In questi ultimi scampoli di campagna elettorale, sta tornando alla ribalta un tema che era rimasto piuttosto in sordina: il reddito di cittadinanza.
Eppure, complice l’indice di gradimento in risalita (seppure lontano anni luce dal risultato sbalorditivo del 2018), i 5 Stelle a guida contiana hanno deciso di issare il vessillo e sventolare in piazza la loro misura simbolo, quella che riesce a smuovere un certo elettorato meridionale che subisce il fascino della demagogia e dell’assistenzialismo.
Alleato involontario del Pd
Tanto è vero che, nella stucchevole discussione sul cosiddetto “voto utile”, qualcuno dalle parti del Pd comincia a intravedere nei pentastellati un alleato involontario per evitare una larga vittoria del centro-destra nei collegi assegnati con il metodo maggioritario.
Il presidente pugliese, Michele Emiliano, ha invitato perfino a votare Pd o M5S per arginare la destra; invito che risulta piuttosto insolito visto che il suo partito sarebbe in competizione con la pattuglia grillina.
Il flirt di De Luca con Sputnik
Ma, d’altronde, siamo ormai agli sgoccioli e capita pure di ascoltare Francesco Boccia, anche lui in trasferta napoletana e ospite di Vincenzo De Luca, fare un’affermazione quanto mai azzardata: “Se ci fosse stato un governo di destra, ci avrebbero fatto iniettare lo Sputnik”. Qualcuno tra i militanti in sala o lo stesso De Luca avrebbero potuto ricordargli che proprio la Regione Campania aveva prenotato alcune dosi del siero putiniano.
Eravamo a marzo 2021, in una delle sue innumerevoli dirette streaming e con i toni solenni che lo contraddistinguono, l’ex sindaco di Salerno annunciò alla popolazione campana la stipula di un contratto di fornitura con l’azienda che produce il vaccino Sputnik. Il contratto sarebbe diventato operativo dopo l’approvazione (mai arrivata) delle autorità sanitarie sia nazionali che europee.
De Luca parlò addirittura di “esperimento per l’Italia” con la Campania a fare da apripista. Anzi, con lessico e mimica severa, si rivolse alle agenzie preposte per una rapida approvazione: “Sono tempi di guerra e non di ordinaria amministrazione”. Poi, la guerra è arrivata sul serio e dello Sputnik se ne sono perse le tracce.
Peccato che Boccia non ricordi questi passaggi e si sia limitato a lodare la linea “rigorista” del suo compagno di partito che, in realtà, con norme assurde che vietavano la corsa solitaria e le consegne a domicilio, ha superato per intransigenza perfino il ministero della salute Speranza.
Ma, d’altronde, la maggioranza dei campani lo ha confermato a furor di popolo proprio per queste doti taumaturgiche: aveva chiuso i confini della Regione e respinto il virus oltre le foci del Garigliano.
L’Ohio d’Italia
Le cronache di questi giorni, peraltro, hanno restituito non solo amnesie ma anche momenti di involontaria ilarità.
A cominciare da Luigi Di Maio sollevato come un angelo in una nota trattoria napoletana, o l’ex premier Giuseppe Conte, che si è fatto prendere la mano accusando in dialetto napoletano la Meloni e Renzi di “non tenere scuorno” per le loro posizioni contrarie al reddito di cittadinanza nella versione grillina.
Insomma, il voto si avvicina e i toni si alzano con Napoli, capitale del Mezzogiorno, diventata all’improvviso epicentro dello scontro politico e la Campania si è trasformata nella Regione chiave (“l’Ohio d’Italia” secondo la definizione di Repubblica).
Il reddito di cittadinanza
Per cui, le compassate passeggiate del ministro della salute, Roberto Speranza, nel tranquillo quartiere borghese del Vomero sono state soppiantate dal “reddito di cittadinanza tour” degli ex amici, ora rivali, Conte e Di Maio, che sembrano quasi contendersi la paternità della misura.
Il primo – che ritiene il reddito “un sistema di protezione sociale che esiste in tutti i Paesi occidentali” – è stato pure pizzicato da Calenda che lo ha accusato di laurismo finanziato dal denaro pubblico.
Il ministro degli esteri in carica, dal canto suo, si è mosso tra i vicoli del capoluogo partenopeo. In uno di questi, è stato avvicinato da un cittadino che gli ha detto di aver smesso di delinquere da quando ha iniziato a percepire il sussidio di Stato. Preoccupato per una possibile eliminazione, ha spiegato a Di Maio che poi sarebbe costretto a ritornare alla sua precedente occupazione.
I grandi mali del Meridione
Insomma, un discorso paradossale che, però, pure nella sua discutibile semplicità, ha il “pregio” di evidenziare quella mentalità assistenzialista che è stato uno dei grandi mali della Campania e di tutto il meridione.
Misto a un certo vittimismo atavico (a scanso di equivoci, chi scrive è meridionale e campano), questa forma mentis non ha mai favorito un processo di autocritica e di maggiore attenzione nella selezione della classe politica. Oscillando tra viceré e Masanielli, si invoca sempre l’intervento salvifico, ‘o miracolo come quello di San Gennaro, o ci si affida agli Huey Pierce Long di turno.
Il controverso senatore democratico della Lousiana degli anni ’30 (Willie Stark nella finzione letteraria), il cui motto era “ogni uomo è un Re” – un antesignano “uno vale uno” –, che propose un utopistico e populista programma di ridistribuzione della ricchezza come cura alla “grande depressione”.
Beh, fa un po’ specie che, dopo un secolo, non ci si riesca ad affrancare da questa impostazione che è nemica del merito e dello sviluppo (non solo economico ma anche culturale) e si voglia tradire perfino la lezione di un grande meridionalista come Benedetto Croce che, fuor di retorica, considerava l’assenza di classi dirigenti all’altezza della situazione uno dei mali endemici del Mezzogiorno d’Italia.
Allora, in un Paese che viaggia a due velocità, restare ancorati a ricette obsolete e fallimentari dimostra solo miopia politica e ricerca del facile consenso. Sennò, volendo parafrasare Croce, la politica come la storia, anziché “giustiziera”, si dimostra ancora una volta “giustificatrice”.
E, a quel punto, lo “scuorno” non risparmierà nessuno tra coloro che hanno contribuito a inchiodare ancora una volta il Sud in una posizione di inaccettabile arretratezza.