Anche la Fontana di Trevi è caduta. Era l’ultima delle tre più note fontane di Roma a non essere ancora stata imbrattata dagli eco-fondamentalisti di Ultima Generazione, dopo la fontana del Bernini a Piazza Navona e la Barcaccia a Piazza di Spagna.
Il giorno prima le loro compagne di Extinction Rebellion erano al Salone del Libro di Torino, per impedire al ministro Eugenia Roccella di presentare il suo libro. Ma impedire agli altri di parlare è un leitmotiv di questi attivisti. Anche nei talk tv, dove utilizzano diverse tattiche, dall’interruzione sistematica alla delegittimazione dell’interlocutore di turno come “negazionista”, fino all’acting out (la “sclerata”).
Non sono certo una novità queste contestazioni che hanno come obiettivo non solo esprimere dissenso, ma anche impedire agli altri di svolgere l’evento programmato (ricorderete gli scontri dello scorso autunno all’università La Sapienza per impedire un convegno con Daniele Capezzone).
Il “diritto” a non far parlare
La novità, e l’aspetto se vogliamo positivo dell’episodio di sabato, è che ha fatto venir fuori in purezza molti tra professori universitari, giornalisti, politici di sinistra, e non ultima il segretario del Pd Elly Schlein, i quali hanno teorizzato un diritto a impedire agli altri di parlare. Se l’altro, a loro insindacabile giudizio, è un “fascista”, o è da loro in qualche modo iscritto nella categoria degli “oppressori”, allora è lecito, anzi è una forma di democrazia, impedirgli di parlare.
Siamo a questo punto? Sì, siamo a questo punto e occorre riconoscerlo al più presto. Viviamo in un’epoca in cui il free speech non si può dare per scontato e va difeso “attivamente”. Negli Stati Uniti la situazione è grave già da alcuni anni, almeno dal 2016. In Italia siamo in ritardo ma ci stiamo entrando. Ed Elly Schlein è il primo leader di partito nel nostro Paese che si ispira direttamente a questi metodi di lotta politica che sono propri del wokeism e della cancel culture.
Chi sono gli estremisti
Gli estremisti sono loro, ma la loro forza è il controllo della narrazione. Un sistema mediatico complice che dipinge i loro avversari – la Roccella di turno, per intendersi, o Franco Prodi – come estremisti, la vera minaccia alla democrazia, o negazionisti, colpevoli della nostra imminente estinzione, contro i quali è quindi legittimo usare qualsiasi mezzo: anche la censura, l’intimidazione, l’uso politico dei poteri del governo quando sono nella loro disponibilità, la cancellazione culturale.
Chi ha il potere di indicare all’opinione pubblica chi sono gli estremisti da isolare e demonizzare, vince.
L’eco-vandalismo funziona?
Fatta questa premessa, vediamo come gli atti di vandalismo contro monumenti e opere d’arte, contro la nostra civiltà, si inseriscono in tale dinamica. C’è infatti della lucidità, del cinico calcolo, in questa solo apparente follia.
Cominciamo con il chiederci: le azioni di gruppi come Extinction Rebellion e Ultima Generazione stanno funzionando? La risposta è no, ovviamente, se lo scopo è ottenere soddisfazione nella loro richiesta di cancellare i “sussidi alle multinazionali dei fossili” – tema, tra l’altro, che nessuno si preoccupa di approfondire, nemmeno nello schieramento green, tanto dev’essere ininfluente e pretestuoso.
Né stanno funzionando se lo scopo è sensibilizzare alla crisi climatica i normali cittadini, la gran parte indignati dal deturpamento dei monumenti o irritati per i blocchi stradali. Persino fautori della causa green nel mondo politico, mediatico o accademico, pur esprimendo loro simpatia, suggeriscono a questi ragazzi di cambiare metodi della protesta, ritenendo che possano addirittura rivelarsi controproducenti.
Ieri, mentre imbrattavano la Fontana di Trevi, venivano letteralmente ricoperti di fischi e insulti. Possibile che questi gruppi – come emerso da inchieste giornalistiche una rete ben strutturata e finanziata, nient’affatto degli sprovveduti – non si accorgano che le loro azioni non stanno conseguendo gli obiettivi dichiarati?
