Da Scurati a Vannacci, due “non scandali” frutto di ignoranza e malafede

Il modello italiano dei disabili nelle classi comuni non è l’unico adottato in molti altri Paesi europei. Ma da noi un traguardo ideale diventa ideologico

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Vannacci Scurati

Un sintomo di quanto il dibattito politico sia caratterizzato da un livello assai basso – pieno zeppo di fake news, riconducibili ad un furoreggiante zelo ideologico che ignora o manipola qualsiasi dato reale – è costituito dal coro di scandalo o scatenato per una frase del generale Roberto Vannacci.

A prescindere dal come è stata precisata dallo stesso autore, prendiamola nel significato con cui è stata messa alla gogna, l’aver propiziato classi speciali per i disabili, perché l’integrazione esclusiva finirebbe per penalizzare sia gli handicappati sia i soggetti normali. Ora si può dissentire riferendosi al sistema italiano di inclusione nelle classi comuni, con il supporto di un insegnante ad hoc, ma non considerarlo un modello esclusivo, l’unico ammissibile tale da demonizzare qualsiasi altro, tacciandolo, al meglio, di essere contrario al diritto delle genti, all’acquis comunitario, al testo costituzionale e, al peggio, un ritorno ai tempi bui (al fascismo!!!), come sancito dalla Conferenza episcopale, un’idiozia, una bestialità.

Un quadro differenziato

Se si fosse tenuto presente un quadro comparato, sarebbe stato facile accorgersi che è alquanto differenziato. Come ci ricorda Enzo Magazzini, nel suo “Integrazione scolastica: uno sguardo all’Europa”, all’inserimento dei disabili nelle classi comuni si accompagna una educazione speciale completamente separata, una educazione speciale separata ma occasionalmente collegata con scuole comuni (extrascolastiche), classi speciali in scuole comuni.

Rinviando per un esame completo al rapporto di “Eurydice, Promoting diversity ad inclusion in schools in Europe”, ci si può qui limitare a ricordare a titolo esemplificativo quanto riportato dall’autore citato sopra: in Belgio ci sono otto scuole per altrettante tipologie di handicap, in Germania dieci, nei Paesi Bassi quindici; mentre Regno Unito, Francia Danimarca condividono un sistema misto: accanto all’inserimento in classi comuni, sussistono scuole speciali e classi speciali in scuole comuni.

Un articolo di fede

Certo si può convenire che sul piano ideale il modello italiano possa considerarsi il migliore sul piano dell’inserimento dei disabili nelle classi normali, ma bisognerebbe verificare s’è quello più efficace, visto che non è adottato come unico in molti altri Paesi europei, certamente più sensibili alla resa del sistema adottato rispetto ad una effettiva integrazione. Di fatto il tasso di abbandono nel passaggio alle superiori da parte dei disabili mentali o psichici è assai elevato, segno che oltre ad un certo punto non sono in grado di adeguarsi al ritmo dei normodotati, se pur supportato e scontato nei loro confronti.

Il problema nel nostro Paese è sempre lo stesso, si punta a trasformare un traguardo ideale in ideologico, che non ammette né verifiche né smentite, per cui, da un lato, viene visto e vissuto come un vanto nazionale, di esempio ad ogni altro Paese, attardato in un passato da superare; dall’altro lato, finisce per essere non criticato, ma scomunicato e svergognato chiunque non lo condivida come un articolo di fede.

Da Scurati a Vannacci

Vannacci piace e non piace ai rappresentanti del popolo di sinistra e di destra, certo ha il difetto del mestiere di comandante con incarichi sul campo, cioè di confezionare opinioni personali come fossero ordini indiscutibili; non è detto che questo difetto non paghi in termini di consenso elettorale, dove il tono deciso ha il suo pubblico.

Ma creare uno scandalo intollerabile, quasi fosse uno stupratore del convivere civile, è frutto di ignoranza e di mala fede, come lo è stato per la discriminazione a carico di Antonio Scurati. Questo ultimo se ne è avvalso per accompagnare a Bella ciao (un tantino sessista, lui parte, lei rimane ad aspettarlo) il suo prologo elevato alla sacralità di un sura del Corano; ma ora lo stesso Marco Travaglio, sul Fatto Quotidiano di sabato scorso, ha ritenuto di chiedere pubblicamente scusa per aver partecipato al linciaggio di una Rai occupata militarmente, mentre una volta calate le carte la questione è risultata essere “economica”, malamente condotta e gestita a cominciare dalla stessa Bortone, responsabile della trasmissione.

Ma la c.d. informazione indipendente non ha creduto di doverne prendere atto, a quanto mi risulta, si è limitata a non parlarne più, tanto venuto meno lo “scandalo Scurati”, era pronto ad essere servito lo “scandalo Vannacci”.

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