Ecco cosa ha deciso le elezioni in Liguria, spiegato da un genovese

Ci sono alcuni temi, molto concreti, che da sempre stanno a cuore ai liguri e ai genovesi assai più di altri prettamente ideologici. Su questi Bucci ha sia perso che guadagnato voti

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Bucci Orlando liguria

Ha ragione la collega Antonella Gramigna quando dice, su questo quotidiano, che i liguri hanno preferito la stabilità all’incertezza del “campo largo”. Voglio, tuttavia, aggiungere altri punti di vista, da genovese.

Il tema viabilità

Vi sono, a Genova e in Liguria, argomenti affatto speciali. Uno di questi è talmente sentito dai miei corregionali da costituire un vero punto di forza nelle campagne elettorali e, di conseguenza, il vero banco di prova dei sindaci e dei governatori: la questione della viabilità. Ancor più della sanità pubblica, che – possiamo dirlo per semplice confronto – nella regione di Toti e di Bucci funziona complessivamente meglio che altrove, ai liguri interessa non trascorrere ore fermi in coda.

La conformazione fisica della Liguria è un unicum geopolitico in Italia. Affacciata su uno dei porti più importanti del Mediterraneo, il suo territorio è interamente attraversato longitudinalmente da catene montuose che, in alcuni tratti, superano abbondantemente i mille metri. Ne deriva una indubbia difficoltà a mettere in agile comunicazione il resto del Nord Italia con il nostro capoluogo, che – fatto per nulla trascurabile – incorpora in sé il suo grandissimo porto.

Su questo fronte si combatte e discute da secoli. Non a caso, la prima vera autostrada italiana, che all’epoca si chiamava “Camionale dei Giovi”, venne inaugurata nel suo tratto definitivo da Genova a Milano da Benito Mussolini in persona, nel lontano 1932, mentre fu il Re Vittorio Emanuele II a inaugurare, nel 1854, il primo tratto della strada attraverso il Passo dei Govi.

Già all’epoca, mettere in comunicazione stradale la Pianura Padana col porto e la città di Genova era un punto focale e un passaggio obbligato per lo sviluppo dell’economia di tutto il Nord. Persino la linea ferroviaria tra Genova e Torino, risalente al 1853, fu un primato assoluto nel nostro Paese, per l’arditezza delle opere – principalmente gallerie e altissimi ponti ferroviari – che vennero realizzati con soluzioni tecniche allora assolutamente all’avanguardia.

Il porto di Genova

I liguri, da sempre, vivono “del” e convivono “con” il porto di Genova, e da lì non si scappa. Non vi sono soltanto quelli che direttamente si avvalgono delle attività e dell’indotto portuale, ossia quelli che col porto ci vivono, ma votano pure le centinaia di migliaia di abitanti che non hanno un diretto interesse in porto ma che da esso abbiano utilità o disagi. Va considerato, in Liguria più che altrove, che, a fronte degli immensi benefici portuali che hanno fatto grande Genova nella storia, v’è pure l’immancabile rovescio della medaglia, un complesso di ricadute sgradite derivanti dalla centralità geografica del porto, al servizio del quale vennero tracciate le, ancora oggi pochissime, autostrade e strade ad alta capacità di traffico liguri. Genova abbisogna del suo porto come Roma dei suoi ministeri e non è un interesse puramente regionale, bensì nazionale. Chiudesse il Porto di Genova, sarebbero guai per tutti.

Dalla complessità della sua viabilità extraurbana – poiché il centro di Genova non è certamente il più trafficato tra le più grandi città italiane – con soluzioni, non sempre felici, che le ultime dieci amministrazioni comunali hanno realizzato, deriva la gran parte dello scontento popolare. Uno scontento, ove vi sia, che spesso si sovrappone con il tradizionale mugugno genovese, soprattutto quando non supportato da soluzioni tecniche praticabili che possano risolvere il problema di questa regione lunga e stretta sulla quale non è facile costruire nuove strade.

Si aggiunga che, sfortunatamente, le nuove vie di comunicazione stradale dovrebbero essere realizzate proprio nelle zone dei più grandi complessi industriali, attraversando quartieri a elevata densità abitativa. Su questo campo, da sempre, cade l’amministratore che venga giudicato incapace dagli elettori, come guadagna consensi chi sia riuscito a snellire, anche soltanto localmente, il traffico.

Voti persi e guadagnati da Bucci

Scommetto che Marco Bucci, vincitore per pochi voti di questa tornata elettorale, ha sicuramente perso voti nei seggi degli elettori (non pochi, in verità) che non hanno apprezzato la pista ciclabile che ha ristretto le corsie in Corso Italia, lo storico ed elegante lungomare cittadino e, me lo confermano amici che abitano a Nervi, stesso malumore generale ha creato il progetto dell’attuale amministrazione cittadina per realizzare un’isola pedonale in quella famosissima località turistica, facente parte della Città di Genova. Potrà sembrare banale e poco avrebbe a che fare con la ragione politica, ma soltanto chi è di Genova potrà capire quanto ai genovesi stia a cuore avere, non dico strade scorrevoli perché siamo nel 2024, ma, quantomeno, strade sulle quali non necessiti un’ora per percorrere pochissimi chilometri e in coda.

