La Conferenza episcopale italiana, Cei, benedice la Mare Jonio di Mediterranea Savings Humans di Luca Casarini e le affianca una imbarcazione finanziata dalla propria Fondazione Migrantes. Il Papa approva, loda i buoni samaritani “che si prodigano per soccorrere e salvare i migranti feriti e abbandonati sulle rotte di disperata speranza”, vittime dei “criminali trafficanti che senza pietà sfruttano la miseria altrui”, chiede “miglior rifugio per chi scappa da guerre, violenze, persecuzioni e da varie calamità”, condanna come peccato grave la “crudeltà” di chi “opera sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti”. Durante l’udienza generale di mercoledì 28 agosto, rivolgendosi ai fedeli, “pregate per i migranti? – ha domandato – per questi che vengono nelle nostre terre per salvare la vita? E c’è chi vuole cacciarli via”.
Salvati o cacciati, la questione è che si tratta di emigranti illegali: pochi i profughi in fuga da guerre e persecuzioni, meno ancora quelli in fuga dalla miseria, poche anche le vittime di tratta, irretite dai trafficanti. Quasi tutti gli emigranti illegali che arrivano in Europa si affidano a esperte, costose organizzazioni in grado di portarli a destinazione superando gli ostacoli che comporta viaggiare senza documenti.
Il tesoro dell’Africa
Sono per lo più giovani, maschi e, se la Cei e il Vaticano si prodigano per farli venire in Italia, invece in Africa le Conferenze episcopali cattoliche cercano disperatamente di trattenerli.
Voi siete il tesoro dell’Africa. La Chiesa conta su di voi, il vostro continente ha bisogno di voi. Non fatevi ingannare dall’illusione di lasciare i vostri paesi alla ricerca di impieghi inesistenti in Europa e in America. Utilizzate i vostri talenti e le altre risorse a vostra disposizione per rinnovare e trasformare il nostro continente e per la promozione di giustizia, pace e riconciliazione durature in Africa.
Così esortava i giovani monsignor Nicolas Djomo, presidente della Conferenza episcopale della Repubblica Democratica del Congo, nel discorso di apertura di un incontro della Gioventù cattolica panafricana organizzato dal Secam, il Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar. Era il 2015, l’anno in cui centinaia di migliaia di emigranti illegali hanno incominciato a riversarsi in Europa. Da allora il Secam ha rinnovato spesso le sue raccomandazioni e, nelle loro sedi, molti vescovi africani hanno continuato a chiedere ai giovani e alle loro famiglie di rinunciare all’insano progetto di raggiungere illegalmente un Eldorado inesistente.
“Non abbiamo il diritto di lasciare che esistano canali di emigrazione illegale quando sappiamo benissimo come funzionano – così dicendo nel 2017 monsignor Benjamin Ndiaye, arcivescovo della capitale del Senegal, Dakar, sollecitava le autorità religiose del suo Paese a impegnarsi per far capire ai giovani i pericoli dell’emigrazione illegale – tutto questo deve finire. Cari ragazzi, tocca a noi costruire il nostro Paese, tocca a noi svilupparlo, nessuno lo farà al posto nostro”.
Nello stesso anno la Conferenza episcopale della Nigeria prendeva ripetutamente la parola contro l’emigrazione illegale. “Il governo nigeriano – diceva monsignor Joseph Bagobiri, vescovo di Kafachan – dovrebbe far capire ai giovani che c’è più speranza di vita in Nigeria di quanta pensino di trovarne in Europa o altrove. Il Paese ha ricchezze e risorse immense. I nigeriani non dovrebbero ridursi a mendicanti andandosene alla ricerca di una ricchezza illusoria all’estero. Se quelli emigrati clandestinamente, invece di spendere così tanto per il viaggio, avessero investito quelle somme di denaro in maniera creativa in Nigeria, in attività economiche, adesso sarebbero degli imprenditori, dei datori di lavoro”.
Il cancro della corruzione
I vescovi cattolici africani affiancano sempre alle esortazioni ai giovani gli appelli ai governi affinché creino le condizioni necessarie a scoraggiare l’emigrazione illegale: “buon governo, opportunità di lavoro, sicurezza, partecipazione politica, giustizia sociale, contrasto al ‘cancro endemico’ della corruzione”, elencava il Secam nel 2022 in occasione della sua 19a Assemblea Plenaria dedicata a “Sicurezza e migrazioni in Africa e nelle isole”.
Corruzione, malgoverno, il merito non riconosciuto, persone prive di qualità premiate dal successo, le arroganti classi superiori, ricche, potenti, prive di scrupoli che scialano ostentando sprechi sfrenati, pubblici e privati, i privilegi immeritati e la prepotenza di chi si avvale di reti clientelari vincenti: cause prime, queste, del mancato sviluppo, radici di un malessere economico, sociale e morale diffuso; e, per i giovani, di ozio forzato, aspettative e pretese crescenti, cattivi pensieri, pessimi esempi.
Sono queste le cause che inducono tanti, troppi giovani africani a emigrare illegalmente oppure ad arruolarsi nei gruppi armati che vivono di razzie o nelle organizzazioni criminali dedite al traffico di droga, armi, materie prime e altro o ad affiliarsi ai gruppi jihadisti legati ad al Qaeda o all’Isis che infestano il continente africano.
Il capitale umano
Così si sperpera “il tesoro dell’Africa” che i vescovi africani vorrebbero salvare. La Conferenza episcopale italiana sembra non tenere conto del loro impegno per risparmiare vite umane, tutelare l’unità famigliare, promuovere il bene collettivo. Al contrario, asseconda l’ideologia immigrazionista affermando un dovere illimitato di accoglienza senza curarsi o senza capire di contribuire così a creare una generazione di giovani senza futuro, “esiliati” in Paesi dove le prospettive di integrazione diventano sempre più remote; e senza curarsi o senza capire che l’esodo di centinaia di migliaia di giovani arreca danni economici, sociali, culturali ai Paesi di origine, privandoli di parte della più importante risorsa di ogni comunità e di ogni nazione: il suo capitale umano.
Se solo desse ascolto ai vescovi africani, la Cei potrebbe invece fornire un contributo prezioso al Secam offrendosi di aiutarlo finanziariamente e logisticamente a organizzare, se possibile con il sostegno del governo italiano e d’intesa con i governi africani disponibili a collaborare, delle campagne di sensibilizzazione: incontri, testimonianze, appelli, documenti, materiale audiovisivo informativo per far capire che emigrare illegalmente è la peggiore delle opzioni.
La fittissima rete esistente di missioni, parrocchie, istituti creati e gestiti da associazioni religiose cattoliche che operano in contesti urbani e rurali, anche i più difficili, consentirebbe di intervenire in maniera capillare, coordinata, a livello continentale. Qualcuno partirebbe lo stesso. Altri rinuncerebbero, e sarebbero salvi.