Scriveva Baudelaire che all’inferno si scende a piccoli passi. In effetti, nell’ultimo triennio, il processo di trasformazione delle nostre democrazie ha subito una decisa accelerazione.
Le azioni di contrasto al virus venuto dalla Cina hanno indotto i governi occidentali a scelte impensabili, assai discutibili e poco rispettose dei diritti e delle libertà individuali. I rischi di questa deriva autoritaria sono apparsi molteplici a chi non si è voluto piegare alla dispotica logica emergenziale.
Innanzitutto, si è creato un pericoloso precedente introducendo e perpetuando una serie di strumenti incompatibili con i principi di una società liberale. In futuro, di fronte a una nuova e pure diversa emergenza, chiunque potrebbe sentirsi autorizzato a rispolverare misure estreme come i lockdown o il coprifuoco.
Ipoteca sulle libertà personali
Ma l’insidia ancor più grande è che si renda ordinario ciò che era stato considerato straordinario o comunque transitorio. È il caso, per esempio, del famigerato Green Pass che si appresta a diventare permanente dopo l’annuncio di un’intesa tra la Commissione europea e l’Oms per lo sviluppo di un certificato sanitario globale.
Il modello di riferimento non può che essere la già sperimentata carta verde. La finalità di questo nuovo aggravio burocratico sarebbe quella di “facilitare la mobilità globale e proteggere i cittadini di tutti il mondo dalle minacce attuali e future”. Come dire che la strada verso gli inferi è sempre lastricata di buone intenzioni. Conosciamo alla perfezione il modo in cui queste “buone intenzioni” sono state declinate in termini dirigisti durante la fase pandemica. Almeno, ne hanno preso coscienza coloro che non hanno partecipato all’operazione di riduzione prima e di rimozione poi.
Peraltro, tanti tra quelli che oggi denunciano una deriva autoritaria del nostro Paese hanno dimenticato di esser stati tra i più fieri sostenitori del coercitivo e discriminatorio certificato verde, imposto per decreto sulla base di un presupposto inconsistente (“la garanzia di ritrovarsi tra persone non contagiate e non contagiose”).
E, ora, mentre inseguono fascisti immaginari, non spendono una parola per questo preoccupante accordo che, nel prossimo futuro, potrebbe ipotecare le libertà individuali, in particolare quella di movimento sarebbe così definitivamente subordinata ad adempimenti sanitari o di altro tipo. Insomma, ci si avvia verso un mondo in cui i diritti non sono più connessi alla persona ma sottoposti a una condizione sospensiva.
Surrogato di democrazia
Resta, allora, da interrogarsi sulle prospettive delle nostre democrazie che non rientrano più nel classico schema liberale quanto in una sorta di surrogato costruito sul dogma del momento (sanitario, ecologista, etc.). Risulta evidente che un siffatto modello politico entra in rotta di collisione con la tutela dei diritti individuali, anzi li comprime e li sacrifica ad un interesse ritenuto superiore e collettivo.
L’aspetto più sorprendente della vicenda è che il Green Pass è ritornato in auge proprio quando tutto sembrava terminato e l’Oms si era rassegnata a decretare la fine dell’emergenza. Certo, in questi mesi non abbiamo mai smesso di evidenziare le distorsioni di un’epoca che sta erodendo le conquiste democratiche imponendo un sistema di controllo e sorveglianza capillare delle vite dei cittadini in stile DDR.
Controllo della narrazione
Ciò sta avvenendo anche attraverso i principali mezzi di informazione che, nel migliore dei casi, non esitano a censurare le notizie sgradite o imbarazzanti. Nel peggiore, bersagliano i non allineati definendoli in maniera sprezzante “negazionisti” oppure “no-vax”. Senza considerare la censura a mezzo social che stronca sul nascere un libero dibattito su determinate tematiche.
Ne ha parlato diffusamente anche il Telegraph che ha denunciato la creazione da parte del governo inglese di un’apposita unità segreta per porre un freno al dissenso verso la severa normativa sanitaria. Tutti i post o i commenti non conformi alla narrazione predominante venivano oscurati attraverso l’incessante lavoro dell’algoritmo e contrassegnati come fake news.
In questo modo, nel calderone censorio sono finite anche analisi articolate, autorevoli, veritiere e solide dal punto di vista scientifico. Per esempio, lo stesso Telegraph ha evidenziato come alcuni tra i provvedimenti più draconiani come il lockdown abbiano avuto un impatto trascurabile, se non dannoso, sulla popolazione.
Eppure, durante la vigenza di queste misure (e per certi aspetti, ancora oggi) era preclusa l’analisi critica se non a rischio di subire l’oscuramento o addirittura il blocco delle pubblicazioni sui social network.
Lockdown strisciante
Ora, questo scenario orwelliano, anziché essere oggetto di un serio dibattito finalizzato a scongiurare il rischio di una sua riproposizione, sembra una prospettiva concreta e inquietante per l’avvenire. Soprattutto se l’imposizione sarà concordata su scala mondiale lasciando pochi margini di manovra ai singoli Stati.
Resta solo da chiedersi quali e quanti saranno i trattamenti sanitari a cui bisognerà sottoporsi per potersi muovere “liberamente”. Sempre che questi spostamenti siano considerati a basso impatto ambientale. Altrimenti, l’alternativa sarà un lockdown strisciante e perpetuo.
Altro che il “vietato vietare” di sessantottina memoria. Siamo in piena controrivoluzione col paradosso che alcuni dei ribelli di un tempo si sono tramutati negli odierni fustigatori. Tutto scorre, ma questa volta in senso opposto rispetto all’evoluzione dell’umanità.