Esattamente 42 anni fa, il 10 aprile 1981, venne promulgata la legge 121 con cui, di fatto, nacque la Polizia di Stato per come la conosciamo oggi, subentrando al Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza fondato più di un secolo prima, nel 1852. A ricordarlo è stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un messaggio di ringraziamento a Lamberto Giannini, direttore generale della Pubblica Sicurezza nonché capo della Polizia.
Il messaggio di Mattarella
Mi è grato esprimere, a 171 anni dalla fondazione del Corpo, la gratitudine e l’apprezzamento della Repubblica alle donne e agli uomini della Polizia di Stato impegnati, ogni giorno, a inverarne e a incarnarne i principi.
E ancora:
Ogni giorno la Polizia di Stato è chiamata a presidiare la cornice di legalità e di sicurezza necessaria al compiuto esercizio delle libertà personali e collettive. La medaglia d’oro al valor civile, attribuita alla bandiera della Polizia di Stato, ne è conferma e testimonianza.
L’alibi ai violenti
Parole che dovrebbero rimanere bene impresse nella nostra memoria, soprattutto nella memoria di chi non perde occasione per delegittimare le forze dell’ordine, sulle quali in Italia grava da sempre un pregiudizio: il pregiudizio per cui, alla fine, tutti i poliziotti abusano del proprio potere per reprimere le manifestazioni sgradite.
È inutile girarci intorno: questa presunta vocazione della Polizia per il manganello e per le maniere forti viene spesso offerta come alibi ad individui che violenti lo sono davvero.
Squadrismo alla Sapienza
Basti pensare all’interrogazione parlamentare presentata dalla deputata pentastellata Daniela Torto in seguito agli avvenimenti della Sapienza. Credo, anzi, sono sicuro che i lettori sappiano a cosa mi riferisco: lo scorso 25 ottobre, un gruppo di studenti di estrema sinistra cercò di interrompere un regolare convegno organizzato da Azione Studentesca al grido di “fuori fascisti dall’università”.
Per l’onorevole Torto, così come per gli altri parlamentari grillini che hanno sottoscritto la sua interrogazione, il problema principale non sarebbero i collettivi che volevano impedire una conferenza con i metodi tipici dello squadrismo, ma la Polizia che avrebbe reagito in modo troppo energico.
Sarà anche una considerazione politicamente scorretta, ma ciò non la rende meno veritiera: se anche la reazione delle forze dell’ordine fosse stata sproporzionata all’offesa, cosa di cui non sono affatto convinto avendo visionato i filmati diffusi sul web, ciò non attenuerebbe per nulla il comportamento di quegli studenti, ostili al free speech e alla circolazione di idee alternative.
Tutela delle libertà
Forse l’onorevole Torto ignora la ragione per cui esiste lo Stato e dunque anche la polizia. Come spiegò il filosofo britannico John Locke più di 300 anni fa, lo Stato non nasce per privare i cittadini delle libertà fondamentali, ma per garantirne la piena realizzazione: se qualcuno intende violare la mia libertà di parola, lo Stato ha il dovere di intervenire con i mezzi che la legge mette a disposizione.
Oltretutto, è quantomeno bizzarro che a muovere queste accuse siano i 5 Stelle, i quali amano disquisire sulla presunta brutalità della Polizia, salvo poi ignorare gli abusi di potere — numericamente più significativi — di cui si sono macchiati negli anni alcuni magistrati: sfruttare la carcerazione preventiva a scopo intimidatorio o indagare qualcuno con chiare finalità politiche è forse meno grave di picchiare un manifestante in piazza? Esistono forse abusi di potere da condannare ed altri che, invece, possono essere tollerati?
Il caso Calabresi
Alcuni individueranno l’origine del pregiudizio verso le forze dell’ordine nel pestaggio e nell’omicidio di Stefano Cucchi, un episodio vergognoso che noi tutti condanniamo con fermezza, ma questa ostilità risale a molti anni addietro.
Si pensi al linciaggio subito da Luigi Calabresi, vice capo dell’ufficio politico della Questura di Milano nel 1970: Calabresi, che all’epoca aveva solo 32 anni, venne additato come principale responsabile della morte del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli (perciò gli venne appioppato il soprannome di “commissario finestra”).
La campagna mediatica contro il commissario, avallata da gran parte dell’intellighenzia di allora con un deplorevole appello del giugno 1971, si protrasse per due lunghi anni e si concluse con l’assassinio di Calabresi il 17 maggio del ’72, per il quale furono condannati i militanti di Lotta Continua Leonardo Marino e Ovidio Bompressi.
Evitare la retorica
Se oggi, a distanza di tanti anni, celebriamo ancora la nascita della Polizia è anche per rendere omaggio a chi — come Calabresi — ha assolto al proprio compito con disciplina e onore per servire lo Stato italiano, inteso non come Leviatano ma come massima garanzia per le nostre libertà.
Per evitare che questa celebrazione diventi un esercizio di pura retorica, come spesso accade nel nostro Paese, occorrerebbe adoperarsi affinché i dieci terroristi rossi latitanti in Francia vengano assicurati il prima possibile alla giustizia italiana (fra loro anche Giorgio Pietrostefani, mandante dell’omicidio Calabresi insieme ad Adriano Sofri).