Politica

Commissione Covid, Pd e 5 Stelle giocano la carta dell’ostruzionismo

Coda di paglia: hanno sostenuto il “modello italiano” inaugurato dal Conte II e inasprito da Draghi ora provano a inceppare l’indagine a colpi di cavilli

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La nascente Commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia da Covid-19 si conferma una spina nel fianco per le opposizioni. In particolare, l’idiosincrasia verso l’indagine parlamentare si è cristallizzata nelle feroci critiche che sono arrivate dal Pd e dai 5 Stelle, alleati nel secondo governo Conte (il primo dell’era pandemica) e sostenitori dell’Esecutivo draghiano (il secondo dell’era pandemica).

Naturalmente, ciò che li allarma è il fatto che verrà messo in discussione il tanto sbandierato modello italiano rappresentato plasticamente dalle intransigenti politiche dell’ex ministro Roberto Speranza, minimo comun denominatore dei due governi dell’era emergenziale. Non a caso, Repubblica considera la commissione come “un atto di accusa al governo Conte e ai vaccini”.

Le ordinanze delle Regioni

Le ultime doglianze derivano dal fatto che, dall’ambito dell’indagine, sarebbero stati esclusi i presidenti di Regione. Dal canto loro, le minoranze parlamentari vorrebbero approfondire il comportamento della Regione Lombardia per la mancata istituzione delle zone rosse (peraltro questa faccenda è già oggetto dell’inchiesta della Procura di Bergamo).

Piuttosto, se proprio si volesse analizzare la condotta delle Regioni (sia quelle guidate dal centrodestra che quelle amministrate dal centrosinistra), bisognerebbe puntare la lente d’ingrandimento sulla miriade di ordinanze emanate a livello locale, spesso in contrasto con la normativa nazionale, che hanno inciso a ripetizione sulle libertà personali.

Ma questo aspetto non sembra appassionare le opposizioni, anche perché si tratterebbe di allargare il campo di indagine a tanti “governatori” del loro stesso schieramento. Perciò, meglio rifugiarsi nei soliti cliché rievocando la figura retorica (o mitologica) dei no-vax a cui la commissione – niente di meno – “strizzerebbe l’occhio”.

Intento ostruzionistico

Eppure, un aspetto finora irrisolto della faccenda è proprio quello relativo alle reazioni avverse circondate da un muro di indifferenza e reticenza. Qui, più che fare l’occhiolino a chi non ha seguito i diktat sanitari, si tratta di fornire delle risposte adeguate a chi si è fidato delle autorità sanitarie o a chi è stato costretto a obbedire per non rinunciare a lavoro e vita sociale per poi scoprire amaramente che – nel loro caso – i rischi delle inoculazioni erano superiori ai benefici.

Ecco perché gli emendamenti presentati (poco più di un centinaio, la maggior parte provenienti da Pd e 5 Stelle) appaiono come un ultimo tentativo di ostacolare il cammino della commissione più che un modo per far luce sulle tante criticità emerse nell’epoca pandemica. Si nega l’intento ostruzionistico ma, nei fatti, si tenta di inceppare il meccanismo parlamentare a colpi di cavilli.

Capovolgimento della realtà

A tal proposito, sembrano piuttosto surreali le dichiarazioni di Marco Furfaro, capogruppo del Pd in Commissione Affari sociali, il quale ha accusato la maggioranza di avere come “unico obiettivo quello di usare vicende gravi e drammatiche per fare propaganda sulla pelle di chi ha sofferto e combattuto il Covid”.

Beh, dopo aver subito l’estenuante liturgia sanitaria a reti e testate unificate, i sermoni quotidiani dei virologi in servizio televisivo permanente (alcuni dei quali hanno tentato la carriera politica nello stesso schieramento di Furfaro), la censura dei social per ogni opinione contraria ai dogmi pandemici, sentir pronunciare la parola “propaganda” con riferimento alla commissione d’inchiesta suona piuttosto beffardo oltre che inconsistente come argomentazione.

L’uso politico dell’emergenza

Allo stesso tempo, evocare con toni ieratici la “strumentalizzazione della tragedia” diventa un modo per capovolgere i termini della questione. Proprio l’interminabile periodo pandemico è stato utilizzato per imbrigliare il normale corso democratico. Il governo Conte II ormai agli sgoccioli trovò linfa vitale nell’emergenza per trascinare la propria sopravvivenza per un altro anno.

Alla rovinosa caduta, si decise di tenere in piedi la legislatura affidando la guida del Paese a Mario Draghi, sostenuto da un’ampia ed eterogena maggioranza. Con il “governo dei migliori”, le misure sanitarie furono addirittura inasprite fino a diventare vessatorie, discriminatorie e insopportabili. Basti pensare alle diverse versioni di Green Pass (super, rafforzato, etc.) che hanno costretto gli italiani a ripetute visite negli hub predisposti dal generale Figliuolo.

All’onorevole Furfaro che si preoccupa di fantomatici “ammiccamenti” verso la galassia no-vax, bisognerebbe ricordare che fu proprio il governo Draghi (sostenuto con convinzione dal suo partito) a trattare come renitenti anche coloro che, liberamente o per costrizione, avevano assunto due dosi di vaccino.

Infatti, la durata del lasciapassare fu incredibilmente ridotta (anche perché ci si accorse che la quantità di anticorpi era inversamente proporzionale al tempo trascorso dall’ultimo tagliando) e fu necessario per tanti offrire per la terza volta il braccio alla Patria.

L’ecumenismo sanitario, in quei mesi, era uno spaventoso incrocio tra paradossi kafkiani e distopie orwelliane.

Negli Usa ritirati i monovalenti

Eppure, adesso tanti soffrono di amnesie o si comportano in maniera distratta. Per fortuna che, a rinfrescargli la memoria, ci ha pensato un recente intervento della Fda – riportato da La Verità – che ha sentenziato la sostanziale inutilità dei sieri monovalenti per schermare la variante Omicron.

In pratica, l’ente sanitario americano ritiene efficaci soltanto i bivalenti e ha ritirato dal commercio i prodotti non aggiornati, gli stessi che furono imposti agli italiani sotto la scure del certificato verde e con la grancassa della martellante omelia sanitaria. Sarebbe superfluo passare in rassegna l’insistenza con cui fu magnificata l’assunzione della terza dose.

Gli anatemi degli “esperti”

Su tutti valga citare l’ex membro del Cts, Sergio Abrignani, che la descrisse come una sorta di elisir di lunga vita che avrebbe stimolato una memoria immunitaria della durata variabile dai cinque ai dieci anni. Nella realtà, tanti hanno contratto la malattia dopo pochi giorni dalla tripletta vaccinale.

Tra questi pure qualche virologo che lanciava anatemi degni del famoso frate francescano del film “Non ci resta che piangere”. Il “ricordati che deve morire” venne attualizzato nel tremebondo monito di galliana memoria: “Senza terza dose, si crepa”. Per suggellare gli inviti e le funeste previsioni, l’Aifa cercò di rassicurare tutti indicando come più che efficaci i farmaci monovalenti nel contrasto della variante Omicron.

Se poi le prediche non avessero sortito gli effetti desiderati, il Green Pass avrebbe rappresentato il grimaldello normativo per piegare la volontà dei più. Insomma, questa è la terribile storia di questi anni che va illuminata in ogni suo anfratto, anche e soprattutto in quelli più bui. Senza alcuna esitazione o timore. Sempre che, rifugiandoci in una chiosa sciasciana, la memoria e il ricordo di questi anni così duri abbiano ancora un futuro in questo Paese.