Non si può non comprendere, se si vuole che ci sono tre pilastri giuridici che imbrigliano la politica nazionale, nel bene e nel male, dentro un recinto dal quale non c’è alcuna possibilità di sfuggire alla mannaia del potere dei giudici. Costituzione della Repubblica, Trattati europei e Convenzione EDU rappresentano il recinto che sta via via annullando – azzerando – la discrezionalità di qualsiasi autorità politica nazionale.
In virtù di questi tre livelli di costituzionalismo il potere discrezionale della politica è pressoché ridotto a zero. Per molti versi è un bene che sia così, per altri è invece una disgrazia dalle proporzioni immani.
Il pilota automatico
Il costituzionalismo è la Bibbia della civiltà moderna; è nato per tutelare l’individuo dai soprusi del potere, per sconfiggere il Sovrano legibus solutus che poteva fare ciò che più gli aggradava delle vite altrui.
Ma il costituzionalismo europeo ha deragliato: quello che era nato come un progetto di limitazione del potere, per evitare che i cittadini fossero schiacciati dalle tasse, per evitare che si giustiziassero colpevoli ed innocenti senza un regolare processo, per tutelare la libertà e la proprietà, si è trasformato in un progetto di costruzione di una nuova società.
L’individuazione di fini sociali specifici (o di obiettivi economici precisi) ha inserito quello che possiamo definire il pilota automatico, un pilota che non può essere disturbato da nessuno, nemmeno dal più vasto mandato elettorale.
Pensiamo all’art. 3, comma 2, della Cost: è una norma che non si limita ad imporre al legislatore ciò che non può fare, ma che lo costringe anche a raggiungere di necessità un certo risultato. È tutto ciò che va in direzione opposta è cassato dalla Corte costituzionale.
Oppure pensiamo alla norma costituzionale sulla tassazione progressiva: il parlamento, qualsiasi parlamento dotato del più ampio consenso, non può disattenderla. E si potrebbe andare avanti all’infinito.
Alla Costituzione repubblicana si affiancano i Trattati europei e la Convenzione EDU. Anche in questo caso si tratta di livelli costituzionali della normazione e nessuna autorità politica può disattendere ciò che impongono la Corte di giustizia e la corte di Strasburgo.
Per essere chiari: questo meccanismo del pilota automatico ha rappresentato dopo la Seconda Guerra Mondiale tanta parte della salvezza dell’Europa, su questo non può esservi alcun dubbio. La cultura dei diritti umani è stata fondamentale per la salvaguardia delle nostre esistenze e per la tutela di un assetto liberal democratico. Ma ci sono rovesci della medaglia rappresentati anch’essi dalla impotenza della volontà politica (come nel caso delle politiche di migrazione) e non è detto che vada sempre tutto bene.
Se possiamo decantare le virtù della Costituzione repubblicana e dei Trattati europei che tutelano gli equilibri di bilancio, la concorrenza, la proprietà e le principali libertà (negative), anche contro la volontà politica nazionale più forte che vorrebbe deviare da certi obiettivi, in altri ambiti, il pilota automatico sembra soffocare qualsiasi desiderio di cambiamento.
Lo strapotere del singolo giudice
Ciò che la politica non sembra cogliere è l’effettivo rapporto di forza fra volontà, appunto, politica e volontà giuridica (nelle mani della giurisdizione).
A chi scrive fa molto piacere, solo per fare un esempio, che i Trattati europei e le direttive impediscano ai balneari di vivere di una rendita di posizione non contendibile, ma c’è un però, c’è un ma, che non viene preso in considerazione. Abbiamo costruito un ordinamento europeo nel quale il singolo giudice nazionale (giovane e inesperto, anziano e navigato, non ha importanza) può disapplicare tutte le leggi volute dal Parlamento (dalla sovranità nazionale) se solo le considera poste in violazione del diritto europeo.
Forse questo aspetto, nella sua eclatante potenza non è preso in considerazione dalla classe politica. Il singolo giudice non deve nemmeno rivolgersi alla Corte costituzionale; può semplicemente fare finta che la volontà del Parlamento nazionale non esista. Con meccanismi un po’ diversi e meno cogenti vale lo stesso discorso anche quando una norma è in contrasto con la convenzione EU e con altri trattati internazionali.
La sottomissione della politica
Cosa voglio dire? La classe politica italiana conduce le campagne elettorali e mette in atto azioni di governo come se questo recinto di vincoli rappresentato dalle norme di livello costituzionale non esistesse. Promette la rivoluzione in ambiti politici all’interno dei quali poi non può far nulla, pena la sanzione dei giudici, e ciononostante incolpa la magistratura.
No signori; se non potete fare ciò che volete (giusto o sbagliato che sia) in ambito di bilancio pubblico non è colpa della magistratura contabile o della Ue, è colpa della sottomissione che avete accettato rispetto ad una cornice giuridica precisa. Se non potete fare ciò che volete in ambito delle politiche industriali o della concorrenza, non è perché qualche malefico sotterfugio vi sta colpendo, ma è perché avete accettato di operare all’interno di un quadro di regole che conoscevate prima di candidarvi a guidare la nazione.
E la stessa cosa vale per l’immigrazione. Piaccia o non piaccia (a me spesso non piace) ci sono regole nazionali e internazionali che non consentono determinate azioni. È colpa della magistratura che applica la legge? O è colpa della inescusabile ipocrisia di chi si candida a guidare la nazione senza avere consapevolezza dei limiti che incontrerà la propria azione?
Le regole del gioco
Le regole, signori; dovete cambiare le regole del gioco, se avete onestà intellettuale, coraggio e capacità di affrontare la sconfitta.
C’è stata una corrente culturale precisa, che ha seminato per decenni, nel bene o nel male, in Europa (negli Stati Uniti ad esempio non è così) per costruire una prigione giuridica socialdemocratica (che a me non piace) dalla quale non vi è consentito uscire se non demolendola. Lo ripeto: la cornice del costituzionalismo nazionale ed internazionale è stata fondamentale e lo è ancora per molti aspetti; per il resto però o la demolite o la smettete di abbaiare alla luna.