Chi si aspettava enormi stravolgimenti nelle primarie del GOP si sarà svegliato deluso, visto che le primarie del New Hampshire hanno confermato che il partito dell’Elefante sembra schierato in maniera compatta con Donald Trump. I numeri ufficiali non sono ancora definitivi ma tutto sembra indicare che, nonostante avesse puntato gran parte del suo capitale politico in questo stato, Nikki Haley non sia riuscita a rimanere a distanza di tiro dall’ex presidente. Il distacco non è così schiacciante come nell’Iowa ma, considerato che sia Vivek Ramaswamy che Ron DeSantis si sono ritirati, schierandosi dalla parte di Trump, questo risultato getta ombre nerissime sulla campagna dell’ex governatore del South Carolina.
Nonostante abbia ricevuto un gran numero di voti da parte di elettori democratici, questo non è certo il risultato che la Haley si aspettava. Nonostante per ora sembri decisa a tenere duro, gran parte del partito sembra pronto a schierarsi con Trump. D’altro canto, non era mai successo prima d’ora che un repubblicano non in carica vincesse sia in Iowa che nel New Hampshire. Ci sarà tempo per esaminare più nel dettaglio i flussi elettorali ma si può già capire a caldo cosa sia successo e quali saranno le conseguenze per l’avvicinamento alle presidenziali di novembre.
Granite State decisivo?
Se la campagna di Trump sperava che gli ultimi sondaggi, che lo davano in vantaggio di ben 22 punti, fossero accurati, in realtà stavolta l’ex presidente si dovrà accontentare di una vittoria netta, invece che dell’incoronazione vista in Iowa. Nonostante tutto, i passi avanti nei confronti delle primarie del 2016 sono netti, circa 20 punti percentuali in più. Abbastanza per dichiarare chiusa la gara e “costringere” la Haley a mollare il colpo? Forse no, ma è ancora presto per dirlo. Le città sono solitamente più rapide nel contare i voti e sono quelle più liberal, dove la Haley ha fatto meglio: quando arriveranno anche i voti delle contee rurali, il distacco dovrebbe aggirarsi tra il 10 e il 15 per cento.
Se la vittoria di Trump non era stata mai in dubbio, si temeva l’apporto dei tanti tra Democratici ed indipendenti che si sarebbero presentati alle primarie aperte del Granite State per frenare la corsa dell’ex presidente. Si dice che se l’Iowa è il primo, il New Hampshire corregge il tiro e la cosa in effetti ha senso: le ultime tre volte che il GOP non aveva un presidente in carica, il contrasto tra i risultati non potrebbe essere più stridente.
Chi vince in Iowa non ha mai conquistato la nomination, mentre chi ha battuto la concorrenza in New Hampshire ce l’ha sempre fatta. La doppietta non era mai successa dagli anni ‘70, da quando venne istituito il sistema delle primarie: tra i Democratici, invece, c’erano riusciti sia Gore che Kerry nel 2000 e 2004.
Molti esperti di politica americana dicono che il Granite State è significativo perché è uno stato fondamentalmente moderato, dove i Democratici sono favoriti ma non così dominanti come negli altri stati del New England. I temi che funzionano qui, solitamente, hanno presa sugli indipendenti in gran parte del Paese. Guardando ai dati storici, perdere in entrambi gli stati porta malissimo per i candidati repubblicani: nessuno è mai riuscito a strappare la nomination dopo aver perso sia in Iowa che in New Hampshire.
Indipendenti o Democratici infiltrati?
Gran parte dell’incertezza alla vigilia del voto in New Hampshire era dovuta al fatto che molti Democratici, visto che il partito locale ha deciso di sfidare il DNC e tenere le primarie nonostante il fatto che non saranno assegnati delegati alla convention, si sarebbero presentati all’ultimo momento per frenare la corsa di Trump. Secondo gli exit poll organizzati dalla NBC News, le cose sono andate più o meno così, poco meno della metà degli elettori che si sono presentati alle primarie si identificano come indipendenti.