Non va molto meglio in provincia di Savona, semmai, ancora peggio. In quel caso, il guaio interessa anche le decine di migliaia di non liguri, molti dei quali hanno casa o frequentano da decenni la Riviera di Ponente, alcuni dei quali stanno meditando di vendere casa poiché non possono metterci più tempo a scendere in Liguria che a recarsi, chessò, in Trentino Alto Adige o andare al mare in Adriatico.

Le ricadute della difficile percorribilità delle autostrade intasate da eterni e poco affollati cantieri, per di più punteggiate da innumerevoli incidenti stradali, sono reali ed evidenti. Se conoscete un ristoratore o un gestore di stabilimento balneare in quelle zone, chiedete a loro e vi diranno se abbia torto. La Liguria, oltre che di porti (Anche Savona e Vado Ligure fanno ormai parte del porto di Genova) trae una considerevole parte delle sue entrate economiche dal turismo. Se il turismo in quella regione diventa scomodo, va tutto a catafascio.

Tralasciamo, volutamente, quanto il crollo del famigerato Ponte Morandi abbia aggravato la situazione, come non consideriamo nemmeno le successive vicende giudiziarie degli enti gestori di quei tratti autostradali: è discorso estraneo a quanto stiamo considerando oggi. Ma diciamo che molti genovesi hanno apprezzato il ruolo di commissario straordinario alla ricostruzione del ponte crollato (Marco Bucci), soprattutto per il rispetto dei brevissimi tempi previsti per l’immensa opera di abbattimento dei tronconi, la bonifica dei sedimi interessati e la costruzione ex novo dell’attuale bellissimo Ponte San Giorgio. Ha perso voti da una parte e ne ha guadagnati altri dall’altra. Ritengo vi sia un forte legame tra opere (soprattutto viarie) realizzate, opere promesse e non ancora finite e, rispettivamente, consenso o dissenso per chi ne fu l’artefice.

Il fattore Toti

Sui voti guadagnati a sinistra o persi a destra per la nota vicenda giudiziaria che ha coinvolto l’ex governatore della Liguria, Giovanni Toti, contrariamente a quanto ritengono in molti, è possibile che il numero di voti traslati da uno schieramento all’altro non sia così imponente. Chi attribuisce a Toti ogni forma di malgoverno, statene certi, non l’ha votato neppure prima e non lo voterebbe mai, nemmeno fosse stato Superman che salva Metropolis . Altrettanto poco rilevanti, ai fini elettorali, le vicende personali degli altri due protagonisti dello scandalo in porto. I genovesi, parlando del porto, ci vedono straordinariamente lungo…

Il primato del Pd

Genova era, molto più di oggi, una grande città d’industria soprattutto metalmeccanica, ma ancora oggi vede nel ceto operaio delle grandi aziende un serbatoio di voti a sinistra che nessun sindaco o governatore che di sinistra non sia potrà mai attrarre a sé. Come dico spesso, chi è comunista, lo rimane nonostante tutto e tutti.

Gli incerti, quelli che hanno votato un po’ di qua e un po’ di là, non fanno la storia né il costume, men che mai a Genova, città dai gusti e dai colori decisi. Il fatto che nella città di Beppe Grillo sia crollato proprio il suo Movimento 5 Stelle ne è surreale conferma. Chi sia di sinistra, in Liguria vota Pd (perché sa che può farcela) mentre i comunisti duri e puri hanno rinunciato da un pezzo, per solido realismo, a sostenere i partitini con falce e martello nel simbolo. Pragmatismo ligustico.

Il fattore strade

Senza la pretesa di vederci meglio dei tanti analisti che affollano i salotti televisivi in questi giorni, affermo, anzi, riaffermo che il “fattore strade” ha contato, a favore o contro Bucci, assai più di altri di stampo prettamente ideologico. Dopotutto, la gente ligure è abituata alle cose concrete e non vi è stato uno, dico uno, dei grandi genovesi del passato che non abbia lasciato ai posteri qualche grande opera in pietra, calce, mattoni che fosse, ossia qualcosa di tangibile.

E sui (tanti) voti dati ad Andrea Orlando che dire? Sfortunatamente per lui, è pochissimo conosciuto e considerato dai genovesi. Anche nella sua provincia di La Spezia, (forse perché vi è stato pochissimo negli ultimi anni in quanto impegnato a Roma) pur essendo una provincia rossa da sempre, non ha fatto sfracelli. Moltissimi voti a Orlando erano voti contro Bucci. Avrebbero votato pure Qui Quo Qua.

In ultimo: si fa un gran parlare dell’aiuto che il potente esponente di Forza Italia, Claudio Scajola avrebbe dato a Bucci in provincia di Imperia, balza agli occhi una incontrovertibile realtà. Senza le vecchie volpi della politica, quelli che ministri lo sono stati quando non lo diventava chiunque, quelli che hanno mangiato pane e politica per cinquant’anni di fila nessun outsider, di sinistra o di destra che sia, nessuno può farcela, men che mai nella terra degli scettici per natura, di quelli che non s’innamorano mai del “nuovo” in quanto tale. Naviganti da millenni, i liguri apprezzano la solidità della terraferma più di altri.

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