Esteri

Traballa l’influenza russa anche nelle Repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale

Putin rischia di veder tramontare definitivamente il sogno di ricostituire uno “spazio russo” in Asia, a tutto vantaggio della Cina che all’area è molto interessata

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L’invasione dell’Ucraina sta causando un declino dell’influenza russa nelle Repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale. Esattamente il contrario di quanto Vladimir Putin si attendeva, convinto con la sua “operazione militare speciale” di riuscire a rivitalizzare uno “spazio sovietico” anche in Asia dopo il crollo dell’Urss.

Il voltafaccia di Tokayev

Il malcontento proviene in primo luogo dal Kazakistan. L’attuale leader kazako Kassym-Jomart Tokayev, dopo la rivolta popolare che aveva costretto alla fuga il “presidente eterno” Nursultan Nazarbayev, vecchio sodale di Mosca, si era installato al potere facendosi aiutare da truppe russe e dell’alleanza CSTO (“Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva”, a guida russa) per reprimere le proteste.

Viste le sue posizioni filorusse, il Cremlino aveva approvato volentieri il suo avvento. Salvo accorgersi in breve tempo che l’affidabilità di Tokayev era solo di facciata. Dopo il ritiro dei soldati della Federazione, appoggiati soprattutto da un contingente bielorusso, il nuovo presidente ha subito fatto capire di voler essere più indipendente rispetto al suo anziano predecessore.

Ha infatti espresso riserve – inusuali per gli esponenti kazaki, un tempo i più fedeli a Mosca tra gli Stati satelliti – sull’invasione dell’Ucraina.

Non solo. Durante un recente summit economico a San Pietroburgo, ha pure rifiutato di riconoscere le Repubbliche filorusse di Donetsk e Luhansk, definendole in un discorso pubblico e davanti alle telecamere “quasi repubbliche”. Aggiungendo inoltre che lo stesso discorso vale per la Crimea, secondo il leader kazako parte dell’Ucraina. Scontata l’irritazione di Putin e del suo grippo dirigente.

Dulcis in fundo, ha anche rifiutato il conferimento dell’onorificenza di Alexandr Nevskij, una delle più prestigiose della Federazione Russa, affermando di aver promesso di non ricevere onorificenze di quel tipo finché sarà presidente del suo Paese.

L’incontro Tokayev-Aliyev

Successivamente Tokayev è andato in Azerbaigian, altra Repubblica ex sovietica, dove ha incontrato il presidente azero Ilham Aliyev.

Gli azeri hanno scelto la soluzione dinastica, poiché Ilham è il figlio di Heydar Aliyev, presidente dell’Azerbaigian dal 1993 al 2003, nonché capo del Kgb locale per lungo tempo e segretario del Partito comunista azero dal 1969 al 1982. Cadde in disgrazia con l’avvento di Michail Gorbaciov, che cercò di eliminare tutti i vecchi “burosauri sovietici”.

Tuttavia, quando Gorbaciov fu giubilato, riguadagnò subito il potere trasmettendo la sua carica al figlio. Chi, come il sottoscritto, ha avuto modo di visitare Baku per motivi accademici, sa che i ritratti giganteschi dello scomparso Heydar Aliyev campeggiano tuttora su monumenti e palazzi della capitale azera.

Anche in questo caso gli osservatori hanno notato un fatto curioso. I due presidenti parlano entrambi russo perfettamente. Aliyev si è tra l’altro laureato nella prestigiosa università moscovita MGIMO, l’istituto statale di Mosca per le relazioni internazionali, voluto da Stalin negli anni ’40 del secolo scorso.

La tradizione vuole che i leader, in queste occasioni, usino il russo come lingua veicolare. Così non è stato questa volta, poiché Tokayev e Aliyev hanno invece preferito comunicare nelle loro lingue nazionali, kazako e azero. Conta tuttavia notare che entrambi si sono dichiarati preoccupati per la situazione ucraina, chiedendo di porre termine al conflitto nel tempo più breve possibile.

Gli ex satelliti si smarcano

Da rammentare, inoltre, che l’ostilità nei confronti della “operazione militare speciale” di Putin coinvolge in pratica tutte le ex Repubbliche sovietiche, con l’eccezione della Bielorussia dove Lukashenko ha bisogno dell’appoggio russo per restare al potere. Che cosa pensi la popolazione, ovviamente, è tutt’altro discorso.

Facile comprendere che gli ex satelliti ora indipendenti temono di trovarsi in futuro nella stessa situazione di Kiev. Ma, vista la situazione, è arduo immaginare che Mosca possa permettersi altre invasioni, poiché non dispone di forze sufficienti e deve comunque prima risolvere a suo favore il conflitto ucraino.

Dal canto suo Aliyev, che ha stretti rapporti con la Turchia di Erdogan, ha promesso ai kazaki di aiutarli ad esportare il loro petrolio e il loro gas in Europa superando le obiezioni di Mosca.

Eterogenesi dei fini

Come si diceva all’inizio, insomma, almeno finora l’invasione ha portato a Putin più guai che vantaggi. E’ pur vero che sta mettendo in difficoltà l’Europa con le forniture energetiche. Ma, d’altro canto, rischia di veder tramontare definitivamente il sogno di ricostituire uno “spazio russo” in Asia, a tutto vantaggio della Cina che all’area è molto interessata.

Si tratta, come dicono i filosofi, di un tipico caso di “eterogenesi dei fini”, principio secondo cui le azioni umane spesso ottengono risultati molto diversi da quelli perseguiti dal soggetto che le compie.