Politica

Dall’eco-vandalismo all’eco-terrorismo il passo è più breve di quanto sembri

Imbrattato un famoso Van Gogh a Londra, gesto in cui si fondono climatismo e cancel culture. Guai a sottovalutare il potenziale di fanatismo e violenza di questi gruppi

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Ieri due ragazze, attiviste per il clima del gruppo Just Stop Oil, hanno imbrattato il famoso dipinto “I girasoli” di Vincent Van Gogh (1888), esposto alla National Gallery di Londra, lanciandogli contro della zuppa in lattina, o forse salsa di pomodoro.

Tra l’altro, che le due ragazze abbiano potuto agire indisturbate, a tal punto da riuscire a incollarsi le mani alla parete e recitare la loro filippica a favore di telecamere e giornalisti, guarda caso pronti sul posto, in saloni dove capita di essere ripresi se solo ci si sporge di qualche centimetro verso le opere, sa di sceneggiata allestita – e forse persino tollerata dal museo stesso.

Se il loro intento era finire in apertura di siti e notiziari e sulle prime pagine dei giornali, ci sono certamente riuscite. Hanno avuto il loro quarto d’ora di notorietà. Ma hanno “scosso le coscienze”? Sono riuscite a sensibilizzare l’opinione pubblica alla loro causa, o il loro gesto è stato visto come un mero atto di gratuito vandalismo?

In questi tempi incerti non sapremmo dare una risposta, anche se ci sembra uno di quei casi, piuttosto frequenti ormai, in cui non dovrebbe essere necessario “sguainare spade per dimostrare che le foglie sono verdi in estate”.

Che il dipinto non sia stato danneggiato grazie al vetro protettivo cambia solo da un punto di vista “materiale” la gravità dell’atto.

Effetti anti-umani del climatismo

Il senso della loro “provocazione” lo hanno spiegato le due ragazze a favore di telecamere: “What is worth more, art or life? … are you more concerned about the protection of a painting or the protection of our planet and people?”.

Cosa ha più valore, l’arte o la vita? Cosa ha più bisogno di protezione, un dipinto o le persone? Una contrapposizione ingannevole.

Non si rendono conto le due ragazze, imbottite di una ideologia purtroppo mainstream, di quanto il loro gesto, in cui climatismo e cancel culture si fondono, sia stato in realtà anti-umano e nichilista e di quanto il loro presunto “altruismo climatico” stia producendo esiti indesiderati.

Morte e miseria sono causate non dalla presunta crisi climatica ma dalla scarsità di energia, di cibo e fertilizzanti, provocata dal progressivo disinvestimento delle nazioni ricche nelle fonti fossili.

Decenni di cattive politiche energetiche in Europa significano per noi europei pagare a caro prezzo in giro per il mondo l’energia che ci serve e che non produciamo più in casa nostra, ma per i Paesi poveri e in via di sviluppo vuol dire non trovarne a sufficienza. Quello che per noi è un aumento dei prezzi, per altri è privazione.

Si è evocata ieri la possibilità di un cambio di denominazione del Ministero della transizione ecologica guidato da Roberto Cingolani. Ma qui non basta cancellare e accorpare un ministero. Tra i primi atti del nuovo governo dovrebbe esserci l’immediata uscita tout court dalla “transizione ecologica” imposta e sussidiata dallo Stato, e la simultanea ripresa del nucleare e delle attività esplorative/estrattive.

La violenza dei blocchi stradali

Negli ultimi mesi si sono moltiplicate in Italia (non saprei se anche in altri Paesi) le azioni dimostrative di un altro gruppo: Ultima generazione. I militanti mettono in atto improvvisi blocchi stradali su vie ad alta percorrenza, spesso a doppia carreggiata, delle grandi città come Roma e Milano, anche in questo caso preoccupandosi che il tutto – reazioni degli automobilisti comprese – venga ripreso dalle telecamere.

Si siedono o si sdraiano sull’asfalto con i loro striscioni, del tutto incuranti che nelle lunghe code che si formano in pochi secondi possano restare intrappolati mezzi di soccorso, autoambulanze, o persone dirette in ospedale, magari per un trattamento oncologico – è stato il caso di una signora coinvolta in un blocco proprio ieri a Roma.

Azioni solo apparentemente nonviolente, in realtà anti-umane e potenzialmente letali. La libertà di manifestazione del proprio pensiero non dovrebbe creare disagi, men che mai dovrebbe spingersi fino a mettere nel conto di creare un vero e proprio danno.

Un fanatismo religioso

Dal dipinto di Van Gogh imbrattato a Londra, ai blocchi stradali a Roma, vediamo in azione un fanatismo quasi religioso.

Su Atlantico Quotidiano ci siamo soffermati tempo fa sulle caratteristiche di religione laica del gretismo, la Climatology di Greta, con i suoi testi sacri, i suoi riti, i suoi precetti morali per una vita virtuosa, persino una sua escatologia, il suo millenarismo.

Ci sono peccati e redenzione, persino l’astinenza. Non può chiaramente mancare la santificazione della fondatrice: la verità rivelata a una giovane senza peccato da quel momento animata dalla missione di salvare l’umanità. E chiunque osa contraddire le sacre scritture viene bollato come infedele.

Si sta sottovalutando l’effetto che può avere su milioni di giovani il quotidiano bombardamento di messaggi apocalittici che non rispondono nemmeno lontanamente alla realtà.

Veri credenti

Come ha osservato qualcuno, non c’è nulla di più pericoloso di un vero credente animato da idee malvagie.

Se credi in buona fede – con la passione, l’idealismo e l’entusiasmo tipico dei giovani – che “la nostra casa è in fiamme”, che il pianeta sta bruciando, che è in corso uno sterminio di milioni di persone perché qualcuno si alza la mattina e va a lavorare in macchina, o si mangia una bistecca, allora per fermare tutto questo cosa vuoi che sia un patrimonio dell’umanità come un Van Gogh, una visita oncologica o una autoambulanza da cui dipende una sola vita?

Bisogna cominciare a prendere molto sul serio questi gruppi, a non liquidare le loro azioni come “ragazzate” o, peggio, a giustificarle in nome di “alti ideali”.

Temiamo infatti che la soglia del prezzo che si è disposti a pagare per queste azioni dimostrative possa spostarsi molto più in là, fino a rendere accettabile mettere nel conto il sacrificio di molte vite. In nome della religione o dell’ideologia, il passo dal fanatismo al terrorismo è purtroppo molto breve.