- Il presidente parla, testuale, di “stato di emergenza climatica”
- Invasione di campo: l’indirizzo politico non spetta al Colle
- Paradigma Covid applicato al clima: nessun compromesso, sacrificabile tutto, interessi e diritti costituzionalmente protetti
- L’IPCC e la funzione degli apocalittici nel controllo della narrazione
Professore universitario e costituzionalista, più volte deputato, senatore e ministro, presidente del Consiglio, giudice e presidente della Corte costituzionale. E da qualche giorno anche climatologo. È di qualche giorno fa, in una intervista a la Repubblica, l’esordio di Giuliano Amato da esperto di clima.
L’esordio di Amato
Un esordio sfortunato, tuttavia. Perché mentre il presidentissimo esordiva nel suo nuovo campo accademico, avvertendo che “non c’è più tempo per una transizione ecologica graduale”, parlando di “lotta per la sopravvivenza”, paragonando il “terrorismo del clima” al “terrorismo politico cinquant’anni fa”, suggerendo di “rinunciare a qualche produzione agricola piuttosto che perdere completamente la terra“, il professore Jim Skea, nuovo presidente dell’IPCC, l’organo a cui gli stessi catastrofisti climatici riconoscono la massima autorità scientifica sul clima, contrastava proprio questa visione apocalittica.
Stiamo esagerando con il catastrofismo climatico, è il messaggio del nuovo capo dell’IPCC (il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite). Il riscaldamento globale non condannerà la specie umana all’estinzione, “il mondo non finirà se si riscalderà di più di 1,5 gradi”. Nonostante le difficoltà, ci sono buone ragioni per essere ottimisti.
L’appello allarmista di Mattarella
A non ascoltare il nuovo presidente dell’IPCC anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che con altri cinque capi di Stato ha firmato ieri l’ennesimo appello allarmistico sul clima.
Un appello che parla di “crisi climatica”, che ormai avrebbe raggiunto addirittura “dimensioni esplosive” , e nel quale – crediamo per la prima volta – si invoca testualmente lo “stato di emergenza climatica“. Immancabili i soliti “fenomeni naturali estremi”, che però, come mostrano i dati scientifici, non sono né più frequenti, né più estremi, né più letali del passato.
Come Amato, anche Mattarella e gli altri cinque presidenti affermano che “non c’è più tempo da perdere, non c’è più tempo per scendere a compromessi per ragioni politiche o economiche“, bisogna “educare e ispirare in tutti l’etica della responsabilità ambientale”.
Il paradigma Covid applicato al clima
Un passaggio inquietante, che evoca forme di rieducazione di massa, ma è soprattutto in quel “non scendere a compromessi per ragioni politiche o economiche” che si intravede, di nuovo, il paradigma prevalso durante l’emergenza Covid, per cui sembra lecito travolgere e sacrificare tutto e tutti. Nel triennio pandemico in nome dei dogmi sanitari, oggi in nome dei dogmi climatici. Oggi come allora, senza alcun bilanciamento tra diversi interessi e diritti costituzionalmente protetti.
Nessun compromesso su auto, case, industria, agricoltura e quant’altro, sembrano sostenere Mattarella e Amato, che si iscrivono alla folta schiera anti-scientifica degli apocalittici e del “fate presto”, a qualunque costo economico e sociale.
Invasione di campo
Un appello che riaccende, o dovrebbe riaccendere il dibattito sulla deriva del ruolo del presidente della Repubblica. Non è più possibile ignorare come con interventi praticamente quotidiani, su temi di stretta attualità, come appunto il clima, che implicano scelte epocali in molteplici settori – energetico, economico, sociale – vi sia la pretesa di dettare o per lo meno condizionare l’indirizzo politico, la cui individuazione e attuazione la Costituzione attribuisce a governo e Parlamento, non alla presidenza della Repubblica.
Se il capo dello Stato ormai partecipa all’indirizzo politico della nazione, si impone la necessità di una sua legittimazione diretta da parte dei cittadini.
