L’Italia è quel Paese che per tre anni ha imposto un rigido controllo sulla popolazione, sacrificando le libertà, sospendendo di fatto alcuni diritti costituzionale, imponendo ai cittadini norme insensate e punitive spesso con atti amministrativi, emanati perfino da autorità locali.
L’Italia è quel Paese in cui non si poteva contestare quello stato di cose, salvo essere etichettati con i peggiori epiteti ed essere ritenuti reietti, paria, nemici dello Stato. In quell’orgia dirigista, l’opinione pubblica è stata indirizzata verso un’accettazione acritica di norme assurde e draconiane. Nessun altro Paese occidentale (con risultati decisamente migliori sia sul piano sanitario che politico) ha imposto misure così estreme.
Ora, l’Italia è quel Paese che ha dimenticato il suo recente passato. Ha rimosso come certi maître à penser prendevano pesantemente in giro l’approccio più civile (e più efficace) della Svezia, quello più liberale del Regno Unito o ancora quello più tollerante della Florida. E, adesso, contando sulla pigrizia intellettuale dei più, “si costerna e s’indigna” per un fatto che non avrebbe meritato tutta questa risonanza mediatica.
Il fascismo degli anti-fascisti
La verità è che pure l’antifascismo è stato svuotato di significato proprio da chi lo cita a sproposito o in maniera strumentale. Qualche anno fa, Leonardo Sciascia aveva già intuito l’antifona: “Il più bello esemplare di fascista in cui ci si possa oggi imbattere (e ne raccomandiamo agli esperti la più accurata descrizione e catalogazione) è quello del sedicente antifascista unicamente dedito a dar del fascista a chi fascista non è”.
Così come a Pasolini va attribuita l’azzeccata teoria sul fascismo degli anti-fascisti. E, ancora, si potrebbe citare l’ossimorico “fascismo democratico” di pannelliana memoria teso a evidenziare come, pur in una situazione di formale democrazia, sussistevano elementi autoritari incarnati da quello che lui definiva “regime partitocratico”.
Il “bizzarro liberi tutti”
Perciò, ora come allora, nell’ossessiva ricerca del nostalgico mussoliniano, sfuggono alcune situazioni critiche e attuali che dovrebbero realmente allarmare. Da questo punto di vista, la lunga stagione pandemica è stata paradigmatica. All’epoca, quando finalmente stava per terminare lo stato di emergenza, proprio Antonio Scurati mostrò sul Corriere della Sera tutto il suo scetticismo verso l’abbandono delle severe misure sanitarie: “I contagi si contano ancora nell’ordine di diverse decine di migliaia eppure si scivola insensibilmente verso un bizzarro liberi tutti”.
Forse, la vera bizzarria stava nel non prendere atto che il tanto vituperato “liberi tutti” è la condizione naturale dell’uomo. Giova, inoltre, ricordare che nel maggio 2022 (quando fu pubblicato il pezzo di Scurati) l’Italia era rimasta l’ultima trincea dell’intransigenza sanitaria mentre il resto del mondo libero si riappropriava della vita e della piena libertà.
Ora, rispetto a uno dei periodi più bui della nostra storia recente, si fa molta fatica a riconoscere gli errori e ad ammettere che quelle misure furono del tutto sproporzionate, inutili oltre che liberticide. Addirittura, la Commissione d’inchiesta istituita dal Parlamento secondo il dettato costituzionale è vista come “un plotone di esecuzione” da chi ha avuto responsabilità di governo in quel triennio.
Democrazia sotto attacco
Ecco perché tutta questa discussione sul monologo di Scurati risulta ridondante, perfino stucchevole. Oggi viviamo in un’epoca in cui la democrazia liberale su cui si basa la civiltà occidentale (imperfetta ma pur sempre preferibile a qualsiasi dittatura) è sotto attacco, dall’esterno ma, a volte, addirittura dall’interno.
I nemici dell’Occidente trovano incredibili sponde in gruppi massimalisti che simpatizzano per chi mortifica i valori democratici. Questo è il pericolo che stiamo vivendo e che, da più parti, è drammaticamente sottovaluto se non addirittura negato. Allora, il resto sembra più che trascurabile a meno che non si voglia imporre il solito insopportabile doppio standard.
Adesso più che mai, si avverte la necessità di contrastare qualsiasi deriva autoritaria per evitare che, in un prossimo futuro, le dittature si impongano sulle nostre ammaccate democrazie. La battaglia comune da combattere è quella contro i nuovi fascismi (di qualsiasi colore politico), per arrestare la metamorfosi in senso totalitarista delle nostre società. Anche perché un bene fondamentale come la libertà non si può difendere a giorni o stagioni alterne, a seconda dei governi in carica o delle esigenze del momento.