Il fatto che solo il 47 per cento dei votanti si identifichi come repubblicano è una parte tradizionale delle primarie in New Hampshire ma è comunque in aumento rispetto al 2016, quando i repubblicani erano il 55 per cento. Il fatto che la percentuale di indipendenti sia insolitamente alta rende il Granite State interessante per capire se i temi di questa o quella campagna abbiano presa nel Nord-Est del Paese. Un quarto degli indipendenti avrebbe deciso per chi votare solo negli ultimi giorni e per il 43 per cento di loro il risultato dell’Iowa ha influito sulla loro scelta.
I sospetti iniziano a salire quando si leggono alcune delle risposte date durante l’exit poll: per il 34 per cento il carattere di un candidato è importante mentre solo il 13 per cento avrebbe scelto un candidato che possa battere Biden nelle presidenziali. Considerato il fatto che il presidente è uno dei meno amati della storia americana e che la cosiddetta eleggibilità è uno dei tormentoni che nel GOP non passano mai di moda, il sospetto che molti di questi indipendenti siano in realtà elettori democratici è più che giustificato.
Se la campagna della Haley spera di usare il supporto di questi elettori esterni al GOP per dimostrare ai Repubblicani degli altri stati che questo vuol dire che avrebbe maggiori possibilità di battere Biden a novembre, resta da capire quanto siano affidabili questi dati. Potrebbe anche essere che, ad esempio, ai Democratici impegnati nel voto “tattico” si siano affiancati anche i cosiddetti Reagan Democrats, liberal vecchia scuola che consegnarono a Ronald Reagan il trionfo del 1984. In ogni caso, la sensazione è che il vantaggio di Trump tra i Repubblicani duri e puri sia ben superiore.
Un quarto dei votanti Democratici?
Se c’è chi azzarda giudizi a caldo e stima che solo il 26 per cento dei voti raccolti dalla Haley venga da registered republicans, ci vorrà del tempo per capire se le cose siano davvero andate così. Esaminando nel dettaglio i risultati dell’exit poll della NBC News si inizia a capire cosa sia successo. La differenza tra i temi più importanti tra gli elettori che hanno scelto Trump e quelli che si sono schierati con la Haley non potrebbe essere più stridente. Se l’ex presidente domina tra chi ritiene l’economia e l’immigrazione illegale i problemi più urgenti, l’ex governatore del South Carolina ha un netto vantaggio su chi sembra preoccuparsi per l’aborto e la politica estera – solitamente roba da Democratici.
La percentuale non è peraltro così bassa: se i temi tradizionali del GOP raccolgono il 67 per cento di chi si è presentato a votare, il 25 per cento sembra d’accordo con i Democratici. Ad appoggiare Trump sarebbero stati tre quarti degli elettori che si identificano come Repubblicani ma anche il 66 per cento dei non laureati, quasi 50 punti in più rispetto al 2016: come prevedibile, poi, ha dominato tra chi ha un reddito inferiore a 50mila dollari lordi all’anno (70 per cento) mentre fa alzare il sopracciglio il fatto che solo il 53 per cento degli over 65 abbia votato per lui (in Iowa aveva percentuali quasi bulgare in questa demografica).
Il quadro di chi ha votato per la Haley è decisamente diverso: quasi metà dei suoi elettori si è definito moderato. Sempre secondo gli exit poll, il 63 per cento degli elettori che si sono presentati per la prima volta alle primarie del GOP hanno votato per la Haley, contro il 31 per cento di Trump ma, a parte questi dati, ci sono molti intervistati che hanno chiaramente detto di averla votata solo per frenare l’ex presidente e che a novembre avrebbero comunque votato per Biden.
