Esteri

Tutta l’Europa sta diventando Francia: guerra civile nel nostro futuro?

Islam variabile fondamentale delle rivolte: grandi comunità di musulmani non assimilabili, l’unico razzismo è quello contro noi stessi

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A inizio anno – riprendendo un’intervista a Michel Houellebecq – abbiamo parlato del rischio di una guerra civile-etnica in Francia. Da tempo i servizi segreti e diversi generali dell’esercito francese hanno lanciato l’allarme: il pericolo di una vera e propria guerra civile su base etnica-religiosa è concreto. Dopotutto lo stesso Emmanuel Macron, uomo di sinistra, durante il suo primo mandato parlò di “separatismo islamico”.

I tanto sbandierati valori universali della Francia hanno fallito: persone profondamente diverse non vogliono (non possono?) vivere insieme. I francesi lo sanno bene, anche se con rassegnazione. Come nel caso delle rivolte del Black Lives Matter, la morte di individui appartenenti a quelle che per il momento sono delle minoranze, è solo un pretesto, un evento catalizzatore che dà il la ad uno sfogo stile “La notte del giudizio”.

I precedenti

Le rivolte che stanno infiammando la Francia a seguito dell’uccisione di un diciassettenne di origine magrebina da parte della polizia, non sono una novità. Nel 2005, in circostanze simili, all’epoca due ragazzini africani morirono fulminati in una cabina elettrica mentre fuggivano dalla polizia, scoppiarono delle rivolte in tutta la Francia che portarono a 2.599 arresti e 8.720 veicoli bruciati.

A queste grandi rivolte si potrebbero aggiungere anche i festeggiamenti violenti – che spesso sfociano in vandalismo – dei tifosi di origine africana che, non essendo assimilati, continuano a festeggiare le vittorie delle loro nazionali.

La variabile islamica

Dicevamo che queste rivolte hanno qualcosa in comune con quelle del movimento Black Lives Matter, con una variabile fondamentale: l’islam. Mentre negli Stati Uniti d’America l’elemento religioso è del tutto assente – se non vogliamo considerare l’ideologia woke una religione – in Francia c’è un substrato religioso che acuisce le differenze.

Tempo fa abbiamo parlato delle differenze fondamentali tra l’Europa e l’islam, qui ci limitiamo a ricordare le parole del politologo Giovanni Sartori:

Integrare pacificamente un’ampia comunità musulmana, fedele a un monoteismo teocratico che non accetta di distinguere il potere politico da quello religioso, con la società occidentale democratica […] dal 630 d.C in avanti la Storia non ricorda casi in cui l’integrazione di islamici all’interno di società non-islamiche sia riuscita.

Diciamolo fuori dai denti: grandi comunità di musulmani non sono assimilabili per il semplice fatto che sono gli stessi islamici a non voler rinunciare alla propria identità per vivere insieme agli europei come un unico popolo, e il razzismo non c’entra assolutamente nulla. Se vi è una forma di razzismo è solo quella contro noi stessi. Gli immigrati vengono qui per il benessere economico, non vogliono diventare “europei”.

Quale futuro?

Leonardo Sciascia ne “Il giorno della civetta” affermava che “forse tutta l’Italia va diventando Sicilia”. Parafrasando le parole dello scrittore siciliano potremmo dire che forse tutta l’Europa va diventando Francia. Non solo nei Paesi con grandi comunità islamiche, come Francia, Inghilterra, Belgio, Paesi Bassi, ma anche l’Italia è a rischio tribalizzazione e di questo pericolo non si parla mai abbastanza.

In conclusione, qual è il nostro destino? Dobbiamo scrollarci di dosso l’oicofobia, il senso di colpa, affermare con forza che la società multietnica è un palese fallimento e di conseguenza adottare tutte le misure necessarie per impedire un’Europa in fiamme. L’alternativa è quella che Michel Houellebecq descrive in “Sottomissione”:

Mi rendevo tuttavia conto, e ormai da anni, che lo scarto crescente, divenuto abissale, tra la popolazione e chi parlava in suo nome, politici e giornalisti, era destinato a portare a qualcosa di caotico, violento e imprevedibile. La Francia, come gli altri Paesi dell’Europa occidentale, si stava dirigendo da un pezzo verso la guerra civile, era evidente; ma fino a quegli ultimi giorni avevo ancora nutrito la convinzione che la grande maggioranza dei francesi continuasse a essere rassegnata e apatica – senza dubbio perché io stesso ero passabilmente rassegnato e apatico.

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