Esteri

Un potente Mattarella all’Eliseo: ecco il vero piano di Macron

Macrone sa già di perdere, ma spera in una empasse che gli conservi il ruolo di regista. Quello che da noi ebbe Mattarella nella passata legislatura. Realizzabile?

Macron (BBC)

È un Macrone massacrato, ad aver convocato le elezioni parlamentari in Francia, a tambur battente e brevissima scadenza.

La legge elettorale

In palio ci sono 577 collegi uninominali, in premio c’è una maggioranza assoluta di almeno 289 seggi alla Assemblea Nazionale. Ciascun candidato si può presentare in un solo collegio. I singoli seggi verranno vinti da chi avrà più della metà dei voti espressi al primo turno o, in difetto, da chi – avendo ottenuto voti almeno pari al 12,5% degli iscritti alle liste elettorali – avrà più della metà dei voti espressi al secondo turno.

I tre fronti in partita

Pur in una confusione apparentemente generale, in ciascun collegio si presenteranno tre candidati significativi: uno di destra, uno di sinistra, uno macroniano.

Il candidato di destra sarà espressione di Marine Le Pen e del suo candidato primo ministro Jordan Bardella per il Rassemblement National (RN-Raduno nazionale, o Raggruppamento nazionale, forse 517 collegi assegnati); nonché del presidente e di parte del partito gollista Les Républicains (LR-I Repubblicani, forse 60 collegi assegnati); chissà forse da qualche transfugo in uscita dal movimento Reconquête (REC-Riconquista) del già brillante polemista Éric Zemmour.

Il candidato di sinistra sarà espressione (in ordine crescente di presenza): del Partito Comunista Francese (PCF, 50 collegi assegnati); dei Verdi (EELV-Europe Écologie Les Verts, 92 collegi assegnati); del Partito Socialista (PS, 175 collegi assegnati); di Jean-Luc Mélenchon con la sua La France Insoumise (LFI, 229 collegi assegnati).

Il candidato macroniano sarà espressione del partito personale del presidente della Repubblica, Renaissance (RE-Rinascimento); dei suoi satelliti centristi; nonché di quanti transfughi da destra e sinistra riuscirà a raccogliere.

Resterebbe il candidato di quel pezzo di LR che non passerebbe subito a destra, ma che già promette di votarla al secondo turno. Ed il candidato di quel pezzo di REC restato con Zemmour, ma che ben difficilmente al secondo turno voterebbe a sinistra o per Macrone.

I sondaggi

Ciò che conta è accedere al secondo turno. E già si dice che ad accedervi saranno solo in due: il candidato di destra e quello di sinistra. Salvo che in quei 41 sparuti collegi, nei quali si farà vedere al secondo turno pure un candidato macroniano.

Non solo, pure quando si farà vedere al secondo turno, il candidato macroniano potrebbe comparirvi da terzo incomodo – quello che ha appena superato la soglia del 12,5% – cioè, senza speranza di successo. Né v’è possibilità alcuna che la campagna elettorale – per la sua brevissima durata – cambi tale stato di cose.

Destra in via di melonizzazione

Destra e sinistra già si spartiscono le spoglie del macronismo. Quanto alla prima, già abbiamo scritto che la consideriamo opportunamente lontana dal gretinismo ma, purtroppo, abbastanza vicina al putinismo.

Abbiamo anche scritto di non escludere una incipiente melonizzazione, in quanto “a portata di mano sono la prospettiva e le necessità del potere”. E, in effetti, Le Pen e Bardella hanno appena pubblicato otto punti di programma in politica interna, finanziariamente piuttosto moderati. Mentre Bardella ha promesso cautela ed una benvenuta consapevolezza circa la vera debolezza francese: i conti esteri.

Ancora poco in politica estera, coi suoi riflessi finanziari giacché è anche dall’atlantismo che discende la stabilità finanziaria, sin qui tanto bene assicurata alla atlantissima Meloni. Ma non disperiamo che la destra francese ci riservi buone sorprese.

Sinistra per Hamas

Quanto alla sinistra, sembra di assistere ad una brutta riedizione della gioiosa macchina da guerra di italiana memoria. Con tutto l’apparato formato da “giudici comunisti”, media di Stato antifa, ricorsi alla Corte Costituzionale. Con la sola particolarità che, alla carovana, qui si aggiunge pure la Gran Moschea di Parigi.

In ogni caso, una sinistra convintamente adepta del gretinismo e del putinismo. Certo, di questo secondo con l’eccezione del PS, ma abbondantemente compensata dal fervore dell’alleato maggiore, LFI: che spinge il proprio putinismo sino a sostenere col cuore Hamas.

Senza che manchino le chicche: ad esempio il segretario del PCF che si propone per il posto di primo ministro … come se noi a Chigi ci mettessimo Fratoianni. Roba che manco al circo. Un insieme inguardabile, per noi ma non necessariamente per molti francesi. Qui vivra verra.

