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Trump e gli altri “cigni neri”, la storia tra linearità e caos

Hanno ancora senso rapporti causa-effetto ed enormi masse di dati per anticipare le tendenze? La storia non sarà mai completamente aleatoria ma nemmeno del tutto prevedibile

Trump © Mario Szafran tramite Canva.com

Dopo la vittoria di Joe Biden nel 2020 e, successivamente, con la fine della sua leadership avvenuta nell’anno corrente e la seguente investitura di Kamala Harris, tutto l’insieme degli organi mediatici, politici e culturali – appellati dal filosofo Nick Land con il termine la cattedrale nella sua opera “L’illuminismo oscuro” – ha relegato il fenomeno Trump al passato remoto, contribuendo a bollare e ridicolizzare la sua persona con l’obiettivo di posizionarla ai margini della sfera politica e pubblica.

Il cigno nero

Ma nonostante l’azione congiunta dei media, del Deep State, dell’alta cultura (di ogni genere e grado), ha vinto un’idea di America opposta, un’America che sembrava essere stata deposta nei cassetti della storia, riesumata improvvisamente e contro ogni pronostico.

Ha vinto Trump, e il Cigno nero si è materializzato. Secondo chi ha ideato tale concezione, il matematico e saggista libanese Nassim Nicholas Taleb, il Cigno nero è la metafora di tutti quegli eventi che sono avvolti dalla nuvola dell’imprevedibilità e connotati dalle seguenti caratteristiche.

La prima, la rarità. Poiché anche l’eventuale possibilità che accadano rimane insondata. La seconda, la scala di grandezza. Quando avviene un Cigno nero, i suoi effetti trasbordano dalla dimensione micro e impattano su scala globale. La terza, la razionalizzazione a posteriori. Il Cigno nero, o meglio la sua comprensione, inizia a essere razionalizzata a posteriori, cercando di rintracciare i dati e le evidenze che erano state trascurate in precedenza.

Disimpegno Usa?

La nuova presidenza Trump, in quanto Cigno nero, potrà scardinare gli ordini geopolitici globali, modificando lo status quo e delineando un diverso assetto delle relazioni internazionali: è in gioco infatti la nuova posizione degli Stati Uniti nei confronti di tutti gli altri attori, dall’Europa alla Russia, dal Cina agli stati del Medio Oriente.

Molti analisti credono che la politica estera di Trump possa continuare nel solco della Dottrina Monroe, di stampo ottocentesco, dalla quale deriva il famoso mantra trumpiano dell’America First: tradotto in termini geopolitici, questo significherebbe isolazionismo degli States nella scacchiera internazionale, graduale ma irreversibile disimpegno degli Stati Uniti dalle aree di crisi e dismissione del loro ruolo di “Poliziotti del mondo”.

Gli altri Cigni neri

Ma tale lettura, oltre che antiquata, non tiene conto che, nel frattempo, altri Cigni neri si sono susseguiti a ritmo incalzante; per prima la pandemia di Covid-19, poi la guerra di Putin contro l’Ucraina, infine l’attacco terroristico di Hamas verso Israele e dunque la recrudescenza del conflitto israeliano palestinese.

La domanda che sorge spontanea è se, alla base della teoria del Cigno nero, sia ancora sensato utilizzare le relazioni di causa effetto per spiegare i fenomeni, storici o politici che siano. Di più: se sia utile analizzare enormi masse di dati per scoprire tendenze e delineare i tratti dei futuri scenari. Se la storia è una concatenazione di fatti che possono essere spiegati dalle relazioni causali, dai nessi logici, dai modelli matematici e previsionali, allora perché continuano ad avvenire eventi, quali i Cigni neri, che esulano da tali schemi?

La verità risiede, come sempre, nel mezzo. La storia non sarà mai completamente aleatoria ma nemmeno del tutto prevedibile. L’uomo dovrà continuare a utilizzare modelli sofisticati per prevenire e prevedere il futuro. Ma alla base del suo agire dovrebbe comunque tenere in mente che al chiarore del determinismo si alterna sempre il buio dell’insondabile. Allora, forse, la storia è proprio questo: un pendolo tra la luce e il buio, fra certezza e destino, linearità e caos.