Enrico Letta trasformato momentaneamente in Gregorio de Falco, prima che questi dissipasse la sua commendevole celebrità di arcigno responsabile della navigazione andandosi a intruppare tra i grillini per poi farsene pure dissidente, arringa la caotica folla e prega, invita, blandisce affinché sempre più soggetti politici salgano a bordo.
L’Armata Brancaleone
A bordo di un improbabile carrozzone, oscillante e che naviga a vista, imbastito contro il centrodestra e senza avere uno straccio di anche solo vacua idea programmatica comune.
Altro che agenda Draghi. Intendiamoci, a sinistra sono e rimangono pericolosi elettoralmente e politicamente parlando anche quando in profonda difficoltà, ma appare evidente che il centrodestra ha davanti una straordinaria occasione che solo un estremo masochismo potrebbe gettare alle ortiche.
Il segretario del Pd lo ha dovuto ammettere: la legge elettorale è questa e costringe a innaturali alleanze. Parole echeggiate da Carlo Calenda che dopo il controverso accordo ha cinguettato esattamente lo stesso concetto.
E questa improbabile alleanza di tutti, e davvero tutti, si è andata e si sta andando a costruire in maniera farraginosa, spinosa, contraddittoria, con una serie di scivoloni e sfondoni mediatici che complici i social vengono amplificati e sparati ad alzo zero contro i vari protagonisti.
Lo spauracchio di un cappotto elettorale della destra che, complice il taglio dei parlamentari – che comunque, ricordiamolo, è stato avallato dal Pd al culmine dell’innamoramento demagogico per i grillini – potrebbe modificarsi la Costituzione ad uso e consumo e rendersi egemone sul serio, ha indotto Letta e i maggiorenti del Pd a cercare di escogitare quello che doveva essere un Fronte Repubblicano e che invece, gira e rigira, è solo una Armata Brancaleone.
“Maledetto il giorno che ho firmato quell’accordo”
“Maledetto il giorno che t’ho incontrato” è un bel film di Carlo Verdone, con Margherita Buy. Un film di nevrosi e di irrisolto, e a tratti infantile, romanticismo esistenziale che ruota tutto attorno ad un incontro che finirà per creare un turbinio di disastri e problemi ai protagonisti.
E ‘maledetto il giorno che ho firmato quell’accordo’ sembra essere il leit-motiv della bulimica comunicazione social di Carlo Calenda, che ormai passa le sue giornate a intrecciare ora fioretto ora clava contro i critici dell’accordo e contro lo stesso schieramento che a parole dovrebbe sostenere.
Perché, e non ci voleva un genio per capirlo, nonostante l’accordo, il Pd non aveva nessuna intenzione di fermarsi a Calenda, e aveva anzi necessità di tirarsi a bordo pure l’estrema sinistra ecologista e drammaticamente NIMBY, e pure i dimaiani.
Un seggio garantito per Di Maio
Come tenere avvinti tutti questi soggetti che in comune hanno meno di zero? Molto semplice: l’unico collante potrebbe essere lo spauracchio delle destre ma questa volta funziona meno bene, e per un motivo chiaro e semplice: la penuria dei seggi.
Perché va bene il rischio del putinismo, va bene la lotta al sovranismo, ma poi rimanere appiedati, azzoppati e orfani di poltrona alla Camera o al Senato è scarsamente igienico: raccontano, e lo riporta il Giornale con un gustoso retroscena, che il prode Luigi Di Maio si sarebbe accordato con Letta per sciogliere il suo micro-partitino, nato di fresco, al fine di poter contare lui e altri due suoi strettissimi sodali, la Castelli e Spadafora, su tre seggi garantiti. Tutto benissimo, ma Di Maio avrebbe preteso che la cosa venisse ufficializzata solo a liste chiuse.
Sfortunatamente per lui, la cosa è invece divenuta di pubblico dominio quando a margine del famoso accordo Letta-Calenda è stato reso noto che Di Maio sarebbe stato candidato tra le fila Dem: la notizia ha suscitato il comprensibile risentimento di tutta la restante, ampia, pattuglia di grillini transfughi che non hanno propriamente preso bene l’essere stati scaricati e sacrificati per l’ambizione del loro leader.
Vien da chiedersi a questo punto se l’indiscrezione filtrata sia stata fatta uscire appositamente da ambienti Pd per bruciare il permaloso Luigi, le cui pretese si stavano facendo insostenibili e la cui presenza è molto mal digerita dagli elettori di sinistra.
