Esteri

Una visita carica di significati: l’Occidente è tornato e l’Ucraina ne fa parte

Non solo un omaggio alla resistenza degli ucraini, ma un messaggio agli alleati recalcitranti (indietro non si torna) e a Mosca (la passeggiata a Kiev l’ha fatta Biden)

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La visita a sorpresa del presidente degli Stati Uniti a Kyiv è, sotto il profilo simbolico, la riedizione di quella di Zelensky a Washington lo scorso dicembre. Dal punto di vista politico, però, assume un significato ancora più rilevante, visto che questa volta non è il capo di Stato della nazione aggredita a spostarsi per incontrare il suo omologo d’oltreoceano ma il massimo rappresentante della superpotenza democratica a rendere omaggio all’alleato sotto attacco.

L’incontro di ieri tra i due presidenti suggella il patto tra i rispettivi Paesi e l’impegno americano di assistere l’Ucraina fino alla liberazione dall’occupazione russa. In questo senso, il gesto di Biden si inserisce nel solco della grande tradizione anti-totalitaria dei discorsi di Kennedy e Reagan a Berlino durante la Guerra Fredda. Con la differenza che, stavolta, l’Ucraina è lo scenario di un conflitto reale.

La visita

In base a quanto riportato dal New York Times, il viaggio segreto di Biden è avvenuto in treno dal confine con la Polonia, dove in un primo momento era stato annunciato l’incontro bilaterale.

Secondo fonti ufficiali, il POTUS sarebbe partito domenica mattina da Washington senza preavviso – per ragioni di sicurezza – mentre i bollettini della Casa Bianca confermavano solo la sua presenza per la giornata di ieri in “Europa Orientale”. Poche ore prima dell’arrivo nella capitale ucraina gli Stati Uniti avrebbero informato Mosca.

Accolto da Zelensky e da sua moglie Olena, Biden ha ricordato la notte in cui il presidente lo chiamò per annunciargli l’inizio dell’invasione, ha lodato a più riprese “il coraggio e l’eroismo dei cittadini ucraini” e ha dichiarato che “la guerra di conquista russa sta fallendo”. Ne è seguito l’annuncio di un ulteriore pacchetto di aiuti militari per un totale di 500 milioni di dollari, comprendente munizioni per gli Himars e missili Javelin.

Finché sarà necessario

Sono molti i messaggi politici che si possono ricavare dalla presenza di Biden a Kyiv, nel nono anniversario del massacro dei manifestanti dell’Euromaidan, ordinato dall’ex presidente Yanukovich, e a un anno dall’invasione decisa da Putin.

Il primo, e il più ovvio, è che gli Stati Uniti rimarranno al fianco dell’Ucraina fino a quando sarà necessario per respingere l’aggressione russa. Non esistono soluzioni intermedie che possano garantire la pace e la sicurezza in Europa se non il ritiro delle truppe di Mosca dal territorio ucraino.

Kiev nell’Alleanza

Il secondo, non meno importante, è che l’Ucraina è ormai considerata da Washington come un membro a pieno titolo e di primo piano dell’alleanza occidentale: il suo futuro è in Europa, insieme alle democrazie liberali, e la visita di Biden apre definitivamente il cammino di Kyiv verso l’adesione alla Nato o qualcosa che vi assomigli molto.

Dopo la scelta di Svezia e Finlandia e il riarmo annunciato della Polonia, un altro grande successo della strategia annessionista del Cremlino.

La passeggiata nelle fantasie di Putin

La passeggiata nel centro di Kyiv insieme a Zelensky, con le sirene antiaeree in sottofondo – potenza delle immagini – comunica poi a Mosca che la situazione è sotto controllo e che né l’Ucraina né gli Stati Uniti temono le minacce di Putin. Non a caso i propagandisti del Cremlino, sulle televisioni russe, erano ieri in preda a una sorta di isteria collettiva e parlavano senza mezzi termini di “umiliazione nazionale”, auspicando ritorsioni esemplari.

Quella camminata era nelle fantasie di Putin quando lanciò l’operazione speciale un anno fa: Kyiv conquistata in 72 ore, editoriale della vittoria e trionfo dello zar nelle strade della capitale ucraina.

Dodici mesi dopo, ad essere accolto come un eroe dai cittadini e da uno Zelensky ancora saldamente in sella è il presidente degli Stati Uniti, mentre Putin è costretto a muoversi perfino in patria all’interno di un treno blindato.

Messaggio alla vecchia Europa

Ma c’è anche un quarto aspetto da sottolineare, e riguarda la vecchia Europa: dopo Kyiv, Biden visiterà la Polonia, nazione essenziale nella gestione della crisi ucraina. È un chiaro segnale di fiducia e di solidarietà nei confronti delle nazioni centro-orientali del continente, sottomesse a Mosca fino alla liberazione nel 1989 e oggi in prima linea nella difesa dei principi della democrazia liberale contro l’aggressione di un altro regime dittatoriale, erede diretto del KGB.

Dall’altra parte le grandi capitali europee occidentali, con i loro proverbiali tentennamenti: Berlino trascinata dagli eventi ma riluttante per definizione (e interesse) al confronto con la Russia, Parigi impegnata in un ambiguo gioco di distinguo che possano in qualche modo salvare la faccia all’aggressore, Roma persa nelle sue diatribe interne e ricattata dalle quinte colonne putiniane nelle istituzioni.

Indietro non si torna

La visita a sorpresa di Biden a Zelensky non è un semplice omaggio ai difensori dell’Ucraina, ma un richiamo alla responsabilità delle nazioni recalcitranti, che rifiutano di riconoscere il carattere esistenziale di questo conflitto voluto e provocato dal regime putiniano.

Indietro non si torna, fanno sapere i due presidenti, la libertà e la sovranità dell’Ucraina non sono negoziabili, chi cerca scorciatoie o accordi sottobanco è destinato al fallimento, dato che la sicurezza dell’intero continente dipende dalla sconfitta della Russia di Putin.

Se la Conferenza di Monaco ha mostrato un generale consenso sulla necessità di appoggiare ad oltranza lo sforzo bellico ucraino, alle parole dovranno seguire i fatti, e il viaggio di Biden non basta da solo a garantire la vittoria.

Ma i simboli sono importanti in un teatro di guerra. Mentre Putin prepara il suo discorso alla nazione e accoglie a Mosca il capo della diplomazia cinese, Zelensky riceve a Kyiv – da alleato – il leader della più importante democrazia del pianeta. Se a qualcosa è servita la guerra russa è a dimostrare che l’Occidente – non come espressione geografica ma come casa comune dei valori liberal-democratici – è tornato, e che l’Ucraina ne è parte integrante.

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