Caso Cospito, ecco tutti i nervi scoperti del Pd

Dietro il vittimismo di Orlando e compagni, ipocrisia e ambiguità sul 41-bis: con che credibilità pretendono fair play, se da sempre demonizzano la destra e i suoi leader?

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Della vicenda Cospito colpiscono soprattutto tre elementi, a nostro avviso difficilmente contestabili.

L’ipocrisia della sinistra

Il primo: l’ipocrisia della sinistra che, invece di affrontare la questione sollevata da Giovanni Donzelli nel suo intervento alla Camera, preferisce concentrarsi sulle modalità con cui quelle informazioni sono state divulgate.

Per alcuni esponenti del Pd, il problema principale non sarebbe l’eventuale accordo fra il terrorista anarchico e due o più boss mafiosi per rimuovere il 41-bis dal nostro ordinamento, ma il fatto che quelle conversazioni non dovessero diventare di dominio pubblico e dunque essere discusse in Parlamento.

Stupisce che a difendere la riservatezza e il rispetto delle garanzie a cui ogni cittadino — anche il peggiore — ha diritto siano coloro che più hanno contestato la linea garantista del governo Meloni riguardo alle intercettazioni.

Nordio chiude il caso

Sulla segretezza delle conversazioni fra Cospito e gli altri detenuti, il ministro della giustizia Carlo Nordio ha speso parole chiarissime:

La comparazione tra le dichiarazioni rilasciate dall’onorevole Giovanni Donzelli e la documentazione in atti disvela che l’affermazione testuale dell’onorevole – “dai documenti che sono presenti al ministero della giustizia” – è da riferirsi ad una scheda di sintesi del Nic (Nucleo investigativo centrale, ndrnon coperta da segreto. Non risultano apposizioni formali di segretezza e neppure ulteriori diverse classificazioni sulla scheda (…) In conclusione, la natura del documento non rileva e disvela contenuti sottoposti al segreto investigativo o rientranti nella disciplina degli atti classificati.

Tuttavia, a stabilire se quelle conversazioni dovessero o meno rimanere riservate sarà la Procura di Roma, che ha aperto un fascicolo d’inchiesta in seguito all’esposto presentato da Angelo Bonelli.

Da che pulpito

Secondo elemento: gli esponenti Dem che lo scorso 12 gennaio fecero visita a Cospito nel carcere di Sassari per verificarne le condizioni di salute hanno rivolto pesanti critiche a una frase in particolare di Donzelli (“Vorrei sapere se questa sinistra sta dalla parte dello Stato o dei terroristi con la mafia”), un’uscita che certamente il vicepresidente del Copasir avrebbe potuto risparmiarsi in ossequio al suo ruolo istituzionale.

Eppure, se la frase di Donzelli è risultata senza dubbio fuori luogo e inopportuna, a maggior ragione per la carica che ricopre, a dir poco sorprendente è stata la reazione scomposta dell’opposizione.

Che senso ha crogiolarsi nell’autocommiserazione dopo aver delegittimato con ogni mezzo il centrodestra e i suoi leader? Con quale credibilità si invoca il fair play solo adesso, dopo aver criminalizzato per anni Silvio Berlusconi, accusandolo addirittura di concorso in strage per i fatti del 1992-1993 (sì, è stato detto anche questo)?

Ma soprattutto: che senso ha parlare ancora di “correttezza politica” e di “rispetto fra gli avversari” dopo aver negato ogni legittimità a Matteo Salvini e Giorgia Meloni, bollandoli di neo o post fascismo un giorno sì e l’altro pure? Un conto è criticare, anche aspramente, nel merito delle questioni politiche. Altra cosa è descrivere la possibile vittoria dell’avversario come un attentato alla democrazia.

Cattivi maestri

A questa narrazione ha dato il suo (ennesimo) contribuito l’ex ministro della giustizia Andrea Orlando in un colloquio con Monica Guerzoni sul Corriere della Sera del 2 febbraio: “Forse abbiamo dato troppo per scontata una democratizzazione della destra post-fascista”. E ancora: “Trovo inquietanti le dichiarazioni di Donzelli. Associare il reato di chi è in carcere al parlamentare che lo va a visitare è la spia di un atteggiamento autoritario…”.

Purtroppo è anche a causa di questa narrazione esecrante e a tratti violenta se alcuni anarchici si sentono autorizzati ad organizzare attentati, minacciando uomini e donne delle istituzioni, in Italia come all’estero.

Lo stiamo toccando con mano in questi giorni: l’accanimento politico e mediatico contro il governo si riversa non solo nelle piazze, ma anche nelle università. Basti pensare all’occupazione della Facoltà di Lettere e Filosofia alla Sapienza di Roma in solidarietà con “Alfredo”, come lo chiamano affettuosamente alcuni studenti, cercando di mascherarne gli ormai accertati trascorsi criminali: Sergio Mattarella, Giorgia Meloni, Carlo Nordio, Marta Cartabia ed altre importanti personalità pubbliche sono stati addirittura additati come “gli assassini di Alfredo Cospito”.

Ambiguità sul 41-bis

Terzo elemento, last but not least: in questa vicenda, il Pd ha dimostrato di non avere una posizione comprensibile nemmeno sul 41-bis.

Da un lato, alcuni esponenti della sinistra affermano che no, il carcere duro non si tocca perché si tratta di uno strumento imprescindibile nella lotta alla criminalità organizzata. Dall’altro, teorizzano una sorta di esenzione ad personam per Cospito solo perché lo sciopero della fame che sta portando avanti da 108 giorni rischia di provocarne la morte.

Chiariamolo in modo netto: si può essere favorevoli o contrari al 41-bis. Ci sono ottime ragioni per sostenere sia l’una che l’altra tesi (alcuni autorevoli costituzionalisti si sono espressi contro il carcere duro ben prima che Cospito iniziasse il suo digiuno). Non è tollerabile, invece, confermare o rinnegare un principio a seconda dell’individuo interessato.

Non si può cedere

Finché il 41-bis rimarrà in vigore – condivisibile o meno che sia – dovrà essere osservato con fermezza, anche perché non si tratta di una legge qualunque, bensì di un provvedimento concepito per contrastare fenomeni gravissimi come la mafia e il terrorismo.

E se ciò che ha riferito Donzelli alla Camera dovesse rivelarsi esatto, ci sarebbero tutti i presupposti perché Cospito rimanga in regime di carcere duro. Con buona pace degli Zerocalcare e dei Mastandrea che invocano la cancellazione del 41-bis solo se ad esserne vittima è un anarco-insurrezionalista ostile al capitalismo, alle istituzioni e all’ordine costituito.

Come recita un antico proverbio, “il nemico del mio nemico è mio amico”. Se un ex terrorista di Ordine Nuovo si fosse trovato nelle stesse condizioni, di certo non avremmo letto né ascoltato appelli accorati come questo.

A chi, invece, vorrebbe revocare il 41-bis non solo a Cospito ma anche agli altri detenuti rivolgiamo una semplice domanda: davvero pensate che questo sia il momento migliore per abolire il carcere duro? Davvero pensate che il Parlamento debba abdicare al proprio ruolo per assecondare le richieste di un terrorista? Il lettore trarrà, come sempre, le sue conclusioni…

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