L’isteria della sinistra dopo la vittoria di Giorgia Meloni, la manovra di bilancio, la povertà al Sud e il reddito di cittadinanza. Questi alcuni degli argomenti di cui abbiamo parlato con Pietrangelo Buttafuoco, giornalista e scrittore.
La delegittimazione non funziona
DAVIDE CIAMPINI: Nuovo governo, vecchie polemiche. Il centrosinistra persevera nella sua strategia di delegittimazione dell’avversario con il pretesto di nostalgie – vere o presunte…
PIETRANGELO BUTTAFUOCO: Il risultato elettorale l’ha dimostrato: è una strategia controproducente: quanto più scatenano la delegittimazione nei confronti della Meloni, tanto più le fanno un favore. Non a caso, è data in netta crescita nei sondaggi.
Questa strategia di delegittimazione non sembra funzionare affatto. La sinistra è arretrata culturalmente, la loro isteria li precipita nel ridicolo. Basti pensare al caso Soumahoro, entrato in Parlamento quasi come un nuovo araldo del progressismo. La realtà, come si è visto, è ben diversa. Paragonerei i deliri della sinistra ad una tragedia di Sonego.
La sinistra predica
DC: Il centrodestra, ancorché dipinto come coalizione misogina, è riuscito a portare, per la prima volta, una donna a Palazzo Chigi. Merito della Meloni o demerito del centrosinistra?
PB: Merito della Meloni, anche in virtù di un grande equivoco. La sinistra, che si è sempre distinta per la sua strenua difesa delle donne, non è mai riuscita a portarne una nei posti che contano.
Il loro paternalismo mi ricorda una vicenda tra Atene e Sparta. Ad Atene, in occasione dei giochi, un uomo di una certa età era entrato nel teatro gremito di folla, ma i suoi concittadini non gli lasciarono il posto in nessun settore. Quando si avvicinò agli spartani, che, in qualità di ambasciatori, sedevano in posti riservati, si alzarono tutti, così si racconta, e lo fecero sedere tra di loro. Tutto il pubblico tributò loro un lungo applauso. Allora uno spartano disse che gli ateniesi sapevano quel che era bene, ma non lo volevano fare.
Ecco, la differenza tra gli schieramenti è assai semplice: la sinistra predica, la destra realizza.
DC: Lei è considerato un intellettuale e dunque un grande amante della cultura. Cosa farebbe se fosse il ministro della cultura?
PG: Le proposte culturali sono importanti, se non fondamentali. Personalmente vedo un grande impegno in questo senso, pertanto concordo con l’operato – e le proposte – del ministro Sangiuliano. Sono certo che farà un gran lavoro.
Al sud più poveri che fannulloni
DC: Due giorni fa è stata presentata in conferenza stampa la prima legge di bilancio del governo Meloni. Molte delle decisioni erano già note ai più, su tutte quella in materia di reddito di cittadinanza. Quest’ultimo, per l’appunto, verrà abolito a partire dal 2024. Scelta giusta o sbagliata?
PB: Diciamo che è coerente con quanto detto in campagna elettorale, ed il fatto che ci si meravigli mi sembra strano. Nonostante ciò, conosco la realtà del Sud e posso dire che la povertà non è affatto un’invenzione.
La quota di poveri supera, di gran lunga, quella dei fannulloni. Confido che il governo ponga più attenzione su chi sono i veri beneficiari di tale sussidio, affinché venga evitato quanto visto in questi tre anni di reddito di cittadinanza.
Meloni con i piedi per terra
DC: In genere la durata dei governi in Italia è assai breve. Le infatuazioni per i leader politici durano poco ed il consenso è sempre più fugace. Cosa consiglierebbe a questo Esecutivo per avere una vita più lunga, e dunque la possibilità di attuare il suo programma?
PB: Durano poco a causa degli errori dei leader. Matteo Salvini, ad esempio, aveva il 40 per cento dei consensi; ciononostante, a causa delle sue scelte dissennate – su tutte quella del Papeete – riuscì a dilapidare questa enorme approvazione. L’aver posto fine all’esperienza giallo-verde, dunque, è stato uno dei suoi errori più evidenti.
Come detto, i consensi precipitano a causa degli errori dei leader politici. Matteo Renzi, ad esempio, fece del referendum una questione personale, facendo svanire l’ampio placet popolare del tempo. Il tramonto dei leader è pertanto riconducibile al loro eccesso di hybris, la quale, come sappiamo, viene sempre punita dagli dèi.
In Giorgia Meloni, invece, non vedo questo atteggiamento. Almeno per il momento, si sta dimostrando una leader pragmatica, che ha davvero i piedi per terra. A differenza degli altri che, durante la luna di miele con gli italiani, si fecero sedurre dall’arroganza, la giovane leader si sta distinguendo dai suoi predecessori.
Inoltre, la situazione attuale non lascia spazio a vanità o tracotanza. La premier sta affrontando e – affronterà – mesi duri; ma questo lo sa benissimo. Cosa le consiglierei? Di non cadere, come fatto dai suoi predecessori, nell’arroganza e nella supponenza. Sono certo, però, che non lo farà.