Politica

Andiamo a comandare. Un seggio in Comune non lo si nega a nessuno

Dal carosello dei cambia-casacca alla gioiosa parata di ragazzotti e ragazzotte pieni di buona volontà ma senza esperienza amministrativa né lavorativa

sindaci © rarrarorro e pierluigipalazzi tramite Canva.com

Partiamo da qui: c’è una bella differenza tra sostenere un programma, rispondendo a tono quando qualcuno lo contesti, e imbastire un programma “contro” qualcuno, senza il minimo costrutto e senza logica. Gli esiti elettorali della recentissima consultazione popolare ne sono una chiara dimostrazione.

Perché le comunali

Mettiamo preventivamente da parte le considerazioni riguardanti le elezioni europee (lo sappiamo bene: in quel caso si segue un partito che stia “simpatico” e si vota chiunque da quel partito venga proposto a Bruxelles) e concentriamoci sulle tutt’altro che secondarie comunali. Scelgo le comunali per due motivi prevalenti. Il primo è che sono le votazioni che vedono la minor distanza tra elettori e candidati, coi quali, magari, s’è preso un caffè assieme almeno una volta.

Il secondo, non meno rilevante, è che, ragionevolmente, gli elettori attribuiscono alle comunali un peso preponderante, in quanto direttamente connesso alla loro vita quotidiana. Ne offre chiara dimostrazione il maggior afflusso alle urne quando si voti soltanto per eleggere il sindaco. Fin qui, tutto bene e quasi tutto scontato.

Il voto contro

Ma v’è un elemento, che già sottolineavo su queste pagine proprio il giovedì precedente al fine settimana elettorale appena trascorso. Mi riferisco a come oggi, più che per votare per qualcuno si voti contro qualcun altro. Ciò sembra indicare la crescente situazione di trasversale malcontento per chi abbia governato i comuni, le province e le regioni italiane, con le conseguenze che rilevano ai fini di quel principio di stretta rappresentatività che sta alla base di uno Stato democratico, come lo abbiamo voluto ottant’anni fa.

Già in questi primi giorni convulsi di rinnovati consigli comunali, in tutta Italia, mi giunge notizia certa di parecchie defezioni tra i consiglieri neoeletti, il che getta una pesante ombra di dubbio sulla bontà di certi programmi e ridicolizza certe sparate elettorali che ci volevano far credere che tutto stesse per cambiare votandoli.

Promesse di cambiamento

A proposito: non ricordo se avevo scritto qui di quanto trovassi lievemente umoristico il nome del partito “Cambiamo con Toti” scelto per il suo nuovo partito dallo stesso sfortunato governatore della Liguria, dimenticando che al timone della Liguria v’è lui stesso. Sarebbe un po’ come se il titolare di una macelleria scegliesse l’insegna “Diventate vegani ma comprate la carne da me”. Si sa, i partiti vivono in gran parte di proposte di cambiamento e ciò non desta stupore, ma il mio collaudatissimo e paziente somaro cade ancora una volta. Non sarà mica che questa insopprimibile vocazione al cambiamento in quanto tale, non dimostri anche l’impreparazione di chi si propone al voto per cambiare qualcosa?

Dopotutto, l’alibi per il vincitore sembrerebbe già preconfezionata: io il cambiamento l’ho realizzato e quindi le promesse elettorali le ho rispettate, e il resto è puro contorno. Peccato che il contorno sia, invece, l’unico condimento che conti a trasformare la rivoltante gallina morta nel succulento pollo arrosto. In altre parole, vedo una sconsolante e diffusa conferma di poca professionalità in molti nuovi candidati alle prese con la patata bollente – sempre per rimanere nei pressi della tavola – e che ora non sanno che fare perché hanno vinto.

Inesperienza

A qualcuno tremano i polsi e le gambe oltre la propria sopportazione e decide di ritirarsi sul più bello (beninteso, solo per lui), mentre a certi nuovi sindaci, privi della benché minima esperienza del Comune, già si riempie l’agenda di consulenti e tutori che non vedono l’ora d’insegnare loro come lo si gestisca. Sbarazzarsi, eventualmente, di certi consulenti esterni e non eletti non è cosa semplice, ma soprattutto, vigilare sul loro operato è cosa tutt’altro che agevole, proprio perché estranei all’amministrazione e non dotati di voce propria.

Ancora una volta sembra proprio che da noi si stenti a imparare certe lezioni. Abbiamo assistito, pochi giorni orsono, alla devastante avanzata dei dilettanti allo sbaraglio, e le conseguenze le vedranno presto quegli elettori che, pur di votare contro qualcuno, hanno preferito votare sconosciuti antagonisti delle cui capacità amministrative si sa zero.

Scusatemi, ma voi affidereste la gestione della vostra attività lavorativa a un perfetto sconosciuto, magari gioiosamente ventenne e magari messo lì a riempire la lista solo perché di sesso femminile (in osservanza della norma sulla parità di genere)? Sono gli effetti di meccanismi elettorali complessi e talvolta bizzarri, e questa volta anche gli addetti ai lavori, regolamento alla mano,  sono stupiti di certi risultati che paiono illogici.

I riempilista

V’è un altro elemento che conferma la tendenza all’aver formato liste contro più che candidati  portatori di programmi reali, realizzabili, utili: la stessa composizione delle liste è stata assi spesso decisa in quattro e quattr’otto, il giorno prima del fatidico 11 maggio, ultimo giorno utile per presentarle. Informatevi, ammesso che ne abbiate voglia, e vedrete se vi racconto delle balle.

Va anche bene che i “riempilista” esistano da sempre, ma mi risulta che addirittura molti candidati alla carica di vicesindaco si siano decisi all’ultimo, senza che tali lodevoli volontari abbiano mai svolto la benché minima attività amministrativa e senza una concreta attività lavorativa alle spalle.

Se tra i candidati vi fossero quelli con cognomi stranieri meglio ancora. Realizzato con maestria assoluta il  progetto d’inclusione prima ancora di averlo abbozzato, ergo: lista perfetta da votarsi. Siamo passati in breve tempo dal carosello degli stessi amministratori che si alternavano tra i banchi della maggioranza e quelli dell’opposizione alla gioiosa parata di ragazzotti e ragazzotte pieni di buona volontà ma del tutto ignari della differenza tra Consiglio Comunale e Giunta.

Va beh… mi si dirà: qualche vecchia volpe della politica insegnerà loro il da farsi, ma non era questa una delle vergogne della prima repubblica? Non era forse considerato socialmente disdicevole che nelle nostre città e nei piccoli centri della sterminata provincia italiana fossero sempre i soliti vetusti e onusti “padri nobili” della politica locale a tirare le fila di ogni iniziativa di rilievo?

Finché non si sapranno esprimere candidati promossi direttamente dai balletti su TikTok (quello che un esilarante Cavaliere chiamava TikTokTak) all’amministrazione della cosa pubblica, le cose non cambieranno di sicuro. 

E adesso tutti a scannarsi a colpi di preferenze ricevute e pretesi diritti su altri consiglieri. Avanti, c’è posto, anzi c’è seggio per tutti, tranne che i trombati, i quali se la prenderanno con un sistema elettorale che magari non conoscevano nei particolari prima di candidarsi.

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