Dici Oxford e naturalmente pensi alla celebre università. Magari te la immagini una cittadina con prati all’inglese e pub dove studenti in cerca di una liberatoria sbronza dopo-esame si mescolano ad avventori abituali abbonati alla loro pinta serale.
Mica pensi sia il posto adatto ad un penitenziario. È però questo che Oxford potrebbe diventare fra un paio d’anni.
Una prigione fatta di sbarre invisibili, con tante telecamere a controllare quel che fai con la tua auto. Brutto egoista carbonico, non te l’hanno detto che inquini e che c’è un pianeta da salvare? Davvero credevate si sarebbero fermati alla carta di credito vincolata alle emissioni di Co2? [1] Che polli!
Oxford divisa in 6 zone: il piano
Signore e signori (ed eventuali non binari, come va di moda dire oggi), vi presentiamo Duncan Enright.
Mr. Enright non è un calciatore di Premier League, ma un politico inglese. È lui a spiegare in un’intervista al Sunday Times i dettagli del piano approvato dal Consiglio della contea dell’Oxfordshire di cui è membro, destinato ad entrare in vigore nel 2024. [2, 3]
In sostanza la città di Oxford verrà divisa in 6 zone. Per spostarsi da una zona all’altra servirà un permesso rilasciato dalle autorità dopo aver registrato la propria macchina (e dunque la targa).
I residenti potranno lasciare la loro zona fino ad un massimo di 100 giorni all’anno, ed il Consiglio supremo della rivoluzione ecologica della contea controllerà che nessuno faccia il furbo, naturalmente per il bene di tutti e del pianeta, con la premura e l’amore che solo telecamere disseminate per la città potranno assicurare, osservando attentamente i numeri di targa degli eventuali trasgressori.
E se in famiglia ci sono due macchine? 200 giorni l’anno di libertà di movimento, vero? No dottor Watson, questa volta non è affatto elementare. Due auto si traducono in 50 giorni l’una e 50 l’altra, così imparate a inquinare e a pensare di poter andare dove volete, stupidi proletari che non siete altro.
Con le buone o con le cattive
Se non lo capite con le buone, che bisogna salvare il pianeta lo capirete con le cattive. Sì perché il piano verrà messo in pratica comunque, piaccia o meno ai cittadini: “It’s going to happen definitely”, queste le parole del consigliere Enright.
Chi si ostinasse a difendere il principio retrogrado che con la tua macchina vai dove ti pare sarà ridotto a più miti consigli da una multa di 70 sterline e, perché no, in seguito magari da qualche altra punizione in stile social credit score come in Cina comandano.
Mania del controllo
Serve a qualcosa dire che Labour, LibDem e Verdi governano in coalizione la contea? [4]
Tanto lo sapevate già. Se dove c’è Barilla c’è casa, dove c’è la sinistra ci sono intervento pubblico, controllo centralizzato, manie punitive nei confronti dei cittadini, sempre s’intende per una causa più grande che l’egoismo dei piccoli proprio non riesce a vedere e a farsi entrare nella zucca.
Sembra che il mantra della sinistra di un mondo senza frontiere, senza passaporti e con flussi migratori senza regole non valga per i propri cittadini, da appiedare controllare e confinare.
Tutto a tiro di passeggiata
Anche da quelle parti però qualcuno deve aver perso il proverbiale aplomb britannico, dal momento che qualche consigliere pare abbia ricevuto telefonate poco cortesi e commenti poco educati sui social media, al punto da dover spiegare che no, non c’è nessun tentativo di imporre lockdown climatici (anziché pandemici) ai residenti, i quali potranno comunque cambiare zona facendo percorsi alternativi. [5]
I consiglieri insomma sarebbero animati dalle migliori intenzioni, a partire dall’idea di assicurare servizi essenziali (alimentari, farmacie, ecc.) nel giro di 15 minuti, così da scoraggiare le lunghe percorrenze. Intento lodevole vero? Hai tutto a portata di bicicletta o passeggiata, quindi perché guidare?
Si tratta solo di ridurre un pochino il traffico e migliorare la qualità della vita. Dietro queste parole però non è difficile sentire l’eco ambientalista e carbon-riduzionista.
Le 15-Minute Cities
Mr. Enright e compagni devono infatti aver trovato ispirazione in questo articolo dove ricorre la formula magica dei 15 minuti. Se cominciate a sentire puzza di allarmismo climatico è perché proprio di quello si tratta, tanto che l’espressione “climate change” ricorre tre volte nel testo, mentre “emissions” appare ben sette volte.
Altre parole molto gettonate nell’articolo sono “Covid” e “lockdown”. D’altra parte gli autori lo dicono chiaramente: l’idea della 15-Minute City è diventata popolare in seguito ai lockdown pandemici. Ecco cosa scrivono:
Such a situation had caused bottlenecks in service delivery and calls for the need for more appropriate urban planning mechanisms as a means of pandemic response in different cities.
Cosa vuol dire? Gli autori dello studio in sostanza ci stanno dicendo che le città, come sono organizzate ora, non si prestano bene all’adozione di misure di contenimento delle pandemie. Quindi bisogna riorganizzarle su nuove basi (i servizi nel raggio di 15 minuti per l’appunto) così che nuovi lockdown (pandemici? climatici? Di altra natura?) siano più facili da mettere in pratica.
Illuminante questo paragrafo:
While some of the features of the “15-Minute City” concept had been temporarily adopted in different cities after the impacts of Covid-19, its adoption in long-term planning would result in a higher quality of life as proximity to basic services would help in saving time wasted in traffic, thus promoting sustainable mobility. This will aid in efforts to reduce emissions as envisioned in the Paris agreement…
Tradotto per i profani: ci siamo accorti che con i lockdown da Covid è diminuito l’inquinamento (e dunque le emissioni della terribile anidride carbonica), quindi ci riproviamo, perché la pandemia ci ha insegnato che non tutto il male vien per nuocere. Sembra quasi di vederli i pornografi dell’ambientalismo gretino arraparsi all’idea di nuovi lockdown.
Lotta alla mobilità
Non pensiate che quanto sta avvenendo ad Oxford sia un caso eccezionale frutto dell’eccentricità britannica.
In un report della IEA (International Energy Agency), che con i suoi inviti a ridurre il traffico aereo, imporre carbon-tax, togliere dal mercato le auto a benzina, farebbe la gioia di ogni fondamentalista verde, si legge tra l’altro che la pandemia di Covid-19 ha dimostrato come le persone possano adattarsi rapidamente ai cambiamenti se i governi li convincono che si tratta di misure giustificate. [7]
Nelle Hawaii sono già passati dal cavalcare le onde dell’oceano col surf a quelle del “progresso”, dichiarando l’emergenza climatica. [8]
Se in Francia si pensa di vietare i voli a corto raggio per favorire i viaggi in treno [9], nemmeno l’Italia viene risparmiata dalla lotta alla mobilità: a Milano 35 chilometri di strade verranno convertite in piste ciclabili, per ridurre il ricorso alle auto. [10, 11]
Il “new normal”
È il new normal signori. Dopo avervi messo agli arresti domiciliari per uno starnuto di troppo, vi confineremo nel quartiere per abbassare la vostra quota di Co2.
Che dire allora di vip assortiti e governanti che vanno alle conferenze sul clima con voli privati o di stato, bruciando litri e litri di poco ecologico e molto carbonico cherosene? Non date retta alle malelingue che ve lo fanno notare; loro possono, ed in fin dei conti lo stanno facendo per il vostro bene e per quello del pianeta. Ditegli grazie almeno.