Macronisti disperati

In mezzo i macroniani, schiacciati come un Renzi o un Calenda qualunque. La loro speranza è che i partiti di centrodestra e centrosinistra (LR e PS) esplodano. O che i loro elettori, comunque, preferiscano il candidato macroniano in quei collegi dove troveranno un candidato non del proprio partito, ma di un partito alleato. Così, il pessimo ministro dell’interno Darmanin dice di non voler votare, al ballottaggio, un candidato LFI o RN … cioè, tradotto, voterà per un candidato PS o LR e lo stesso favore vorrebbe in cambio.

Qualche voto lo sperano pure dagli elettori di Zemmour – così il ministro della giustizia Dupond-Moretti – pur facendo trasparire il proprio immutato senso di schifo (“les Zemmouristes ou Zemmouriens, je ne sais pas comme il fauts les appeller”).

Speranzielle, come si vede, molto poco di concreto. La vittima predestinata, delle elezioni anticipate volute da Macrone, è il suo proprio partito: sorpreso sul tempo, fottuto dal proprio padre-padrone in velocità.

La triangolarità

Certo i macroniani si difendono, denunciando le estreme come attentatrici dei valori costituzionali – che in Francia si dicono repubblicani – sino a ribattezzarsi “Ensemble pour la République”, che noi tradurremmo come Insieme per la Costituzione.

Ma tale denuncia estremizzante può risultare controproducente, in quanto il rischio-destra ed il rischio-sinistra faranno aumentare la mobilitazione dell’elettorato di sinistra e destra rispettivamente … non solo quella dell’elettorato macroniano.

Per di più, maggiore sarà l’affluenza, maggiore è il numero di voti che i macroniani debbono assolutamente ottenere per essere presenti al secondo turno. Il che, per un polo che la estremizzazione avrà ridotto al rango di raccoglitore del voto di opinione, potrebbe risultare proibitivo. A valere pure sul secondo turno, per quei macroniani che lo avranno raggiunto come terzi votati: in tal caso si parla di triangolarità e il terzo inseguitore ha sempre la vita molto grama.

Scurati all’Eliseo

Tutto ciò non è segreto e deve essere ben noto pure a Macrone. La cui scelta di convocare nuove elezioni è stata variamente spiegata. C’è chi ricorre alla psicologia, come il direttore de Le Figaro Alexis Brézet. C’è chi invoca la ormai manifesta incapacità macroniana di porre rimedio alla crisi dei conti pubblici ed esteri. C’è chi immagina – come il quotidiano Bild – una perversa volontà di far fallire la destra alla prova di governo.

Lo stesso Macrone ha predetto che la destra non rispetterà lo stato di diritto, suggerendo un piano che somiglia enormemente a quello che lo stesso Macrone aveva preparato per Meloni … ma non ha funzionato. E, certamente, se la destra dovesse conquistare la maggioranza assoluta dell’Assemblea Nazionale, dall’Eliseo Macrone produrrebbe una lagna continua di richiami ai valori repubblicani ed ai valori leuropei. Coi suoi discorsi lunghissimi e noiosissimi. Una sorta di Scurati presidente della Repubblica, diciamo.

Un potente Mattarella all’Eliseo

Ma v’è pure il caso che né destra, né sinistra conquistino la maggioranza assoluta dell’Assemblea Nazionale. E che nemmeno riescano a guadagnarla dentro il Parlamento, come fece Berlusconi nel 1994.

In tal caso, Macrone punta a manovrare in parlamento, alleandosi con una delle due parti – non necessariamente quella che avrà quasi-vinto -, ovvero con pezzi di una e dell’altra. In cambio offrendo i propri voti in parlamento e la propria collaborazione presidenziale … in Francia addirittura più importante che in Italia. Ad esempio, potrà offrire di non scegliere la Nuova commissione leuropea al programmato summit del 28 giugno (due giorni prima del primo turno francese). Se l’offerta verrà accettata, egli si trasformerà in una sorta di potente Mattarella presidente della Repubblica, diciamo.

Perciò, è sbagliato dire che la strategia di Macrone sia quella del caos (“la stratégie du chaos”). Se non nei termini politici di una Francia disabituata alle coalizioni: ciò che i francesi chiamano caos è ciò che noi chiamiamo maggioranza formata in parlamento. Questo vuole Macrone ed è la sua ultima chance. Quanto realizzabile, è troppo presto per dire.

Conclusioni

In definitiva, Macrone sa già di perdere le elezioni e di perderle male. Ma spera in una empasse che gli conservi il ruolo di regista che già, da noi, ebbe Mattarella nella passata legislatura. Chissà se ha in mente pure un governo tecnico. Nel qual caso, gli regaleremmo Monti, volentieri e con biglietto di sola andata.