La funzione degli apocalittici
Tornando al clima, dal segretario delle Nazioni Unite Guterres, che parla di “ebollizione” e “sedia elettrica”, ai vertici istituzionali dell’Unione europea e dei singoli Stati membri, tutti si esprimono come i fanatici di Ultima Generazione.
Ma come dicevamo è stato il nuovo presidente dell’IPCC, Jim Skea, in questi giorni, a raffreddare i bollenti spiriti dei catastrofisti climatici. Se, come sembra probabile, l’obiettivo di mantenere l’aumento delle temperature dall’epoca pre-industriale entro 1,5 gradi all’inizio degli anni 2030 verrà mancato, “non dobbiamo disperare e cadere in uno stato di shock”, ha detto. “Se ripetiamo costantemente che siamo tutti destinati all’estinzione, il risultato sarà quello di paralizzare le persone che non prenderanno le adeguate contromisure per combattere il riscaldamento globale”.
A ben guardare, da parte del nuovo capo dell’IPCC non c’è alcun passo indietro, nessuna autocritica o ripensamento, solo un invito a moderare i toni nel timore che possano rivelarsi controproducenti per la stessa agenda green. L’IPCC resta, come lo ha definito il Nobel per la fisica 2022, John F. Clauser, “una delle peggiori fonti di pericolosa disinformazione”, tra i principali propagatori della “pseudoscienza del clima” in voga oggi.
Ma la prima uscita mediatica di Skea è interessante, perché conferma quanto scrivevamo alcune settimane fa a proposito della funzione degli apocalittici nel controllo della narrazione. La loro funzione sembra quella di far apparire le posizioni dell’IPCC, e le azioni dei governi, ragionevoli, pragmatiche, persino troppo caute, mentre al contrario quella che ci viene imposta, in particolare in Europa, è una transizione a tappe forzate, autoritaria, estremista nella tempistica e negli obiettivi.
La soglia dell’accettabilità
Viviamo nell’epoca del “è talmente assurdo che non lo faranno mai”. E invece lo faranno. Anzi, lo stanno già facendo. Auto, casa, cibo, agricoltura, trasporti, moneta, internet. Siamo di fronte ad un attacco alle nostre proprietà, attività e libertà personali senza precedenti. Un reset delle nostre vite calato molto velocemente dall’alto. Ma le persone comuni stentano a crederci, si mostrano indifferenti, i politici di destra si illudono che sia possibile un compromesso su tempi e modalità.
Gruppi come Extinction Rebellion e Ultima Generazione non servono a sensibilizzare e tanto meno a convincere. Servono a spostare sempre più in là l‘asticella di cosa sia accettabile. Non importa quanto sia già folle la via che abbiamo imboccato e che stiamo percorrendo a tutta velocità (da qui al 2030 è un attimo). C’è sempre qualcosa di più folle rispetto al quale il già folle può essere fatto passare per un compromesso accettabile contro cui non vale la pena battersi.
Al circo mediatico servono gli estremisti, gli invasati di Ultima Generazione, per accreditare come “moderato” chi l’agenda green, quella vera, la sta già attuando e superare le resistenze della popolazione ad essa.
Nel trip climatista
E il governo Meloni? Caduto in pieno nel trip climatista. Basti pensare che il prossimo 8 agosto, pare, il ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, lo stesso Gilberto Pichetto Fratin che si è commosso per le lacrime dell’ecoansiosa attrice, incontrerà cinque esponenti di Ultima Generazione. Sì, proprio il gruppo che si è reso protagonista di gravi reati, imbrattamenti e blocchi stradali, e a cui andrebbe contestata l’associazione a delinquere, viene così riconosciuto come interlocutore e legittimato. Le proteste illegali stanno funzionando.
A beneficio dei volenterosi che sostengono un approccio più graduale e pragmatico – in questi giorni autorevolmente respinto al mittente da Mattarella e Amato (“non c’è più tempo”, “nessun compromesso”) – ribadiamo che il treno climatista non è un treno che dovrebbe essere semplicemente ritardato o fornito di carrozze più confortevoli, è un treno che va al più presto fermato.