Altro che legge bavaglio! La riforma Nordio disarma i giustizialisti

Nordio: “L’inizio della fine di un periodo oscuro per la giustizia italiana”. Intercettazioni? La colpa mai del giornalista, ma di chi gliele passa

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Carlo Nordio

Ma quale legge bavaglio! L’approvazione del ddl Nordio ieri al Senato è un primo importante passo verso una giustizia più giusta, ispirata ai principi liberali e garantisti. “L’inizio della fine di un periodo oscuro per la giustizia italiana che ha visto molto spesso sul banco dell’opinione pubblica persone completamente estranee alle indagini, delegittimate, offese e compromesse nella loro carriera per ragioni che poi si sono rivelate infondate”, come ha ricordato lo stesso ministro Carlo Nordio.

Inappellabilità

Una delle misure chiave (e sacrosante!) è l’inappellabilità delle sentenze di assoluzione, coerente con un principio elementare: la colpevolezza dell’imputato dev’essere sempre provata “aldilà del ragionevole dubbio”. E come ha osservato Nordio, “come fai a condannare in secondo grado quando un giudice di primo grado ha dubitato al punto di assolvere”?

Abuso d’ufficio

Inoltre, abolendo l’abuso d’ufficio la riforma rassicura gli amministratori, i sindaci, dalla cosiddetta “paura della firma”, fondata non tanto sulla prospettiva di una condanna che molto raramente arriva, quanto sul timore della diffusione della notizia dell’indagine, che spesso distrugge carriere, candidature e giunte comunali regolarmente elette.

Solo l’inizio

Ma il ministro Nordio alza l’asticella: la riforma è solo un “punto di inizio”, perché il suo vero obiettivo è “portare a compimento il codice di procedura penale ideato e voluto, ma non attuato, da Giuliano Vassalli, eroe della resistenza, non sospetto di tentazioni reazionarie e che era modellato sul sistema garantista anglosassone. Un codice di procedura vulnerato, stravolto, purtroppo anche da alcune sentenze della Corte costituzionale, ma che noi intendiamo portare a compimento”, ha assicurato il ministro.

Intercettazioni e libertà di stampa

E infine, veniamo a quella che le opposizioni forcaiole e le gazzette delle procure hanno definito “legge bavaglio”, il divieto di pubblicazione “integrale o per estratto” del testo dell’ordinanza di custodia cautelare, infarcito di intercettazioni spesso irrilevanti e al solo scopo di sputtanamento, anche di chi non sia penalmente coinvolto nel procedimento.

Su questo il ministro ha voluto ribadire un principio liberale e totalmente condivisibile che, se fosse davvero applicato, rappresenterebbe un punto di svolta per evitare che la reputazione di innocenti fino a prova contraria finisca nel tritacarne mediatico. Fatta salva la libertà di stampa, è nei tribunali che occorre individuare il responsabile della fuga di notizie.

La libertà di stampa è “sacra e inviolabile”, ma esiste anche la “garanzia della segretezza delle informazioni e della dignità dell’individuo”. Quando vengono diffusi testi e notizie coperti da segreto istruttorio, “la colpa non è mai del giornalista che le ottiene, è sempre di chi le divulga o lascia che vengano divulgate”.

Il ministro Nordio lo ha ribadito, citando il capitolo di un suo libro di oltre vent’anni fa, “Non sparate sul cronista”. “Il giornalista fa il suo dovere, salvo casi eccezionali. In linea generalissima il giornalista che riceve una notizia ha il diritto e per certi versi il dovere di pubblicarla. Ma se la notizia è riservata, la colpa è di chi ne ha consentito la divulgazione e anche qui interverremo”.

Quindi non si tratterà di minacciare i giornalisti e limitare il diritto di cronaca, ma di “individuare le competenze con le relative responsabilità, al fine di rendere facile l’individuazione di chi ha violato il segreto istruttorio”. “Non è il destinatario, il giornalista, che può essere incolpato di qualcosa che deriva dalla malafede, dall’ignavia o dalla imprudenza altrui”. Il ministro Nordio non poteva essere più chiaro, davvero non c’è spazio per strumentalizzazioni politiche.

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