Mettendo a confronto le priorità dei due blocchi di votanti, sembra di parlare di due partiti diversi: se per metà dei sostenitori di Trump l’immigrazione illegale è il problema numero uno, la maggioranza di quelli della Haley pensa che l’economia sia più importante.
Il dato più significativo, però, è che solo il 51 per cento di chi si è presentato alle primarie del GOP ha detto che gli illegali andrebbero espulsi dal Paese. Visto che uno degli ultimi sondaggi, condotto da Harvard CAMS e Harris ha rilevato come il 68 per cento degli elettori probabili siano a favore di misure che rendano più difficile l’ingresso illegale nel Paese, il fatto che il 45 per cento degli elettori delle primarie del New Hampshire sia a favore di una sanatoria di fatto nei confronti degli illegali è più o meno la classica smoking gun.
Il cerchio si stringe attorno a Nikki
Appena le varie agenzie di stampa e televisioni hanno dichiarato la vittoria di Trump, Nikki Haley si è presentata ai suoi sostenitori per ammettere la sconfitta ma anche per rispondere alle speculazioni di chi si aspettava che gettasse la spugna. D’altro canto, era stata proprio lei a dichiarare che vincere in New Hampshire sarebbe stato uno step fondamentale per la conquista della nomination.
Passare da questa posizione a dichiarare che il risultato non è stato affatto l’incoronazione che Trump si aspettava il passo è lunghissimo. Se un suo portavoce ha dichiarato che “gli elettori meritano di essere consultati in altri stati”, il messaggio in arrivo dal Republican National Committee è di tutt’altro tenore. Intervistata dalla NBC News, Ronna McDaniel era stata chiarissima:
Se Trump dovesse far bene stasera, il messaggio dei votanti alle primarie sarebbe chiaro. Abbiamo notato come Trump, il governatore DeSantis ed il senatore Scott abbiano parlato di ritrovare l’unità. I Repubblicani sanno che se non riusciremo a schierarci a favore del nostro candidato non saremo in grado di battere Biden.
Il fatto che l’RNC e la stessa McDaniel non siano certo sostenitori sfegatati di Trump e del movimento America First segnala che la fronda all’interno del partito ha capito di aver perso questa battaglia e si prepara a baciare l’anello al vincitore. Il fatto che, poco dopo l’annuncio, abbia parlato il senatore John Cornyn, che dopo aver criticato pesantemente Trump per anni si è avvicinato forse controvoglia all’ala MAGA del partito, non è stato certo casuale. Per il senior senator del Texas, le primarie sono finite:
Ho visto abbastanza, per battere Biden i Repubblicani devono schierarsi dietro ad un solo candidato ed è chiaro che gli elettori repubblicani abbiano scelto il presidente Trump. Continuerò quindi a lavorare per eleggere una maggioranza repubblicana al Senato e riportare il presidente Trump alla Casa Bianca.
Uno alla volta, altri ex critici di Trump si sono fatti avanti, principalmente su X cantando la solita canzone: serrare i ranghi. Il senatore del Missouri Josh Hawley è più stringato di Cornyn ma altrettanto efficace: “Trump è il chiaro vincitore. Tempo di smetterla di lottare tra di noi e di unirsi per sconfiggere Biden”.
Più sarcastico, invece, il vecchio rivale di Trump Lindsey Graham: dopo che la Haley, nel suo discorso, aveva parlato di un sicuro successo nel suo stato, il senatore del South Carolina la pensa diversamente. “Gli elettori del mio stato non condividono la sua opinione del presidente Trump e lo renderanno chiaro a tutti quando saranno chiamati a votare”. Il fatto che sia lui che grandissima parte dell’establishment del GOP nello stato del sud si siano schierati con Trump non è un caso.
