Politica

Fallimento Pnrr: non solo incapacità tecnica di spendere, sballate le priorità

Finanziate opere di cui non si ravvisa la minima utilità pratica. Da anni piangono miseria, ma i nostri amministratori non sanno nemmeno cosa farne dei fondi

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La leggenda popolare narra di un commerciante, anzianotto e grassottello, che aveva assoluto bisogno di un somarello sul quale caricare le sue mercanzie per andare a venderle al mercato. Decise di rivolgersi al SantAntonio da Padova, pregandolo di fargli avere il sospirato asino, che puntualmente si materializzò, la mattina seguente, davanti all’uscio di casa sua per intercessione del Santo.

Caricato che fu l’animale, il nostro venditore ambulante non doveva fare altro che saltare in groppa all’animale e dirigersi verso il mercato, ma, a causa della pancia e delle sue gambe corte, non riusciva a montare in sella, per cui si rivolse nuovamente a Sant’Antonio perché gli donasse quel minimo di agilità di cui abbisognava.

Troppa grazia!

Ottenuta anche quella grazia, perché, almeno nelle leggende, i Santi sono sempre prodighi di favori anche per gli sconosciuti, il buon commerciante grassottello spiccò il balzo ma subito s’accorse che la vigoria di cui venne gratificato era troppa, per cui saltò ben oltre il basto e ruzzolò a gambe in aria dalle parte opposta. Fu allora che pronunziò la frase proverbiale: ”Troppa grazia, Sant’Antonio!”.

Temo che qualcosa del genere stia succedendo in Italia a causa del Pnrr (acronimo di Piano nazionale di ripresa e resilienza), che, in sostanza, è un fiume immenso di danaro che l’Europa ci presta a condizioni ben precise (quanto a rendicontazione delle spese fatte) ma restando abbastanza indefinite le opere che si intendano mettere in cantiere con quei soldi.

Tralasciamo, almeno in questa sede, le pur tante considerazioni sull’opportunità o meno di aderire tale prestito europeo, per cui eviterò di ripetere la più ovvia delle affermazioni che tutti, ma proprio tutti, hanno finora concordemente sostenuto, quella per cui “sono debiti che ricadranno sui nostri figli e sui nostri nipoti…”. Grazie, Graziella: sono soldi che dovremo restituire nel medio e lungo periodo, e fin lì…

Incapaci a spendere

Ma ciò che vorrei sottoporre alla vostra sempre attenta valutazione è la totale incapacità, quand’anche non s’accompagni alla impreparazione dei nostri enti locali ad inventarsi in quattro e quattr’otto dei capitoli di spesa per finanziare, coi tantissimi soldi europei che già stanno arrivando loro da mesi, qualcosa che valga la pena di fare e/o costruire sul nostro territorio.

Per quanto appaia paradossale, accade che regioni e comuni italiani non sappiano come impiegare i milioni di euro che si stanno trovando in cassa. Dopo molti decenni in cui i nostri amministratori pubblici non fecero altro che ripeterci: ”Non ci sono i soldi”, adesso che i soldi stanno arrivando davvero, non sanno che farne e non sanno che dire a loro discolpa.

Come per la menata del debito a carico dei posteri, si ripetono i luoghi comuni più banali e caratteristici di una mentalità burocratica ed insensata: “Manca il personale”, “mancano le figure professionali giuste”, “manca la progettualità” ed altre scuse non richieste.

Nemmeno le idee chiare

Anche ammettendo che l’ammissione di totale incapacità a rimboccarsi le maniche rifletta una situazione reale e consolidata in Italia, resta pur sempre il fatto che, probabilmente, il prestito europeo presupponeva che in ogni nostra regione e all’interno di ogni nostro municipio, almeno si avessero le idee chiare su quanto fosse necessario fare, una “lista dei desideri” secondo un preciso ordine di priorità; ma così non è affatto.

Capita così che siano già state finanziate, coi primi soldi arrivati in cassa, palestre ginniche perfettamente attrezzate a cielo aperto, edifici che ospiteranno centri studi sulla transizione green, colonnine per la ricarica delle bici elettriche in alta montagna e tutta una serie di opere e sistemi integrati di cui non si ravvisa la benché minima utilità pratica ed è palese la assoluta mancanza di urgenza.

