Politica

Ha ancora senso il Primo Maggio? Di certo non come è diventato

Dalla parte del mondo del lavoro (lavoratori e imprese) più il governo Meloni con il contestato decreto che una passerella di cantanti strapagati e Bella Ciao

Giorgia Meloni 1° maggio

La Festa dei Lavoratori è ancora la rivolta di Haymarket. Da qui nasce la scelta di dedicare la giornata del 1° maggio, al ricordo di quanto accadde in seguito alla rivolta di Haymarket, avvenuta a Chicago nel 1886. Erano i primi giorni di maggio di quell’anno, in città c’era agitazione con susseguirsi di proteste e scioperi dei lavoratori, che avevano come obiettivo principale quello di portare l’orario di lavoro dalle 16 alle 8 ore al giorno, oltre che per pretendere i giusti sistemi di sicurezza.

Si tratta di una data simbolica, dal 1947 la Festa del lavoro e dei lavoratori diventa ufficialmente festa nazionale italiana e attualmente il Primo Maggio è ugualmente giorno di festa nazionale in molti Paesi: da Cuba alla Turchia, dal Brasile alla Cina e poi Russia, Messico e diversi Paesi dell’Unione europea. Anche negli Stati Uniti ma in forma diversa.

Una data quasi universale che, appunto, vuole fermare il ricordo di quanto avvenuto ed il suo significato, di una storia che affonda le proprie radici nel passato. La Festa dei lavoratori costituisce, quindi, non solo un giorno in cui riposarsi, ma anche in cui ricordare i diritti dei lavoratori. Il motto era: 8 ore di lavoro, 8 ore di svago, 8 ore di sonno.

Lavoratori e imprese

Detto ciò, ha ancora senso questa festa? Diciamo che il sistema è ormai cambiato in favore del mondo del lavoro, e vivaddio. Qualche commentatore asserisce che abbandonare la “festa” vorrebbe dire non preoccuparsi per le condizioni di lavoro nel nostro Paese, ma non è così. Non è certo una festa a sostenere un mondo importante come è quello dei lavoratori.

Perché senza lavoratori non c’è impresa, e viceversa. E di rivendicare diritti ormai si parla, quasi, al contrario. Forse dovrebbero sfilare le tante imprese che non trovano lavoratori, capaci o disponibili. Personale che manca ovunque, saracinesche che si abbassano.

Il decreto 1° maggio

Un primo segnale, forte e deciso di cambiamento, senza però sminuirne il suo significato, diciamolo, lo ha dato Giorgia Meloni, con un 1° maggio che ha visto la presentazione ai sindacati del decreto lavoro.

Un gesto simbolico, che non tende ad indebolire il 1° maggio, ma anzi, a stare dalla parte del lavoro a tutto tondo: imprese e lavoratori. Un governo che sceglie di esserci anche il Primo Maggio, in presenza, detta la linea del futuro. 

Perché, a ben vedere, questa Festa, più che a ribadire il valore del mondo del lavoro, e ricordare le tante battaglie fatte, è diventata la passerella per cantanti strapagati (da chi?) e slogan, di Bella Ciao (ma che c’entra con il lavoro?), di certe sigle politiche, di attacchi al governo (se di destra), ed un giorno di riposo, ma non per tutti.

Perché c’è un mondo, e non è la minoranza, che non si è mai fermato, nonostante la Festa, che ci assicura servizi e assistenza, presenza nei territori, che permette all’Italia di produrre e di andare avanti. A loro bisogna dire grazie. A chi si arriccia le maniche e combatte. Non solo il 1° maggio, ma ogni giorno.