Il 25 gennaio Pete Hegseth ha giurato come nuovo segretario alla Difesa degli Usa. Il 27 gennaio si è già trovato sulla scrivania una serie di ordini esecutivi, firmati da Donald Trump, per riformare profondamente le forze armate.
Gran parte dei media ha parlato soprattutto della “cacciata dei transgender” dalle file dell’esercito. Ma l’ordine esecutivo più importante, anche se meno noto, è un altro: The Iron Dome for America. Chiunque abbia seguito le notizie sul conflitto mediorientale, sa che Iron Dome è il sistema anti-missile israeliano che ha intercettato fino al 99 per cento dei razzi lanciati da Gaza e dal Libano.
Trump ha chiamato con lo stesso nome, “cupola di ferro”, il progetto di un sistema anti-missile molto più potente e sofisticato, capace di proteggere le città americane anche da eventuali attacchi missilistici di massa, dalla Russia e dalla Cina.
Gli avversari di forza pari o quasi
Il nuovo presidente si muove sulla falsariga di Ronald Reagan, espressamente citato nell’ordine esecutivo:
Il presidente Ronald Reagan ha cercato di costruire una difesa efficace contro gli attacchi nucleari e, sebbene questo programma abbia portato a molti progressi tecnologici, è stato cancellato prima che il suo obiettivo potesse essere realizzato. Da quando, nel 2002, gli Stati Uniti si sono ritirati dal Trattato sui missili anti-balistici (ABM) e hanno avviato lo sviluppo di una difesa missilistica interna limitata, la politica ufficiale degli Stati Uniti in materia di difesa missilistica interna è rimasta solo quella di tenere testa alle minacce delle nazioni canaglia e ai lanci missilistici accidentali o non autorizzati.
Oggi invece:
Negli ultimi 40 anni, anziché diminuire, la minaccia delle armi strategiche di nuova generazione è diventata più intensa e complessa con lo sviluppo, da parte di avversari di forza pari e di forza quasi pari, di sistemi di lancio di nuova generazione e di capacità di difesa aerea e missilistica integrata nel territorio nazionale.
Per “avversari di forza pari” Trump non può che indicare la Russia, che ha 1.500 testate nucleari strategiche, esattamente come gli Usa. Mentre per avversari di “forza quasi pari”, escludendo Israele, India e Pakistan (che non sono avversari), Trump indica, senza nominarla, la Cina, con le sue 450 testate nucleari strategiche (secondo le stime più generose).
Le linee guida di Trump
Il Pentagono dovrà presentare al presidente un piano di difesa anti-missile entro due mesi, quindi i tempi saranno molto spediti. Le linee guida di Trump includono, “almeno”: sensori spaziali per il tracciamento dei missili; sviluppo e schieramento di armi-antimissile basate nello spazio per colpire i missili nemici già in fase di decollo; schieramento di sistemi anti-missile di terra per colpire le testate in fase di rientro, a protezione delle città americane; sviluppo e schieramento di nuovi satelliti di sorveglianza; sviluppo e schieramento di sistemi per colpire i missili nemici prima ancora del loro lancio; sviluppo della necessaria filiera produttiva e sviluppo di tecnologie “non cinetiche” (come guerra elettronica, armi a impulsi elettromagnetici, ecc…) per aumentare la capacità di sventare un attacco di missili balistici, ipersonici e da crociera.
L’importanza dello Spazio
Il linguaggio è abbastanza tecnico ed è difficile capire al volo l’importanza di questa svolta. Ma basta citare il punto due di questo programma, per capire di cosa stiamo parlando: “sviluppo e schieramento di armi-antimissile basate nello spazio per colpire i missili nemici già in fase di decollo”.
Questo fa la differenza fra uno scudo anti-missile locale, diretto contro piccole minacce (come la Corea del Nord) e uno scudo globale, potenzialmente in grado di sventare un attacco massiccio dalla Russia e dalla Cina.
Quando si parla di attacchi limitati, con poche decine di ordigni, basta una difesa di terra che intercetti le testate una ad una. Ma se si vuole respingere un attacco di centinaia o migliaia di missili, si deve iniziare a distruggerli da subito, in massa, in modo da eliminare in partenza il grosso delle testate. L’unico modo per farlo è dallo spazio, con una costellazione di satelliti in grado di sorvegliare tutte le possibili aree di lancio e di colpire ogni ordigno che viene lanciato, prima ancora che questo esca dall’atmosfera.
I primi passi con Reagan
Realizzarlo non è una passeggiata. Nel 1983, Ronald Reagan annunciò il suo programma di difesa spaziale ed era così ottimista sulla sua realizzazione da pensare di poterlo schierare in una decina di anni. Non solo perché “bluffava” con i sovietici, ma soprattutto perché pensava di avere già la soluzione. Edward Teller, il padre della bomba H, in quegli anni, stava sviluppando un altro tipo di ordigno, la bomba X (o Progetto Excalibur), potenzialmente l’arma perfetta per la difesa anti-missile.
Convogliando i raggi X, generati dall’esplosione di una bomba H nello spazio, su bersagli pre-selezionati, si sarebbero potuti distruggere decine o anche centinaia di missili alla volta. Ma i numerosi test della bomba X, dal 1979 al 1986, diedero risultati troppo incerti e il programma venne cancellato silenziosamente, anche se le “guerre stellari” proseguirono.
Nel 1987, sempre dal laboratorio Lawrence Livermore di Teller venne dunque concepito un tipo differente di arma spaziale: il Brilliant Pebble. Una costellazione di satelliti armati (con proiettili di precisione ad alta velocità, non esplosivi), capaci di sparare a più missili in fase di decollo e, all’occorrenza, di schiantarsi contro di essi in orbita bassa. Il programma, benché molto promettente, venne cancellato da Bill Clinton nel 1993 e mai più resuscitato: la Guerra Fredda era finita.
Il presidente George W. Bush riprese un programma anti-missile, ma solo per sventare eventuali minacce di Stati canaglia. Per cui i circa 40 missili del sistema Ground Based Interceptor, sviluppati e schierati sotto la sua amministrazione, erano più che sufficienti a parare un attacco di una decina di ordigni dalla Corea del Nord, unico Stato canaglia dotato di testate nucleari.
Tecnologia più matura
Oggi sarà molto più difficile ricreare un sistema di difesa antimissile globale, come quello annunciato da Reagan 42 anni fa, perché si deve ripartire da zero. Ma la tecnologia è molto più matura: con l’Intelligenza Artificiale già a disposizione, una costellazione di moderni Brilliant Pebble può coordinare la difesa in autonomia, agendo come uno sciame, anche senza un continuo intervento umano.
E in più, sia gli Usa che Israele stanno sviluppando laser a stato solido (che non hanno bisogno di carburanti liquidi) che possono costituire una soluzione in più: sono economici, sono trasportabili e un singolo cannone laser è potenzialmente in grado di abbattere anche decine di ordigni a un costo quasi nullo.
Piuttosto sarà una battaglia politica durissima. Se nel 2007 Vladimir Putin ruppe ogni buon rapporto con Bush solo per lo schieramento di un piccolo scudo anti-missile regionale in Europa centrale (in grado, al massimo, di intercettare lanci limitati di missili balistici a raggio intermedio dall’Iran), cosa dirà quando satelliti armati orbiteranno sulla sua testa?