Le priorità

D’accordo, questi soldi da incassare hanno una scadenza, anche piuttosto breve, e, per farla semplice, o li si spendono subito oppure non ne arriveranno altri. Ma proprio non si riesce a capire come non si possano impiegare per migliorare (o come dicono i burocrati “efficientare”), tanto per iniziare, la sanità, ossia gli ospedali, i pronto soccorso, i reparti oncologici, le strutture diagnostiche pubbliche e tutto ciò per la cui mancanza migliaia di persone ogni giorno pagano con la propria pelle.

Spenderemo milioni per farci andare con gli stupidi e pericolosi monopattini elettrici o con le auto elettriche che, oltre a non essere assolutamente eco-friendly, ci consegneranno definitivamente nelle non rassicuranti braccia del regime cinese, mentre per attendere l’esito di un esame diagnostico importantissimo e salvavita attenderemo ancora magari fino a oltre un anno. Bella roba. Bel modo di spendere una valanga di soldi che letteralmente ci sta travolgendo.

Per non parlare di ferrovie, grandi opere stradali, rigassificatori, pozzi di estrazione di gas naturale (i quali, a quanto dicono gli scienziati, potrebbero largamente ridurre la nostra dipendenza energetica da altri Paesi), e tutta una serie di opere che sono al palo da decenni, per le quali abbiamo buttato via già molto danaro, abbiamo stravolto e deturpato il nostro patrimonio paesaggistico in cambio di un limitatissimo beneficio pratico finora conseguito.

Opere utili

Ma, anche rimanendo soltanto alle spese che potrebbero essere finanziate con i fondi Pnrr nelle nostre città e nei nostri paesi, grandi e piccoli, che pare, all’improvviso, abbiano scoperto la grande vocazione turistica italiana, ci sarebbe da chiedersi se, mettiamo, in una cittadina da 10 mila abitanti (e ne abbiamo a migliaia) ci vogliano 30 tecnici aggiuntivi per sapere cosa progettare di utile (e, magari, di bello).

Siamo certi che non sarebbe già ampiamente sufficiente ridurre lo spreco del 50 per cento delle preziose acque potabili, riparando scassatissimi acquedotti centenari, oppure sottraendo al degrado le zone più suggestive e frequentate (o meglio, frequentabili) dai turisti, magari mantenendole in totale sicurezza ed igienicamente accettabili, non si farebbe già un gran bel lavoro? Siamo proprio certi che non valga la pena di spendere quei miliardi per migliorare la nostra qualità della vita, attraverso servizi efficienti ed all’avanguardia come sappiamo progettare?

Non solo Roma

Viviamo il paradosso di Roma (Caput Mundi) invasa dalla spazzatura e dai cinghiali, che pare non si riescano proprio a rimuovere definitivamente, ma pretendiamo di renderla sempre più accogliente per i turisti, magari buttando altri soldi in congressi e simposi.

Ma non è soltanto la nostra capitale a versare in quelle condizioni. È altresì, sotto gli occhi di tutti che le autostrade liguri siano assolutamente intransitabili in sicurezza ed in tempi decenti, eppure vorremmo spendere cifre enormi in opere (con annessi baracconi amministrativi) di cui nessuno sente la necessità.

Questo sarà il modo di impiegare i fondi Pnrr, statene certi, al netto delle ruberie e delle inevitabili truffe, che stanno già sorgendo agli onori di cronaca.

Un ultimo dato, sul quale lascio ai lettori ogni valutazione. Sono cifre ufficiali di questi giorni, riguardanti la più estesa provincia italiana, ossia quella di Cuneo. Il quotidiano La Stampa del 9 aprile ci comunica che, tra il 2021 ed il 2022, su ben 1.797 progetti già finanziati dal Pnrr ne sono stati conclusi 7 (sette!). Non ho altro da dire, signor Giudice, se non che, prima o poi, anche Sant’Antonio si stuferà.

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