I ragazzi, ovviamente, ci credono, ma ai nostri occhi è sempre più palese che né i sussidi ai combustibili fossili, né la sensibilizzazione dell’opinione pubblica devono essere tra i loro obiettivi.
L’effetto nel dibattito pubblico
Almeno in Italia – non saprei dire in altri Paesi europei dove operano gruppi simili – stanno funzionando nell’ottenere visibilità mediatica e legittimazione. Non c’è, ormai, talk tv in cui si discuta di clima e ambiente in cui manchi uno dei volti esagitati di Ultima Generazione.
Più imbrattano monumenti e bloccano strade, più vengono invitati in tv, legittimati come interlocutori credibili nonostante un approccio apocalittico e modi, diciamo così, intolleranti. Dunque, da questo punto di vista le proteste illegali stanno funzionando.
Sono ormai un soggetto riconoscibile nel dibattito pubblico e la narrazione ufficiale è che sono ragazzi animati da una passione genuina, che sbagliano mezzi ma hanno ragione nel merito.
Bisogna chiedersi allora quale sia l’effetto di queste azioni e di queste presenze televisive nel dibattito pubblico, perché è forse questo che interessa queste organizzazioni e chi le finanzia – fornendo evidentemente supporto sia economico che legale.
L’Europa green
Ci aiuterà a rispondere a questo interrogativo notare che questi gruppi operano in un continente – l’Europa – dove l’agenda green è probabilmente più avanzata e gli obiettivi di decarbonizzazione sono più ambiziosi. Insomma, la tesi della crisi climatica di origine antropica e la ricetta – la transizione green – non solo sono mediaticamente mainstream, sono state adottate e trasformate in policies anche abbastanza stringenti dai vertici dell’Ue e dagli Stati membri.
E allora occorre fare un ulteriore sforzo di comprensione: che bisogno c’è di questi gruppi, che funzione svolgono?
Assurdo ma sta accadendo
Viviamo nell’epoca del “è talmente assurdo che non lo faranno mai”. E invece lo faranno. Anzi, lo stanno già facendo. Auto, casa, cibo, agricoltura, trasporti, moneta, internet. Siamo di fronte ad un attacco alle nostre proprietà, attività e libertà personali senza precedenti. Un reset delle nostre vite calato molto velocemente dall’alto. Ma le persone comuni stentano a crederci, si mostrano indifferenti, i politici di destra si illudono che sia possibile un compromesso su tempi e modalità.
Per fare qualche esempio. Quanti credevano che dalle prime limitazioni alle auto più inquinanti o dalle domeniche ecologiche, non molti anni fa, saremmo arrivati al bando di benzina e diesel, se non dell’auto privata e del trasporto di massa tout court? Sta accadendo, è un processo avviato. Fateci caso: non si parla nemmeno più di potenziamento del trasporto pubblico, ma di “città in 15 minuti”.
Non ci sarà bisogno di mettere fuori legge gli allevamenti e la carne animale. Basterà elevarne i costi a tal punto da renderla un’attività di nicchia, un lusso per pochi, così da essere “eco-sostenibile”, mentre per “salvare il pianeta” la massa dovrà accontentarsi di carne sintetica e insetti. Anche qui, sta già accadendo. Dopo auto e casa, l’Ue è all’attacco di allevamenti e pescherecci, con l’obiettivo dichiarato di ridurne il numero e, quindi, di comprimere l’offerta.
La soglia dell’accettabilità
Gruppi come Extinction Rebellion e Ultima Generazione non servono a sensibilizzare e tanto meno a convincere. Servono a spostare sempre più in là l‘asticella di cosa sia accettabile. Di fronte al loro fanatismo, cosa vuoi che siano le normative approvate dall’Unione europea o le delibere dei sindaci di Roma e Milano? Sono il male minore.
Non importa quanto sia già folle il percorso che abbiamo imboccato e che stiamo percorrendo a tutta velocità (da qui al 2030 è un attimo). C’è sempre qualcosa di più folle rispetto al quale il già folle può essere fatto passare per un compromesso accettabile contro cui non vale la pena battersi.
Al circo mediatico servono gli estremisti, gli invasati di Ultima Generazione, per accreditare come “moderato” chi l’agenda green, quella vera, la sta già attuando e superare le resistenze della popolazione ad essa.