Tutti contro tutti
Lo stesso Di Maio ha pensato bene di polemizzare con Calenda, chiedendogli minore arroganza e più rispetto: per tutta risposta, in questo sempre più laocoontico quadro, Calenda continua, su base giornaliera, a polemizzare con il Pd e con la sinistra radicale.
Bonelli e Fratoianni per parte loro, e per non essere da meno, definiscono senza sosta l’accordo Pd-Azione come non vincolante per loro, e giù polemiche e litigi e distinguo su transizione ecologica, energia, nucleare, rigassificatori.
Calenda, esausto e nervoso, dopo aver litigato con liberali e moderati che avevano prefigurato lo scenario dentro cui il socialista ‘liberale’ si era andato a cacciare, ha chiesto spiegazioni a Letta, dopo essere stato attaccato da Bonelli.
Un accordo che non trova nessuno d’accordo e che anzi sta falcidiando e balcanizzando la pseudo-coalizione di sinistra.
La Zattera della Medusa
L’episodio storico del battello francese Medusa, spedito nel 1816 al largo del Senegal per verificare che gli inglesi avessero ossequiato il Trattato di Parigi e avessero abbandonato la colonia del Senegal, è assai noto: la nave si incagliò su un banco di sabbia e mentre una larga parte dell’equipaggio e delle persone a bordo riuscirono ad imbarcarsi sulle sei scialuppe, le 147 eccedenti dovettero ricorrere ad una zattera di fortuna.
Dopo nove giorni di navigazione, molte delle 147 persone erano morte o impazzite o si erano gettate tra i flutti spumosi del mare per la disperazione, e i superstiti si erano dati al cannibalismo. I pochi marinai ancora vivi vennero tratti in salvo solo quattro giorni dopo, dopo 13 giorni di mare senza cibo e avendo ormai esaurito le razioni di acqua.
Il clamore drammatico della vicenda, e gli scabrosi particolari tra cui il citato cannibalismo, ispirarono uno dei capolavori pittorici di Théodore Géricault.
L’attuale coalizione di centrosinistra, da simpatica e scombiccherata alleanza anti-destre, si sta trasformando in una drammatica Zattera della Medusa di stampo politico, con tutti pronti a combattere tutti, per sopravvivere in termini di seggi e continuare ad avere una rappresentanza parlamentare.
Il ministro Dario Franceschini ha invocato, con un tweet, una sorta di armistizio, implorando i duellanti Calenda e Fratoianni/Bonelli, di fermarsi. ‘Sennò arrivano le destre’. Non solo non lo hanno ascoltato, ma poche ore dopo la disfida è ripresa più cruda di prima.
Le sirene grilline
In tutto questo autentico caos, si alzano poi le sirene grilline: appare evidente infatti come l’innamoramento Pd-M5S non sia del tutto trascolorato.
Il ministro Patuanelli ci tiene a far sapere che nessuna alleanza post-25 settembre è davvero ipotizzabile e che le coalizioni devono avere una piattaforma programmatica già in origine: tradotto, prendeteci a bordo visto che tanto avete preso chiunque e nessuno potrà davvero indignarsi se saliremo a bordo pure noi.
In effetti, dopo aver ingoiato Di Maio e le sparate del dinamico duo rosso-ecologista, Calenda finirebbe con il doversi sorbire pure il ritorno a casa dei figliol prodighi grillini.
Il gongolante Renzi
Ormai il dado è tratto e sarebbe per lui difficile fare marcia indietro. Impossibile, direi. Ma che si sia pentito di aver siglato l’accordo è del tutto palese, e lo ha notato anche il sempre attento Claudio Velardi. Ma come dicevamo, quasi impossibile tornare davvero indietro.
Anche perché al centro dello spazio politico, ad egemonizzare l’offerta centrista, moderata e liberale, è rimasto il solo, gongolante Matteo Renzi. E per Calenda, e per il suo ego, questa Canossa sarebbe un pasto troppo difficile da digerire.
Dalle parti del Nazareno non chiudono le porte davvero nemmeno a Renzi, ma per il politico fiorentino a questo punto, dopo il grossolano errore politico di Calenda che in cambio di seggi ha suicidato la sua ambizione terzopolista e di costruzione di una cosa liberal-moderata, non avrebbe davvero alcuna convenienza andarsene alla deriva con questa allegra compagnia.
Preferibile capitalizzare quel che può capitalizzare, accreditarsi come unico attrattore di voti moderati e rimanere a godersi lo spettacolo del naufragio del caotico polo di sinistra.