, le autorità sembrano attenersi ad un preciso protocollo per gestire questi casi: nascondere le origini dell’attentatore, o quando ciò non sia possibile diffondere quanti più elementi per depistare sulla matrice dell’attacco. Tutto questo con il pretesto di non generare sentimenti xenofobi e in particolare di odio anti-islamico, ottenendo ovviamente l’effetto opposto nella popolazione.
Ma stavolta si sono superati. Dopo letteralmente pochissimi minuti, nemmeno un’ora, dall’attentato, i principali media citando le immancabili “fonti di sicurezza” avevano già un profilo molto dettagliato dell’attentatore di Magdeburgo per provare a contrastare l’evidenza, cioè l’ennesimo concretizzarsi della minaccia rappresentata dall’immigrazione, in particolare di origine islamica.
Taleb Abdulmohsen è, manco a dirlo, un “lupo solitario”, ma anche un ateo, addirittura anti-islamico, addirittura simpatizzante di Elon Musk e di AfD. Guarda caso proprio Musk, “uomo nero” del momento agli occhi della sinistra, e guarda caso proprio l’AfD, il partito anti-sistema che potrebbe terremotare il sistema politico tedesco alle prossime elezioni, guarda caso vicinissime. E guarda caso, etichettato così poche ore dopo la frase di Musk su AfD unica speranza per la Germania.
Due fatti indelebili
Nulla però potrà offuscare pochi fatti incontestabili, indelebili negli occhi e nelle menti dei cittadini tedeschi ed europei. Quali che fossero i deliri frullati nella testa di Taleb Abdulmohsen, è innanzitutto uno dei tanti profughi che abbiamo accolto in Europa – godeva addirittura di un permesso di soggiorno permanente – ma che per banali motivi di sicurezza, come peraltro previsto dalle convenzioni internazionali sul diritto di asilo, non sarebbe dovuto restarci un giorno di più. Tanto più che in questo caso le autorità saudite, che avevano messo in guardia sulla sua pericolosità, erano ben disposte a riprenderselo.
Secondo elemento fattuale, ha falciato la gente ad un mercatino di Natale, colpendo nello stesso bersaglio un simbolo della cristianità e una delle tradizioni natalizie più tedesche, il mercatino di Natale appunto, pieno di famiglie tedesche. Non male per uno presentato come “anti-islamico”…
Quello che emerge di questo attentatore è un profilo confuso, mosso probabilmente da un mix di motivazioni: personali, religiose, ideologiche.
Gli avvertimenti dei Sauditi
Di sicuro c’è che era fuggito dall’Arabia Saudita, da cui si sentiva minacciato. Il che però non equivale ad essersi allontanato anche dall’islam. Quello saudita è un regime autoritario e repressivo, ma come nel caso del noto Jamal Khashoggi, questo non fa di Taleb un laico e un autentico democratico amico dell’Occidente. Per il banale motivo che il regime saudita reprime anche integralismi religiosi antagonisti al suo, ovvero quello dei Fratelli Musulmani, a cui era affiliato Khashoggi, e ovviamente quello sciita.
Per i sauditi Abdulmohsen è un criminale comune, con gravi precedenti penali non legati però all’estremismo: contrabbando, frode, tratta di esseri umani, adescamento, abusi sessuali. Comunque abbastanza da richiedere a Berlino arresto ed estradizione. Richiesta respinta dalle autorità tedesche, che anzi gli hanno concesso asilo. Ora, non è che bisogna prendere per oro colato tutto ciò che sostengono le autorità saudite, ma nemmeno liquidare qualsiasi warning perché proviene da un regime autoritario.
La stessa narrazione secondo cui qualsiasi cosa provenga dall’Arabia Saudita debba essere respinta come brutta e cattiva è ormai superata. Sia per i segnali di apertura che giungono dal Paese, sia perché la gran parte dei “dissidenti” perseguitati da Riyad non sono docili agnellini liberali, ma estremisti molto pericolosi o, come in questo caso, criminali comuni in fuga dalla giustizia. I servizi di sicurezza occidentali dovrebbero indagare caso per caso.
Un caso di Taqiyya?
Che si tratti o meno di un caso di Taqiyya – la “dissimulazione” consentita ai fedeli dall’islam, cioè nascondere o addirittura rinnegare esteriormente la propria fede quando si trovano in Dar al-Harb, nella terra degli infedeli – non si può dire oggi con certezza, ma certo non è una ipotesi che può essere trascurata. Niente di più facile che abbia giocato la carta del “dissidente” del regime saudita, dichiarandosi pubblicamente ateo ed ex musulmano e presentandosi quindi come vittima di persecuzione anziché come criminale in fuga dalla giustizia, per ottenere lo status di rifugiato.
Come è stato notato, sui suoi profili social in lingua araba si trovano contenuti di tutt’altro tenore rispetto al suo account X occidentale, dove sono state estrapolate le frasi per le quali viene dipinto oggi come un simpatizzante di AfD contro l’islamizzazione dell’Europa. Nonostante le minacce molto esplicite di Abdulmohsen alla Germania e ai tedeschi, le sue teorie cospiratorie, accessibili al pubblico sui social, le autorità tedesche non hanno ritenuto di indagare e sorvegliare.
Certo non si può nemmeno escludere che una mente particolarmente contorta e disturbata abbia agito per alimentare l’odio anti-islamico, ma due fatti restano incancellabili: (1) il fallimento della politica dei confini aperti, della concessione facile dello status di rifugiato in molti Paesi europei, e (2) il fallimento delle autorità tedesche nel valutare e vigilare su un elemento chiaramente instabile e pericoloso.