La notizia che Stati Uniti e Unione europea starebbero aprendo alla possibilità di un negoziato tra ucraini e russi sembrerebbe un preludio ad un accordo di “pace” in cui l’aggressore viene ricompensato e la vittima risarcita. Potrebbe esserci questo dietro la raffica di visite a Kiev della scorsa settimana, da parte del segretario di Stato americano Antony Blinken e del segretario alla difesa Lloyd Austin, per non parlare del ministro della difesa tedesco Boris Pistorius.
Naturalmente, le visite hanno avuto la copertura politica di annunci di un maggiore sostegno alle forze armate ucraine, in crisi di risultati sul campo, ma per alcuni analisti non era questo il vero obiettivo. Si vocifera che il presidente Usa Joe Biden non voglia che il conflitto sia ancora in corso durante la campagna presidenziale del 2024 o, addirittura, in occasione del vertice per i 75 anni della Nato a Washington il prossimo luglio.
Si inizia a ipotizzare che un qualsiasi accordo di pace richiederebbe senza dubbio che l’Ucraina ceda il 20 per cento circa del suo territorio ai russi, che quindi potrebbero mantenere gran parte del Donbass e della Crimea (che hanno preso illegalmente con la forza), così come Mariupol, l’importante porto ucraino per il grano sul Mar Nero.
Troppo poco, troppo tardi
Appare oggi evidente che quanto ipotizzato da molti analisti a maggio si è concretizzato, e cioè che le 28 brigate ucraine addestrate ed equipaggiate dall’Occidente non avevano il peso militare necessario per sfondare le linee difensive russe nel sud e nell’est dell’Ucraina. Ciò è dovuto sia in parte al fatto che lo Stato maggiore russo aveva imparato alcune lezioni dolorose dall’inizio della guerra, sia all’evidenza che l’Occidente ha impiegato troppo tempo per consegnare le forniture, giudicate da alcuni relativamente limitate, di armi che aveva promesso.
L’impiego esteso dell’artiglieria è la caratteristica distintiva di questa guerra lanciata da Mosca e ora emerge che l’Ue non riuscirà a consegnare il milione di proiettili promessi a Kiev entro il prossimo marzo, principalmente a causa dell’incapacità di aumentare rapidamente la produzione di armi.
Nel frattempo, la Russia avrebbe ricevuto oltre 1 milione di proiettili di artiglieria dall’inizio di agosto dalla Corea del Nord, questo chiaramente con il sostegno cinese. In altre parole, la Russia sta vincendo la guerra dell’artiglieria.
Incertezza strategica
Gli osservatori internazionali spiegano perché questa iniziativa avviene adesso, con l’esigenza di mantenere in vita l’Ucraina quale interesse vitale dell’Occidente, mentre non sarebbe (più) essenziale ripristinare i confini dell’Ucraina del 2014, per non parlare dei confini del 1991.
Ci sarebbero molti altri fattori, il più importante dei quali la mancanza di una strategia occidentale coerente dall’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022. L’Occidente, secondo alcuni, avrebbe preso l’abitudine di dare all’Ucraina armi appena sufficienti per impedire alla Russia di conquistare l’intero Paese, ma non ha mai aderito all’obiettivo bellico di Kiev di riconquistare tutto il territorio che i russi avevano preso.
Francamente, il rischio di una guerra più ampia con la Russia per “solamente” il Donbass e la Crimea ha scoraggiato l’Occidente, territori che diversi Paesi europei (non direttamente confinanti con la Russia) vedono come se l’Ucraina avesse solo preso in prestito da Mosca, mentre per molti americani l’Ucraina è un grande Paese lontano di cui sanno poco. Sembra di tornare all’era Clinton, quando fu costretto a spiegare all’America dove era il Kosovo! Ma Clinton seppe spiegarglielo.
L’adesione alla Nato
Poche ore fa, il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, in una riunione dei ministri degli esteri, ha sottolineato che gli alleati concordano sull’ingresso di Kiev nell’Alleanza Atlantica e continueranno a sostenere il Paese, ma per completare il processo di adesione, dopo il conflitto dovrà attuare delle riforme. “Gli alleati concordano sul fatto che l’Ucraina diventerà un membro della Nato”, ha sottolineato Stoltenberg, che ha specificato come “durante il nostro incontro, concorderemo le raccomandazioni per le riforme prioritarie dell’Ucraina”.
