Summit Nato: dietro gli impegni, carenza di strategia, leadership ed Europa

Per convincere gli Usa a garantire la difesa dell’Europa, gli europei dovranno farsi carico del peso crescente dei propri compiti. L’Italia e il fronte Sud

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Gran parte delle dichiarazioni successive al vertice Nato (si celebravano a Washington i 75 anni dell’Alleanza) riguarda, giustamente, l’Ucraina, che gli alleati s’impegnano nuovamente a continuare a sostenere contro l’aggressione russa. La condanna di Mosca rimane totale per i 32 attuali Paesi membri.

Ma dietro le dichiarazioni finali e le buone intenzioni rimane in sospeso l’evidente carenza di direzione strategica (difficile con 32 Paesi), la mancanza di leadership (Biden non pare in grado di assicurarla) e l’incapacità dell’Europa di soddisfare in modo chiaro e deterrente le proprie esigenze di difesa.

La debolezza di Biden

Quel che è peggio, a novembre gli americani si troveranno di fronte ad una scelta elettorale tra un presidente Joe Biden che appare sempre più zoppicante dal punto di vista cognitivo, semplicemente non più all’altezza di guidare il mondo libero (compreso gestire la valigetta con i codici nucleari più importante della terra), e Donald J. Trump che lascia, con i suoi atteggiamenti e passato, quanto meno perplessi.

L’impegno europeo

Una fotografia del vecchio Continente a oggi mostra che la Francia non ha un governo, la Gran Bretagna è appena entrata nel periodo che segue uno storico cambio di maggioranza, la Germania ha appena annunciato un taglio al bilancio della difesa e l’Italia, per ora, non s’impegna economicamente abbastanza per la difesa secondo Washington.

Nel febbraio 2014 la Russia ha conquistato la Crimea e non si è fermata lì. Se gli Alleati credono veramente nella Nato, dovranno ancora una volta compiere uno sforzo notevolissimo per convincere l’America, troppo impegnata, troppo indebitata e stressata, a continuare a garantire la sicurezza dell’Europa.

Questa è la reale questione di questo vertice e ciò che attende nel ruolo di mediatore il nuovo segretario generale della Nato Mark Rutte (senza mai dimenticare che lui è un “portavoce” e non il “capo di governo” dell’Alleanza). Dovrà usare tutta le sue capacità di persuasione e diplomazia, perché l’unico modo in cui gli americani possono garantire il futuro della difesa dell’Europa è che gli europei si facciano carico del peso crescente dei propri compiti.

Che tradotto in parole semplici vuol dire che tutti (Italia compresa) raggiungano almeno l’obiettivo del 2 per cento del Pil di spesa per la difesa. Gli europei dovranno fornire tale obiettivo come requisito minimo politico e di forza per essere credibili e meglio coinvolgere il governo di Washington.

Missili in Germania

A parte il sostegno di natura economica e le dichiarazioni su un programmato ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza (gli ucraini si aspettano presto un invito formale), il Cremlino, da parte sua, considera l’intenzione della Nato di dispiegare in Germania missili a lunga gittata Usa “una pericolosa escalation“. Alcuni armamenti similari forniti a Kiev verrebbero già utilizzati per colpire la Russia, ma i piani di dispiegamento di missili a più lunga gittata potrebbero aggravare la situazione, secondo Mosca. Questo per non parlare della reazione all’ipotizzata adesione di Kiev all’Alleanza.

Monito a Pechino

Poi c’è la Cina Popolare. Il documento finale del summit accusa Pechino, senza possibilità di smentita, di aver consentito e favorito il protrarsi della guerra in Ucraina attraverso la sua partnership “senza limiti” e il sostegno all’industria della difesa russa. La partnership senza limiti era stata annunciata nel febbraio 2022 dopo un incontro tra il presidente cinese Xi Jinping e il suo omologo russo, Vladimir Putin, giorni prima che la Russia lanciasse un’invasione a tutti gli effetti dell’Ucraina. Xi dichiarava che non ci sono “limiti” all’amicizia tra i due Paesi e che non esistono aree di cooperazione “proibite”.

La Nato chiede esplicitamente alla Cina Popolare di “cessare ogni sostegno materiale e politico allo sforzo bellico di aggressione della Russia”, compresa la fornitura di materiali a duplice uso che possono essere utilizzati nelle armi.

“La Cina Popolare non può consentire la più grande guerra europea della storia recente senza che ciò abbia un impatto negativo sui suoi interessi e sulla sua reputazione”, si legge nel comunicato e questo vale anche come monito per l’atteggiamento aggressivo di Pechino nell’Indo Pacifico, soprattutto nei confronti della democratica Repubblica di Cina-Taiwan.

L’Italia e il “Mediterraneo allargato”

L’Italia e il presidente del Consiglio Giorgia Meloni hanno avuto successo indiscutibile nell’ambito del summit. Oltre a confermare la fornitura di un ulteriore moderno sistema antiaereo a Kiev, e l’intenzione di raggiungere, a breve, il target di spesa per la difesa pari al 2 per cento del Pil, l’Italia ha ottenuto l’impegno alla creazione di un “rappresentante speciale per il vicinato meridionale”.

Un ruolo su cui l’Italia ripone grande interesse: “La creazione di un inviato speciale della Nato per il fianco meridionale è una decisione importante”. È stata una battaglia italiana e crediamo sia giusto che sia scelto un italiano per il ruolo”, ha detto il ministro degli esteri Antonio Tajani. “La nostra premier oggi ha presentato la richiesta a Mark Rutte”, ha aggiunto, rivelando che è già al lavoro sugli obiettivi da raggiungere a sud del Mediterraneo.

Instabilità, effetti del cambiamento climatico, la presenza della Russia e Cina Popolare nell’area del Sahel e Africa settentrionale, le attività di gruppi terroristici o di trafficanti di esseri umani è tra le principali questioni da affrontare, su cui l’Italia rivendica attività, impegno e conoscenza principalmente nella vasta area in cui la Nato intende rafforzarsi: Balcani, Africa centro-settentrionale, Medio Oriente.

In definitiva, si parla di quella che la dottrina geopolitica italiana identifica come “Mediterraneo allargato” e che le evoluzioni stanno sempre più portando a ridefinire “Indo-Mediterraneo”. Non poco…

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