Politica

Femministe che odiano le ebree: Giulia non c’entra, è delirio woke

Il movimento “Non una di meno” ignora il femminicidio di massa commesso da Hamas. Ecco perché Israele è la quintessenza di ciò che l’ideologia woke vuole decostruire

Non una di meno manifestazione femministe

Parteciperà anche il Pd, ha sempre partecipato alle manifestazioni del movimento Non una di meno, ha ricordato Elly Schlein. E se ci riuscirà, parteciperà lei stessa all’appuntamento di oggi “contro la violenza patriarcale”.

Un’agenda woke

In quella che con un termine forse un po’ datato si usa definire “piattaforma” viene precisato che la mobilitazione di oggi a Roma e Messina non vuol essere una commemorazione rituale delle vittime di femminicidio ma un momento della “rivolta permanente“.

E va bene la retorica, accompagnata da toni minacciosi (“saremo ingovernabili”, “distruggi tutto”), ma basta proseguire nella lettura per comprendere come la morte di Giulia Cecchettin venga chiaramente strumentalizzata per un’agenda molto più ampia, ben oltre il tema del femminicidio e della violenza di genere, che spazia dalle teorie Lgbtq+ al diritto alla casa, per arrivare al sostegno alla causa palestinese. Un’agenda woke. Dovrebbero esserne consapevoli tutti coloro che scenderanno in piazza credendo di farlo in nome di Giulia e del diritto delle donne a non essere vittime di violenze da parte degli uomini.

Innanzitutto, è una manifestazione contro il governo Meloni, accusato di un contrasto al fenomeno dei femminicidi “solo formale e sensazionalistico” e di un “antimeridionalismo sempre più feroce e discriminatorio”. I promotori chiedono “il reddito di autodeterminazione, l’allargamento dei criteri di assegnazione per le case popolari e, più in generale, le garanzie per il diritto all’abitare”; rivendicano “l’accesso all’aborto, alla salute riproduttiva e ai percorsi di affermazione di genere“; denunciano “un attacco spietato alle famiglie omogenitoriali fomentando l’omofobia“, contestano persino un “intento esplicito di colpire le donne rom” nell’ultimo pacchetto sicurezza varato dal governo. Insomma, c’è di tutto e di più.

Contro Israele

Ma la vera chicca che dovrebbe far risuonare tutti i campanelli d’allarme è questo passaggio che rende quella di oggi una manifestazione anche per la causa palestinese e contro Israele, con tutto l’armamentario dell’ideologia woke:

La guerra è la manifestazione più totalizzante della violenza patriarcale, per questo, e più che mai, siamo al fianco del popolo palestinese che affronta l’ultimo episodio della lunga storia di un genocidio portato avanti da uno degli apparati politico-militari più potenti al mondo, lo Stato di Israele. Non ci sono margini di ambiguità in questa storia di colonialismo, razzismo e violenza, tesa a cancellare il territorio palestinese e, soprattutto, il suo popolo.

Di quel femminicidio di massa, fatto di stupri, uccisioni, vera e propria macelleria di donne, ragazze e bambine, commesso da Hamas il 7 ottobre, nessuna menzione. Della cultura “patriarcale” che opprime e spesso uccide le donne nei territori palestinesi, in tutti i Paesi mediorientali e islamici, e purtroppo in tutte le comunità islamiche anche nelle nostre città, nemmeno a parlarne.

Israele ha sempre torto, anche se proprio per la parità di genere e la piena “inclusione” delle persone Lgbtq è la punta più avanzata, sicuramente nella regione e probabilmente rispetto a gran parte dei Paesi occidentali.

Ideologia woke

Questa contraddizione è tipica dell’ideologia woke. Come ha spiegato Fabrizio Borasi su Atlantico Quotidiano, Israele, e in generale l’ebraismo, rappresentano la quintessenza di ciò l’ideologia woke vuole decostruire. Gli ebrei e Israele sono in perenne lotta per difendere un’identità religiosa e culturale ben precisa e riconoscibile, in contrasto con la spinta ad abolire i confini e a negare ogni differenza. E ancor più grave, l’identità ebraica è una delle radici della civiltà occidentale. La stessa civiltà occidentale che l’ideologia woke cerca di decostruire, arrivando a negare ogni suo contributo positivo, a cancellarne il pensiero, a riscriverne la storia in termini di colpa e vergogna, e infine svuotare di senso le sue istituzioni.