Quanto dichiarato potrebbe proprio essere interpretato come un preludio ai negoziati (ci sarebbero già ampi contatti con i russi). Usa e Ue potrebbero sostenere che semplicemente sopravvivendo come Paese indipendente è valso il sacrificio di così tanti coraggiosi ucraini (mancheranno in un futuro prossimo una o due generazioni di uomini in Ucraina). Inoltre, già alcuni economisti sostengono che sarebbe più economico per l’Occidente, con gli europei in primo piano, ricostruire l’Ucraina se non dovessero farlo anche nel Donbass devastato dalla guerra e, soprattutto non dovendo farsi carico della Crimea.
Cosa penseranno Mosca e Pechino
Certamente si sta valutando come una simile “mezza vittoria” russa verrebbe vista a Mosca e Pechino, visto che Putin la presenterebbe in questa veste. Senza dubbio come la conferma ancora una volta della mancanza di risolutezza occidentale e dell’ampio divario tra la retorica occidentale sui valori all’inizio della guerra e i reali interessi in gioco.
Inoltre, come la prova, ancora una volta, della mancanza di pazienza strategica collettiva dell’Occidente evidente, per loro, in Afghanistan, Iraq, Libia e Siria e potrebbero benissimo influenzare la risposta all’attacco terroristico del 7 ottobre contro Israele.
Pechino poi potrebbe trarne una spinta per alimentare le sue mire espansionistiche e aggressive nei confronti della mal sopportata democrazia della Repubblica di Cina-Taiwan. La Cina Popolare e la Russia si convinceranno che questa “pace” sia un’ulteriore prova del fatto che l’Occidente è profondamente avverso al rischio di mettere in gioco i propri eserciti per difendere la “sua” democrazia e ci sia una evidente mancanza di coesione.
Soprattutto, Mosca e Pechino sarebbero portate a ritenere che se americani ed europei acconsentissero a tale “pace”, questa sarebbe poco diversa da quella imposta all’Afghanistan, anche se le sue conseguenze per la Nato sarebbero molto più immediate e pericolose.
Il presidente Putin vedrebbe confermata la sua visione di ricostruzione di un impero russo e senza dubbio crederebbe di aver completato con successo le prime fasi. La prima fase è stata la presa della Crimea e la seconda l’occupazione, riuscita anche se molto costosa, di Donbass e Mariupol. Ci sarebbe poi la possibilità, dopo aver ricostruito le sue forze armate, di muoversi per conquistare Odessa e isolare l’Ucraina dal Mar Nero.
Una lezione per la Nato
In altre parole, tutti gli alleati Nato dovrebbero comprendere meglio le conseguenze geopolitiche, a lungo termine, di qualsiasi soluzione che, pur impegnando l’Ucraina, sarebbe per loro un sollievo politico a breve termine ma potrebbe rivelarsi molto rischiosa in futuro.
Se la Nato riuscisse a comprendere la vera lezione dalla guerra russo-ucraina, ovvero che Putin è davvero un pericolosissimo militarista, e se gli europei ancora una volta fallissero nel riarmarsi adeguatamente, tutto ciò che l’Alleanza avrebbe guadagnato sarebbe solamente una pausa strategica.
Nato in cambio di territori
È comunque anche difficile credere che Kiev possa accettare l’accordo di pace (perdita secca di Crimea e Donbass), a meno che a ciò che resta dell’Ucraina non venga offerta l’adesione alla Nato nel momento in cui tale accordo entrerà in vigore. Quanto precede, inoltre, fa sorgere un’ulteriore domanda: tutti i membri della Nato sottoscriverebbero l’adesione dell’Ucraina?
Intanto, si aprono falle evidenti e preoccupanti nell’apparato di sicurezza di Kiev. È stata avvelenata Marianna Budanova, la moglie del capo degli 007 Budanov. A darne la notizia i media ucraini, attraverso fonti del Ministero della difesa di Kiev. Alla donna che vivrebbe e lavorerebbe con il marito è stato diagnosticato un avvelenamento da metalli pesanti. La loro presenza può indicare un tentativo intenzionale di avvelenare una persona specifica ma anche altri diversi funzionari dell’Intelligence militare ucraina sono stati avvelenati oltre alla moglie di Budanov.