È accaduto in Italia, in Olanda, ora in Francia. Sta accadendo anche in Germania e nel Regno Unito. Partiti di destra che prima alle elezioni stentavano ad andare in doppia cifra stanno scalando le posizioni una tornata elettorale dopo l’altra.
L'”onda nera”
Da due anni ormai Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni è primo partito in Italia e alla guida della coalizione di governo. Primi anche il PVV di Geert Wilders, già al governo, e il RN di Marine Le Pen, che al governo potremmo trovarlo molto presto. Non è primo AfD in Germania, ma in queste elezioni europee ha addirittura scavalcato la SPD del cancelliere in carica piazzandosi al secondo posto dietro la CDU rinvigorita da alcuni anni all’opposizione.
E attenzione al Regno Unito, dove Nigel Farage sta guidando Reform UK a sfidare i Tories alle elezioni anticipate di luglio convocate dal premier uscente Sunak. Un recente sondaggio, successivo alla discesa in campo di Farage, lo piazza al terzo posto a soli due punti percentuali dai Tories (19-17).
Come viene descritto tutto questo dai media mainstream, oltre che ovviamente dalle sinistre? “Onda nera”, “valanga nera”. E come vengono definiti questi partiti: estrema destra, far right, nella migliore delle ipotesi. In Italia non di rado si parla ormai di “ultra-destra”, qualsiasi cosa ciò voglia dire, e con molta superficialità e sprezzo del ridicolo si lanciano pesanti accuse di fascismo e nazismo. Persino alla Meloni, figurarsi AfD…
Ma se è verosimile che un partito intorno al 4-5 per cento possa raccogliere consensi anche di frange estremiste, borderline, quando passa al 20 o al 30 per cento, cioè 1/5 e 1/3 dell’elettorato, quanto è probabile che le stesse persone che poche elezioni prima votavano socialisti e popolari siano diventati improvvisamente tutti fascisti? Possibile (un precedente storico c’è, ma uno solo!), ma diciamo improbabile.
Nemmeno l’uso sistematico della violenza, connotato fondamentale dei movimenti fascisti del passato, avvalora l’ipotesi, dato che oggi i partiti di “far right” sono anzi oggetto di violenze, intimidazioni e tentativi di censura.
L’asse politico spostato a sinistra
Spesso la spiegazione più semplice è anche quella giusta. Ciascuno di questi partiti ovviamente ha la sua storia, il suo contesto nazionale, le sue ombre, ma condividono il motivo del loro successo.
Se immaginiamo lo spettro politico graficamente, con una curva gaussiana a rappresentare le opinioni politiche (come quella che abbiamo preso in prestito dal giornalista britannico Alex Armstrong), ci accorgiamo che negli ultimi due decenni semplicemente l’asse politico si è spostato a sinistra.
Sono i partiti di sinistra ad essersi spostati all’estrema sinistra. E i partiti popolari e conservatori li hanno seguiti, arrivando a rappresentare una versione moderata della sinistra: basti pensare alle politiche green, ai cosiddetti nuovi diritti, agli eccessi di spesa pubblica e, non ultima, alla sottovalutazione dei flussi migratori, in particolare da Paesi musulmani.
Per non apparire retrogradi e non farsi accusare di intolleranza, quando non per convinzione, molti leader popolari e conservatori hanno inseguito le sinistre sulle sue politiche e parole d’ordine. Ricordiamo le porte aperte da Angela Merkel al milione di migranti. E proprio ieri il premier britannico Rishi Sunak ha riconosciuto di non aver protetto i confini.
Fino ad un certo punto i loro elettori li hanno seguiti, fin quando non si sono manifestate le conseguenze soprattutto economiche di quelle scelte e non è apparso evidente lo sdoganamento di eccessi e situazioni sempre più assurde. Ora però sempre più elettori li stanno mollando per i partiti cosiddetti di “estrema destra”, che nel frattempo hanno semplicemente occupato lo spazio lasciato libero da questo scivolamento a sinistra, il “centro” dello spettro politico.
La sinistra è scivolata così a sinistra, inseguita dai partiti popolari e conservatori tradizionali, che tutto ciò che sostanzialmente è rimasto dov’era sembra di “estrema destra”. Ma è un’illusione ottica. I media mainstream hanno usato così tanto l’etichetta “estrema destra” che ora è solo un termine per descrivere la gente comune, osserva Alex Armstrong.
Opinioni comuni fino a ieri, oggi sono ancora ampiamente condivise ma vengono bollate dai media e dal pensiero unico progressista come di “estrema destra”. La difesa e il controllo dei confini? Estrema destra. Il diritto all’autodifesa? Estrema destra. Esistono due generi, uomo e donna? Estrema destra. Dibattito basato su dati scientifici e non dogmi e allarmismi? Estrema destra. Tasse più basse, libertà di parola, libertà di muoversi in auto? Tutto estrema destra.
L’etichetta “estrema destra” sembra ormai riferirsi a normalissimi cittadini, politicamente centristi, o di sinistra e destra moderate, che pagano le tasse e chiedono un minimo di sicurezza nelle loro città, che vorrebbero conservare il loro posto di lavoro, poter mantenere una famiglia, una casa, un’auto, insomma il loro stile di vita.
Tutte cose oggi minacciate da una serie di politiche autoritarie di estrema sinistra imposte spesso anche con il via libera di partiti non di sinistra. Ma solo perché questi cittadini hanno iniziato a votare contro i responsabili delle politiche che minacciano le loro vite, diventano di “estrema destra”?