Politica

Così le università diventano le nuove Scuole delle Frattocchie

Boicottaggi di Israele, il caso Normale di Pisa: qualcosa non va se minoranze chiassose riescono a “schierare il sapere” su posizioni di estrema sinistra

Boicottaggio Israele Normale Pisa (Tgcom24)

L’umanità, per quanto non ci si interroghi spesso sul punto, è un’entità in divenire, i progressi della scienza e della tecnologia hanno da sempre generato conflitti etici e morali e ovviamente anche politici, poiché come tutti sappiamo, ogni nostro gesto è riconducibile non solo ad una sfera personale ma anche ad una sfera pubblica nel momento in cui si decide di vivere in una comunità, in società, appunto.

Ricerca a fini bellici

Il ruolo dello scienziato ha acquisito una nuova sfaccettatura da quando la tecnica nata dall’ingegno umano si è messa al servizio delle operazioni belliche, dalle palizzate ai fossati, da Archimede a Leonardo da Vinci e molti altri dopo di loro.

L’esempio più recente di questa commistione etico-politica era fino poco tempo fa da segnalarsi nel team di scienziati del Progetto Manhattan che dal 1943 furono incaricati di creare la prima bomba atomica. Julius R. Oppenheimer disse “sono diventato morte, distruttore di mondi”, Enrico Fermi, premio Nobel per la fisica nel 1938, fu invece più realista diremmo, quando affermò che partecipare alla creazione dell’atomica era stato ”un lavoro di notevole interesse scientifico e l’aver contribuito al troncare una guerra che minacciava di tirar avanti per mesi o per anni è stato indubbiamente motivo di una certa soddisfazione”.

La mozione della Normale di Pisa

Eppure, il Senato accademico dell’ateneo dove lo stesso Fermi fu studente 1918 al 1922, la prestigiosa Normale di Pisa, di recente ha preso una posizione del tutto pacifista sul cosiddetto “dual use”, ovvero l’utilizzo della ricerca scientifica per usi sia civili che militari, in particolare deliberando uno stop ad un bando di collaborazione con Israele.

La cosa ha creato un vespaio mediatico e il dirigente della Normale Luigi Ambrosio, sostenendo di essere stati mal interpretati, ha cercato di mettere una toppa: “La Normale è e resta aperta alla collaborazione con studiosi e atenei di tutto il mondo. Nella mozione facciamo riferimento a diverse iniziative di studio e confronto, tra le quali il recente stanziamento per assegni di ricerca su tematiche relative allo studio del contesto e del conflitto di Israele e Palestina, per i quali auspichiamo in particolare candidature di studiosi sia israeliani sia palestinesi”, ha spiegato riferendosi al bando Maeci Italia-Israele relativo all’Accordo di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica siglato dai governi di Roma e Tel Aviv.

“Non boicottiamo, e non chiediamo a nessuno di boicottare”, ha sottolineato, “non si tratta di una presa di posizione in merito al conflitto israelo-palestinese”. Anche altre università italiane hanno chiesto lo stop ai progetti, a partire dall’Università di Torino, per evitare, dicono, che queste ricerche possano avere un fine anche militare.

Nuove Frattocchie

Quello che qui vorremmo sottolineare è che qualcosa non va quando gli istituti di cultura e sperimentazione cominciano a dettare legge ai ministeri, che pur dissentono e hanno dissentito come ha fatto la ministra dell’università e della ricerca Anna Maria Bernini, ribadendo che le università non possono schierarsi o entrare in guerra e ritenendo ogni forma di esclusione o boicottaggio “estranea alla tradizione e alla cultura dei nostri atenei”.

Qualcosa non va se gli studenti scioperano e appendono striscioni con lo slogan “Palestina libera, studenti in sciopero per un sapere schierato”. Perché, oltre ad essere un assunto cretino non adatto a menti aperte e “scientifiche”, se il sapere si schiera, come in questo caso, con posizioni di estrema sinistra, e sostenute infatti dai partiti di sinistra, a partire dai nuovi comunisti verdi di Nicola Fratoianni, le università pubbliche cosa diventano, se non nuove Scuole di Frattocchie mascherate?

Peraltro, viste le guerre in corso in Paesi industrializzati, chi ci dice che quelle ricerche un giorno non debbano servire a noi per difenderci? Il pacifismo moderno è nobile, l’idealismo politicamente schierato crea senso di appartenenza e si presta a certe strumentalizzazioni di superiorità morale e intellettuale che ben conosciamo, ma l’antico adagio è più saggio: si vis pacem para bellum, il dual use non solo è logico ma è, purtroppo, ancora necessario.