Politica

Genova e Venezia, dalle Repubbliche marinare alle Repubbliche giustizialiste

Le manifestazioni contro Toti e Brugnaro degenerazione del dibattito pubblico in una caccia alle streghe, dove il dissenso si trasforma in vendetta

manifestazione Schlein Toti Genova (Rai)

Pare che l’Italia stia attraversando una fase di regressione civile, passando dalle gloriose Repubbliche marinare a quelle che potremmo definire “repubblichette della forca”. E ci riferiamo a Venezia, ma anche a Genova. L’episodio recente avvenuto a Venezia è emblematico di questa tendenza preoccupante.

L’irruzione dei centri sociali nel consiglio comunale per inveire contro il sindaco Luigi Brugnaro ha segnato una pagina incancellabile di vergogna nella storia della città. Un sindaco, eletto dai cittadini, che è sotto ad indagine ma su cui non pende alcun provvedimento di condanna.

Ma non è solo Venezia a essere vittima di questo clima di giustizialismo “spontaneo”. Anche a Genova, scene simili si sono verificate, con un macabro karaoke della ghigliottina. Gli slogan urlati contro il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, hanno risuonato per le strade della città, supportati persino da pullman gratuiti messi a disposizione per raccogliere quante più voci possibili di dissenso. Gratuiti, per le note “truppe cammellate” agli ordini della falce e martello. Io credo che chi quel simbolo lo fece passare per un baluardo ideologico della libertà di pensiero, di vita e lavoro, si rigiri nella tomba.

Questi episodi non rappresentano semplicemente manifestazioni di protesta legittima. Al contrario, incarnano una degenerazione del dibattito pubblico, dove il confronto civile è sostituito dall’invettiva violenta e dalla ricerca di capri espiatori. Non si tratta più di esprimere un disaccordo politico, ma di una vera e propria caccia alle streghe moderna, dove chiunque non sia allineato con una certa visione viene messo al bando e condannato senza processo.

L’Italia, che vanta una lunga tradizione di democrazia e rispetto per le istituzioni, non può permettersi di scivolare in questa deriva giustizialista. Pericolosissima. Lo abbiamo appena visto in America, quanto può istigare il clima d’olio. E le sue conseguenze.

Le immagini di consiglieri comunali costretti a difendersi da insulti e minacce, o di presidenti di Regione (non condannati) bersaglio di odio organizzato, devono far riflettere sulla necessità di recuperare il senso di responsabilità e di rispetto reciproco.

Peraltro, clima innescato sull’idea che questo governo, e chi lo rappresenta nelle istituzioni, sia fascista. Il fascismo, lo ricordiamo, è stata una ideologia in un periodo storico da cancellare e mai torneranno quegli anni.

Al contrario di chi, come Ilaria Salis, grazie alle migliaia di voti “sinistri” – ben alimentati dalle immagini sapientemente pilotate di una insegnante in tribunale con piedi e mani legate processata per aggressione – è divenuta la paladina comunista dal diritto alla casa, da occupare, alle carceri da sostituire con luoghi alternativi e via dicendo.

Un clima, dopo l’ascesa a premier di Giorgia Meloni, che dimostra l’incapacità della sinistra di dar vita ad una opposizione politica seria. È fondamentale che tutte le parti in causa, dai politici ai cittadini, si impegnino a ristabilire un clima di dialogo costruttivo, dove le divergenze possano essere espresse in modo civile e dove le istituzioni vengano rispettate come pilastri della nostra democrazia.

Solo così potremo evitare di trasformare il nostro Paese in una serie di “repubblichine della forca”, dove il dissenso si trasforma in vendetta e la politica in un teatro di scontri senza fine.