Una “Rete della libertà”: ecco la dottrina Truss in politica estera

La visione della premier UK: Onu e G20 hanno fallito, l’ordine internazionale preservato meglio da una rete di democrazie assertive. Libero scambio sì ma “fair”, basta ingenuità

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Sulla nuova premier conservatrice Liz Truss, al suo primo giorno da capo del governo britannico, iniziano già a circolare le solite leggende nere. Dicono di lei che odi i russi e che voglia dichiarare loro guerra, che voglia premere il bottone (in una citazione piuttosto frequente, le attribuiscono la frase “voglio avere l’onore di premere il bottone nucleare”), che sia una specie di Dottor Stranamore in gonnella che farà estinguere l’umanità.

Quel che manca, nelle analisi affrettate di chi deve tracciare il profilo della nuova leader britannica, è la visione di insieme della sua politica estera. Eppure, il 27 aprile scorso, nel banchetto pasquale offerto nella sede del Comune di Londra, l’ha esposta per filo e per segno.

Sostegno all’Ucraina

La nuova premier, sicuramente, intende continuare il sostegno all’Ucraina, come il precedente governo Johnson. E lo fa sulla base degli stessi principi che hanno spinto il Regno Unito a combattere nella Prima e nella Seconda Guerra Mondiale:

“Coloro che pensano di poter vincere con l’oppressione, la coercizione o l’invasione sono stati smentiti. Non solo dobbiamo dissuadere, ma anche garantire che gli aggressori falliscano nel loro intento. Non possiamo essere accondiscendenti: il destino dell’Ucraina è in gioco. Ma siamo chiari: se Putin avrà successo, la miseria in Europa sarà incalcolabile e le conseguenze in tutto il mondo saranno terribili. Nessuno si sentirebbe più al sicuro. Dobbiamo quindi prepararci a una lotta di lungo periodo. Dobbiamo raddoppiare il nostro sostegno all’Ucraina. E dobbiamo anche perseverare nell’unità dimostrata durante la crisi. Dobbiamo riavviare, rifondare e rimodellare il nostro approccio”.

L’ordine internazionale

Quel che la Truss chiede di cambiare è semmai l’aspetto istituzionale dell’ordine internazionale:

“Siamo onesti. L’architettura disegnata per garantire pace e prosperità ha fallito in Ucraina. Le strutture economiche e di sicurezza sviluppate dopo la Seconda Guerra Mondiale e la Guerra fredda sono state piegate a tal punto da consentire l’aggressione anziché contenerla. La Russia è in grado di bloccare qualsiasi azione efficace al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Putin interpreta il suo potere di veto come un salvacondotto per la barbarie. Ha abbandonato il Nato-Russia Founding Act e il Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa. Ha violato diverse misure sul controllo degli armamenti. Il G20 non può funzionare come organismo economico efficace se la Russia continua ad esserne membro”.

Questo potrebbe essere il punto dolente nelle prossime relazioni fra Stati Uniti e Regno Unito, perché il presidente Usa Joe Biden, da Democratico, più ancora che da statunitense, continua a vedere nell’Onu il centro della governance globale, riprendendo ad investirvi molto, dopo gli strappi di Donald Trump.

Ma Liz Truss con cosa intende sostituire l’Onu? Da conservatrice, come Margaret Thatcher, ritiene che l’ordine internazionale possa essere preservato meglio da una rete di democrazie indipendenti:

“La mia visione è quella di un mondo in cui le nazioni libere sono assertive e in ascesa. Dove la libertà e la democrazia si rafforzano attraverso una rete di partenariati economici e di sicurezza. Dove gli aggressori sono contenuti e costretti a prendere una strada migliore”.

La globalizzazione non basta

La globalizzazione, da sola, non basta. Se si punta all’integrazione delle dittature, nello stesso sistema e con le stesse regole, non si fa altro che rafforzarle. Come è stato nel caso della Russia di Putin:

“Abbiamo dato per scontato il progresso, invece di usare la necessaria tattica del bastone e della carota. E leader come Putin hanno rifiutato l’opportunità di cambiare perché temevano di perdere il controllo. Invece hanno preso i soldi del petrolio e del gas e li hanno usati per consolidare il potere e ottenere una maggior influenza all’estero. Ora abbiamo bisogno di un nuovo approccio, che unisca la sicurezza fisica a quella economica, che costruisca alleanze globali più forti e in cui le nazioni libere siano più assertive e sicure di sé, che riconosca che la geopolitica è tornata”.

Quale approccio? “Il libero scambio e i liberi mercati sono il motore più potente del progresso umano. Noi sosterremo sempre la libertà economica”.

Ma… “Ma il libero commercio deve essere equo, e questo significa rispettare le regole. Per troppo tempo molti siamo stati ingenui riguardo al potere geopolitico dell’economia. Gli aggressori la trattano come uno strumento di politica estera, utilizzando il clientelismo, gli investimenti e il debito come mezzi per esercitare il controllo e la coercizione. Il loro approccio è spietato”.

Quindi: “È tempo di essere saggi. L’accesso all’economia globale deve dipendere dal rispetto delle regole”. Dunque: non ripetere più errori come quello di introdurre la Cina nel Wto senza che ne rispettasse i parametri, o la Russia nel G7 senza che ne fosse all’altezza.

Una “Rete della Libertà”

Ma il punto centrale del discorso è la necessità di un’alleanza fra le democrazie. Una “Rete della libertà”, come la chiama la Truss, che subentri all’attuale ordine mondiale in cui democrazie e dittature hanno pari diritto di voto. Si tratterebbe di costruire su alleanze e istituzioni che esistono già:

“In un mondo in cui gli attori aggressivi cercano di minare le istituzioni multilaterali, sappiamo che i gruppi bilaterali e multilaterali avranno un ruolo maggiore. Organizzazioni come la Nato, il G7 e il Commonwealth sono fondamentali. Dovremmo continuare a rafforzare la nostra presenza nella Nato con legami in tutto il mondo, come la Joint Expeditionary Force guidata dal Regno Unito, la 5 Eyes (partenariato per la condivisione dell’intelligence fra Regno Unito, Usa, Canada, Australia e Nuova Zelanda, ndr) e la partnership Aukus che abbiamo con gli Stati Uniti e l’Australia. E vogliamo continuare a far crescere i nostri legami con Paesi come il Giappone, l’India e l’Indonesia. Dovremmo anche basarci sul forte nucleo che abbiamo nel G7. Durante la presidenza britannica dello scorso anno sono stata lieta di portare al tavolo amici come Australia, Corea, India, Sudafrica e i Paesi dell’Asean. Il G7 dovrebbe agire come una Nato economica, difendendo collettivamente la nostra prosperità. Se l’economia di un partner è presa di mira da un regime aggressivo, dovremmo agire per sostenerlo. Tutti per uno e uno per tutti”.

Piaccia o meno, questa è una visione strategica per l’Occidente, contrariamente alla politica di piccolo cabotaggio di molti, troppi, leader europei continentali. Nella “Rete della libertà”, l’Ue dovrebbe essere uno dei nodi strategici fondamentali, se non altro perché di democrazie liberali ne include ben 27.

Eppure vediamo che la maggior preoccupazione dei leader di Bruxelles, di fronte all’ascesa della nuova premier, sia ancora quella di danneggiare il Regno Unito, sfruttando la partita aperta della frontiera di terra irlandese.

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