Un vice per la vita. Trump sceglie Vance, uno più trumpiano di lui

Un figlio della Rust Belt. Decisivo l’attentato, il messaggio è: il movimento MAGA va oltre il nome Trump. Se fate fuori me, avrete uno più trumpiano di me

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Non ci sono calcoli di bassa politica, equilibrismi di partito o il tentativo di accattivarsi questa o quella categoria di elettori, nella scelta di James David Vance come suo vice. Non il classico ticket che serve a rendere in qualche modo più bilanciata la proposta di un partito per la Casa Bianca. Piuttosto, una scelta fortemente identitaria, per portare a compimento la trasformazione del Gop e forse anche con l’idea di offrire una prospettiva al movimento MAGA (Make America Great Again), di proiettarlo oltre il nome Trump.

“In palio qui non ci sono le elezioni, nessuna di queste persone è in grado di influenzare l’esito del voto”, ha spiegato Robert Lighthizer al Wall Street Journal parlando dei nomi che circolavano per il ticket repubblicano. “Ciò che è davvero in palio è in che direzione il partito e il Paese intendono andare. J.D. Vance ci trasporterebbe vent’anni nel futuro“.

Un ragazzo della Rust Belt

Si sbaglia di grosso chi vede in Vance uno yesman o un’imitazione dell’originale. Senatore dell’Ohio, 39 anni, cattolico convertito, moglie di origini indiane, Vance incarna i principi del nuovo movimento conservatore anche più di colui che per primo ha saputo dargli un volto e una voce, Donald Trump. Se l’ex presidente è noto per la sua imprevedibilità e capacità di spiazzare, giocare tra le linee, Vance sembra avere la coerenza e il rigore dell’ideologo.

In un certo senso, viene prima Vance di Trump. La sua biografia parla per lui. Non ci troviamo di fronte ad un personaggio banale. Veterano dei Marines, laureato con lode all’Università Statale dell’Ohio e in legge a Yale, avvocato, scrittore, imprenditore di successo e brillante oratore.

Ma soprattutto un figlio della working class bianca americana, dalla cui perdita di status nasce “America First”. Vance diventa famoso proprio nel 2016, l’anno della vittoria di Donald Trump, come autore del libro “Hillbilly Elegy. A Memoir of a Family and Culture in Crisis” (“Elegia americana. Storia di una famiglia e di una cultura in crisi”), diventato un best seller per la capacità di rappresentare le ragioni del successo di Trump. “La voce della Rust Belt”, lo definì il Washington Post; per il New York Times “uno dei sei migliori libri per aiutare a comprendere la vittoria di Trump”.

Da Never Trump a trumpiano

Ma Vance non nasce trumpiano. Tutt’altro. Nel 2016 veniva citato da Hillary Clinton e invitato dalla Cnn. Ed era fermamente contro Trump, che arrivò a definire “l’Hitler americano”. Un trasformista, un cambia-casacca dunque? No. Vance ha cambiato idea sull’uomo e presidente Trump ma i suoi principi sono rimasti invariati, assicurano i conoscenti di lunga data. Ha descritto la sua conversione da Never Trump a fervente trumpiano come una rivelazione, come se avesse ingerito una “pillola rossa”.

L’incontro con Trump nella primavera del 2021 a Mar-a-Lago, accompagnato dal venture capitalist Peter Thiel. Si è fatto notare dalla famiglia Trump per le sue posizioni sull’Ucraina durante le primarie repubblicane per il seggio senatoriale dell’Ohio, fino a ottenere l’endorsement di The Donald e a vincere con un cospicuo margine le elezioni nel novembre 2022 contro il deputato democratico Tim Ryan.

Una polizza vita

Perché Trump lo ha scelto? Innanzitutto, l’ex presidente non vuole commettere l’errore del 2016. Dopo la vittoria delle primarie repubblicane Trump decise di tendere la mano all’establishment Gop scegliendo come suo vice Mike Pence, ritrovandosi però l’amministrazione piena di funzionari infedeli che non solo hanno contrastato la sua agenda, hanno anche minato la presidenza giocando di sponda con i Democratici e il Deep State.

Ma un peso decisivo nella scelta di ieri lo ha avuto a nostro avviso l’attentato fallito di sabato in Pennsylvania. Possibile che avrebbe comunque scelto Vance, ma può averlo aiutato a rompere gli indugi. Il nome di Vance può rappresentare per Trump una sorta di polizza vita: se fate fuori me, avrete uno ancora più trumpiano di me. Scegliendo un repubblicano tradizionale come Marco Rubio o Nikky Haley avrebbe forse incoraggiato un nuovo tentativo di assassinarlo.

La raccolta fondi

Ovvio che come figlio della Rust Belt può aiutare Trump a conquistare gli stati in bilico del Midwest, a cominciare dall’Ohio, fondamentali per tornare alla Casa Bianca. A favore di Vance anche il suo successo non solo tra la classe media impoverita, ma anche tra i miliardari. Poche settimane fa ha organizzato una raccolta fondi da 12 milioni di dollari nella “democratica” Silicon Valley. Padrone di casa David Sacks, investitore e podcaster che sostenne Hillary Clinton nel 2016 e restò neutrale nel 2020.

Contro le endless wars

Isolazionista? Certamente contrario all’internazionalismo democratico. In Senato è stato il principale oppositore di ulteriori aiuti all’Ucraina, comunque passati due volte, ma anche fermo sostenitore di Israele e “falco” sull’Iran. Dopo l’11 Settembre si è arruolato nei Marines e ha servito in Iraq. Da qui la sua disillusione per il coinvolgimento Usa all’estero, per le cosiddette endless wars. Troppe guerre che l’America ha aperto o in cui si è lasciata coinvolgere non sapendo o non volendo vincere.

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