Adesso è più chiaro cosa intendesse il presidente Joe Biden quando, nel suo primo intervento dopo il voto di midterm, aveva affermato, riguardo l’ex presidente Trump, “dobbiamo assicurarci, sotto legittimi sforzi della Costituzione, che non torni presidente se corre”.
Ieri sera l’Attorney General Merrick Garland ha annunciato la nomina di un procuratore speciale con il compito di supervisionare le molteplici indagini del Dipartimento di Giustizia che coinvolgono l’ex presidente Donald Trump.
Ipotesi di reato
Si occuperà dell’indagine sulla presunta cattiva gestione di documenti classificati sequestrati a Mar-a-Lago, nonché di qualsiasi ipotesi di ostruzione alla giustizia dovesse emergere, cercando inoltre di capire se Trump o altri hanno tentato illegalmente di interferire con il trasferimento di poteri presidenziali e con il processo di certificazione elettorale – compresi ovviamente i fatti del 6 Gennaio.
Un raggio d’azione piuttosto ampio, diremmo una pesca a strascico, mentre nessun procuratore speciale sulle più puntuali ipotesi di illecito nei confronti di Hunter Biden.
Tempismo sospetto
Più che sospetto il tempismo della nomina, che evidentemente era già pronta nel cassetto di Garland per essere ufficializzata nel caso in cui Trump avesse annunciato la sua ricandidatura alla Casa Bianca (“dobbiamo assicurarci, sotto legittimi sforzi della Costituzione, che non torni presidente se corre”, le parole di Biden).
E infatti l’annuncio dell’AG Garland arriva a soli quattro giorni dalla ricandidatura di Trump alla Casa Bianca e il giorno dopo che i Repubblicani della Camera hanno dichiarato che condurranno indagini sugli affari esteri del presidente Biden e di suo figlio Hunter, quando il Gop assumerà il controllo nel gennaio 2023.
Una lettura forzata la nostra? Non sembrerebbe. Lo stesso Garland ha riconosciuto che il proseguimento delle indagini contro un candidato presidenziale potrebbe esporre il Dipartimento di Giustizia ad accuse di politicizzazione e per questo ha nominato un procuratore speciale.
Sulla base dei recenti sviluppi tra cui l’annuncio dell’ex presidente di essere candidato alla presidenza alle prossime elezioni, e l’intenzione dichiarata del presidente in carica di essere anch’esso candidato, ho concluso che è nell’interesse pubblico nominare un consigliere speciale.
Un film già visto
Insomma, sappiamo già cosa deve aspettarsi Trump nei prossimi due anni. Tutti ricordiamo l’inchiesta sul Russiagate del procuratore speciale Robert Mueller, che ha avvelenato i pozzi del dibattito politico americano e minato la presidenza Trump per gran parte della sua durata, per poi finire in un nulla di fatto.
L’indagine durerà guarda caso un paio d’anni, che saranno scanditi da regolari leak e aggiornamenti attraverso la stampa amica per suggerire al pubblico l’esistenza di chissà quali prove a carico dell’ex presidente, fino a quando – dopo le primarie se Trump dovesse perderle, o dopo le presidenziali se dovesse vincerle – non verranno rese note le conclusioni dell’indagine, anche in questo caso con un nulla di fatto.
Quel segnale a Trump dopo le midterm
Qualcuno potrebbe sospettare che Trump si sia ricandidato apposta per potersi difendere dall’indagine facendo leva sul ruolo di vittima di una persecuzione politica. Ci sta, anche se l’ego smisurato dell’ex presidente consiglierebbe di propendere per una spiegazione più banale: la voglia di rivincita personale.
Ma soprattutto, sembra piuttosto che Trump potesse realisticamente sperare di essere lasciato in pace se non avesse annunciato di correre di nuovo per la Casa Bianca.
Tant’è che un segnale in questo senso era arrivato pochi giorni prima il suo annuncio – ma guarda caso dopo le midterm – dai funzionari federali, che attraverso il fedele Washington Post avevano deciso di far trapelare informazioni a discarico di Trump riguardo al raid di Mar-a-Lago.
Dall’indagine non era emerso alcun apparente vantaggio d’affari per la tipologia di informazioni riservate in suo possesso. Anche gli interrogatori dei testimoni condotti dall’FBI, riferivano le stesse fonti, non indicavano alcun nefasto tentativo da parte di Trump di sfruttare, vendere o utilizzare i segreti governativi. Invece, l’ex presidente sembrava motivato da un desiderio più elementare di non rinunciare a ciò che credeva fosse di sua proprietà.
Insomma, sembrava quasi un avviso di imminente chiusura del caso. Forse per indurre Trump a rinunciare alla candidatura? Fatto sta che la decisione di ieri di nominare un procuratore speciale per proseguire le indagini sembra confliggere con il leak di pochi giorni fa al Washington Post.
Se pochi giorni fa il DOJ faceva sapere di non avere indicazione di alcun intento nefasto dell’ex presidente nel trattenere documenti classificati nella sua residenza, allora sorge davvero il sospetto di una motivazione politica: perseguitarlo durante tutta la campagna.
Passaggi chiave
Riepiloghiamo i passaggi, tutti in una decina di giorni: (1) I Repubblicani riconquistano il controllo della Camera, (2) Trump annuncia la sua ricandidatura alla Casa Bianca, (3) I Repubblicani alla Camera annunciano indagini sugli affari all’estero di Hunter e Joe Biden, (4) l’AG Garland nomina un procuratore speciale per indagare su Trump.
Il procuratore speciale
Il procuratore speciale scelto da Garland, Jack Smith, è stato un procuratore di crimini di guerra a L’Aia, ma negli Usa è noto anche per essere stato a capo della Sezione Integrità Pubblica del Dipartimento di Giustizia, dove sovrintendeva alle indagini di corruzione e relative alle elezioni.
Proprio ricoprendo questo ruolo, al quale fu nominato dall’AG di Obama, Eric Holder, Smith ha dato prova della sua faziosità politica. Nel 2014, infatti, ottenne la condanna del governatore repubblicano della Virginia Bob McDonnell (e di sua moglie) per corruzione, subendo però la cocente umiliazione, nel 2016, di vedersi annullata la condanna dalla Corte Suprema, all’unanimità. Tre mesi dopo, il DOJ annunciava di rinunciare al caso.
La reazione di Trump
Scontata la reazione di Donald Trump alla notizia della nomina di un nuovo procuratore speciale: “Ho passato tutto questo per sei anni – per sei anni – e non lo passerò più… Spero che i Repubblicani abbiano il coraggio di combatterlo”, ha commentato a Fox News. “Non ho intenzione di prenderne parte. Non ho intenzione di accettarlo“.