Ha fatto poi sorridere il fatto che la Haley abbia volutamente ignorato le prossime primarie, ovvero il caucus del Nevada del prossimo 8 febbraio. Come mai? Perché la sua campagna ha scelto di presentarsi alle primarie imposte per legge dallo stato invece di partecipare al caucus, l’unico modo per conquistare delegati alla convention. Sorvoliamo su questo pasticcio immondo e concentriamoci sul fatto che l’unico nome ad essere discusso nello stato del Nevada sarà quello di Trump, che farà bottino pieno di delegati.
Un’autorete mica male che, secondo l’ex sindaco di New York Rudy Giuliani, avrebbe l’effetto di un boomerang. Sentito a Nashua, dove Trump stava festeggiando la vittoria, le sue parole hanno il suono di una campana a morto: “Nikki Haley sta distruggendo la sua carriera nel Partito Repubblicano”.
Un grosso favore a Biden
Eppure, nonostante questo coro di voci che la stanno invitando chiaramente a farsi da parte, oggi Nikki Haley sarà ad un incontro pubblico a Charleston e sta già spendendo parecchi soldi per comprare spot pubblicitari nel South Carolina, per un totale stimato attorno ai 4 milioni di dollari. Non male, considerato che si voterà tra esattamente un mese, il 24 febbraio. Se i tanti donors democratici hanno riempito il cosiddetto war chest della sua campagna elettorale, la Haley sta spendendo come se non ci fosse un domani.
Considerato che la stessa MSNBC, rete che ha passato anni a gettare fango su Trump, stima che l’ex presidente potrebbe vincere in South Carolina di oltre 15 punti, come si spiega il fatto che la Haley rimanga in corsa? Perdere male nel proprio stato sarebbe un vero e proprio suicidio politico ma c’è chi sospetta che, in realtà, a Nikki interessi solo rimanere in piedi per qualche altra settimana. Vivek Ramaswamy non mena tanto il can per l’aia:
Il fatto che Nikki non si sia ritirata espone il lato più brutto di queste primarie: visto che non può sconfiggere Trump dalla porta principale, i burattinai che la controllano la stanno tenendo in piedi quanto basta per eliminare Trump dalle schede elettorali. Fa schifo ma è la verità.
I più maliziosi hanno poi fatto notare come ogni giorno in più che la Haley rimane in corsa è un giorno guadagnato dai Democratici. I 167 milioni di dollari mandati in fumo dai rivali di Trump per frenarne la corsa in solo due stati sarebbero stati utilissimi per fermare la macchina da guerra del DNC. A parte che in fatto di raccolta fondi Trump è messo benissimo, la sua campagna non ha nemmeno speso troppo, limitando le spese a soli 34 milioni. In realtà, secondo la Cnn, la pressione del partito sulla Haley è dovuta al fatto che l’entourage di Trump preferirebbe spendere soldi non in South Carolina ma negli swing states, quegli stati fondamentali a novembre.
Per il momento, molti si stupiscono del fatto che la Haley non sia stata ancora costretta ad alzare bandiera bianca come il rivale DeSantis, rimasto a corto di soldi. Dopo aver speso 68 milioni tra New Hampshire ed Iowa, rimanere in corsa costringerà la campagna di Trump ed i vari PAC a continuare a prosciugare le casse. Tra Nevada e South Carolina, sono già stati spesi ben 123 milioni, soldi che potrebbero fare miracoli nella lotta per allargare la maggioranza al Congresso e riconquistare il Senato.
Verdetto chiaro
Considerato che al momento Trump è avanti di almeno 30 punti in ogni stato dopo il New Hampshire, si capisce come i malumori nei confronti della Haley stiano superando il livello di guardia. Il verdetto del Granite State è stato cristallino: nonostante i tanti ‘infiltrati’ democratici, Trump ha battuto abbastanza agilmente il suo record di voti nel 2020. A meno di colpi di scena o entrate a gamba tesa della giustizia, queste primarie sono di fatto chiuse. Resta da capire se la Haley si rifiuti di accettare l’evidenza dei fatti o se sappia qualcosa che ignoriamo tutti.