Esteri

Voci da Gaza: ecco com’è la vita reale dei palestinesi sotto Hamas

Oppressi sì, ma non da Israele. La testimonianza di Ala Mohammed Mushtaha, figlio di un imam che ha pagato caro il rifiuto di essere il pupazzo di Hamas

Hamas Leader Yahya Sinwar Il leader di Hamas Yahya Sinwar

Il popolo palestinese di Gaza è oppresso e perseguitato. Ma da Hamas. E sei perseguitato anche se sei un musulmano, anche se sei un imam. Nella città reclusa e, da ottobre, anche assediata, sono abbastanza rare le testimonianze di chi, a rischio della vita, osa parlare di Hamas. Una di queste è stata pubblicata, il 4 gennaio, da The Free Press, il quotidiano online fondato da Bari Weiss, ex editorialista del New York Times.

Il rapimento

L’autore è Ala Mohammed Mushtaha un giovane palestinese, figlio di Mohammed Mushtaha, un influente imam di Gaza. Suo padre è stato rapito il 30 dicembre, da venti uomini incappucciati che hanno sfondato la porta e lo hanno letteralmente trascinato fuori, dopo aver picchiato anche uno dei suoi figli (il fratello di chi scrive) che aveva provato a discutere con i rapitori. Non erano delinquenti, ma uomini della sicurezza di Hamas.

L’unica colpa dell’imam? Quella di non essersi prestato all’ennesimo tour di propaganda fra gli sfollati, in cui avrebbe dovuto predicare l’obbedienza assoluta a Hamas e la resistenza fino all’ultimo uomo. “Mio padre sa qual è la differenza tra giusto e sbagliato. Sapeva che rifiutarsi di fare da megafono per Hamas avrebbe potuto portarlo alla morte, eppure si è rifiutato. Ha la coscienza pulita. Così come tutti coloro che sanno cosa gli è realmente accaduto e perché”.

Il figlio premette che, se i terroristi dovessero ucciderlo, darebbero subito la colpa a Israele. Esattamente come stanno facendo con tutti gli ostaggi che sono morti nelle loro mani, o che hanno ucciso: dicono che sono vittime dei bombardamenti israeliani.

La testimonianza di Ala Mohammed apre uno spiraglio sulla vita di Gaza, su come Hamas abbia completamente strumentalizzato l’islam e trasformato le moschee in centri di indottrinamento e basi militari.

La persecuzione

La persecuzione dell’imam, ex esponente del governo dell’Autorità Palestinese, inizia con il colpo di Stato di Hamas del 2007, quando Fatah e le fazioni più fedeli ad Abu Mazen sono state cacciate, dopo un anno di guerra intestina con 600 morti. Mushtaha è stato ridotto in miseria, disoccupato per anni, poi ha ripreso il suo ruolo, faticosamente, gradino dopo gradino, da uomo delle pulizie di una moschea, poi guardiano, poi dipendente del Ministero degli affari religiosi, infine, di nuovo, imam della moschea di Dhu ‘l-Nurayn. Ma la carriera, sotto Hamas, ha un prezzo molto alto.

Per Hamas, essere musulmani significa sostenere Hamas, e chi non sostiene Hamas non è musulmano. Se non ti adegui a ciò che Hamas ti dice, perderai il lavoro o peggio. Per tenere mio padre in riga, assicurandosi che tenesse solo sermoni del venerdì approvati da Hamas e che permettesse a Hamas di usare la sua moschea come deposito clandestino di armi, hanno arrestato me e mio fratello almeno dieci volte tra il 2016 e il 2019. A volte parlavano con gentilezza, a volte ci chiedevano di obbedire “per il bene delle vostre sorelle”, ma la minaccia della violenza incombeva sempre sullo sfondo. Più volte siamo stati picchiati e umiliati davanti a nostro padre. Anche lui fu picchiato, una volta quasi accecato.

L’uso militare delle moschee

Dalla testimonianza risulta con estrema chiarezza come vengano usate le moschee da Hamas:

I membri di Hamas approfittavano del suo ruolo e usavano la moschea per nascondere denaro, armi e attrezzature. A volte portavano un grande tappeto da preghiera avvolto, che dicevano fosse stato donato – ma a mio padre non era permesso aprire i tappeti; solo uomini scelti erano autorizzati ad aprirli o a trasportarli dentro e fuori la moschea. Mio padre doveva aprire e chiudere le porte e permettere che lo spazio sacro fosse usato come magazzino per Hamas.

E ancora: “Una volta hanno portato grandi casse contrassegnate come aiuti alimentari. All’interno non c’era cibo, ma qualcosa di ferro”. Ma oltre al profano, c’era anche il lavoro “sacro”:

La cosa più grave che Hamas ha imposto a mio padre è stato il contenuto dei suoi sermoni del venerdì. Lo istruivano a fare il lavaggio del cervello alla gente con la loro politica, a stare con Hamas e con la “resistenza”, a dire ai fedeli che quella era l’unica scelta. Che chi fosse morto combattendo sarebbe stato ricompensato con 72 vergini dagli occhi neri. Pazienza, jihad, tutte queste cose. Hamas sfrutta la nostra religione, fingendo di essere profeti moderni, paragonandosi ai compagni del profeta Maometto.

Nel mezzo di una guerra disastrosa, dopo aver subito per anni le angherie di un partito che è anche Stato e gruppo terrorista, al tempo stesso, quest’uomo si è ribellato. E ha pagato con il suo rapimento. Mentre questo articolo va online, la sua sorte è ancora ignota.

Le testimonianze

Lo scritto è giunto tramite il Center for Peace Communications (CPC), associazione non profit di New York, che ha avviato un programma di diffusione di testimonianze di prima mano da Gaza già l’anno scorso e dispone di una vasta rete di contatti locali. Whispered in Gaza, curato dal CPC, è una serie di video animati (per coprire l’identità dei testimoni), unici nel loro genere, perché aggirano la cappa di censura imposta da Hamas.

“Nel corso del 2022, il personale della CPC – si legge nell’introduzione del progetto – ha intervistato uomini e donne palestinesi all’interno di Gaza, di tutte le estrazioni sociali e di tutto il territorio, sulle loro vite, sui loro dolori e sulle loro aspirazioni, con l’obiettivo esplicito di condividere le loro testimonianze. I partecipanti hanno descritto arresti arbitrari, estorsioni e violenze da parte degli agenti di Hamas. Le donne, in particolare, hanno raccontato la violazione delle loro libertà fondamentali”.

La nuova serie, “Voices from Gaza”, è il seguito della precedente, ma in tempo di guerra. Sono documenti solo audio, a volte anonimi, a volte firmati, come quello che abbiamo riportato. Stando alla testimonianza di Ala Mohammed Mushtaha, a causa della guerra, la gente comune di Gaza sta iniziando a disobbedire sistematicamente alle regole imposte con la forza da Hamas. Dunque sarebbe un mito quello del partito voluto e amato dal popolo, all’unanimità. Ce ne sarebbe bisogno, perché, qualunque sia il piano per il dopoguerra, Hamas non deve farne parte, ma saranno necessariamente i palestinesi a dover ricostruire Gaza e la sua società.